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Come funziona il lavoro notturno?

27 Novembre 2022 | Autore:
Come funziona il lavoro notturno?

Lavoro notturno: da che ora a che ora si considera tale? Quali sono i dipendenti che possono rifiutarlo? Il datore di lavoro ha degli obblighi particolari?

Se l’attività lo richiede, nulla vieta al titolare di un’azienda di prevedere che alcuni dipendenti coprano un turno di notte, purché il datore rispetti alcuni limiti, in particolare quelli che riguardano l’orario giornaliero e la tipologia di lavoratori che devono essere esclusi da questa prestazione. Quindi, come funziona il lavoro notturno? Da che ora a che ora viene considerato come tale? Come viene pagato il lavoro notturno? E chi può rifiutarlo?

Spetta alla contrattazione collettiva definire le riduzioni dell’orario di lavoro o le indennità economiche spettanti ai lavoratori notturni. Sono, pertanto, gli accordi nazionali di categoria a stabilire le condizioni che si aggiungono a quelle dettate dalla legge. Vediamo.

Cosa si intende per lavoro notturno?

La legge considera lavoro notturno l’arco di tempo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino (ad esempio, dalle 23 alle 6, oppure da mezzanotte alle 7, ecc.).

Allo stesso modo, si ritiene notturno il lavoratore che:

  • svolge normalmente almeno tre ore del suo tempo giornaliero di lavoro durante il periodo notturno;
  • oppure, se non presta lavoro notturno sistematicamente, una parte del suo orario è collocata durante il periodo notturno secondo le norme definite dai contratti collettivi. In mancanza di un’esplicita disciplina nel Ccnl, è lavoratore notturno chi svolge per almeno tre ore di attività durante il periodo notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno (riproporzionati in caso di lavoro a tempo parziale).

Facciamo un esempio per rendere meglio l’idea. È lavoratore notturno chi è impegnato normalmente dalle 23 alle 6. Ma se il collega che di solito lavora durante il giorno (poniamo dalle 8 alle 15) lo sostituisce facendo quello stesso turno per 85 giorni in un anno, viene anch’egli considerato lavoratore notturno.

In ogni caso, spetta sempre alla contrattazione collettiva stabilire sia il numero delle ore giornaliere di lavoro da effettuarsi durante il periodo notturno (non necessariamente le tre ore stabilite dalla legge), sia il numero delle giornate necessarie per rientrare nella categoria di lavoratore notturno (possono essere più o meno di 80).

Quanto può durare l’orario di lavoro notturno?

Di norma, l’orario di lavoro notturno non può superare le otto ore in media nell’arco delle 24 ore, calcolate dal momento di inizio dell’esecuzione della prestazione lavorativa. Tale limite costituisce una media fra ore lavorate e non lavorate pari ad 1/3 (8/24) che, in mancanza di un’esplicita previsione normativa, può essere applicato in una settimana lavorativa. Anche in questo caso, però, il Ccnl può disporre dei periodi diversi a quello della settimana per calcolare tale limite.

Chi non può fare lavoro notturno?

Altro importante limite al lavoro notturno riguarda la tipologia di dipendenti che possono svolgere l’attività in questo orario. La legge, infatti, riconosce ad alcuni lavoratori il diritto a rifiutare la prestazione notturna e ad essere collocati sempre in una fascia diurna.

È vietato, ad esempio, impegnare di notte, tra le 24 e le 6, una donna incinta, dall’accertamento della gravidanza fino al compimento del primo anno di età del bambino.

Possono, inoltre, respingere la richiesta di lavoro notturno:

  • le donne con figli di età inferiore a 3 anni o, in alternativa, il padre lavoratore che convive con lei;
  • la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario (anche in quanto vedovo) di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni;
  • la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto.

Se il figlio è in affidamento condiviso, può astenersi dal lavoro notturno solo il genitore che in quel momento convive con il minore.

Restano esclusi dalla prestazione anche i genitori adottivi o affidatari nei primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia e comunque non oltre il dodicesimo anno di età del figlio.

Altre categorie di lavoratori con diritto all’esonero dal turno di notte possono essere individuate dalla contrattazione collettiva.

Se un lavoratore notturno diventa inidoneo a questo tipo di prestazione per comprovati motivi di salute, ha il diritto di chiedere il trasferimento al lavoro diurno, sempre che sia disponibile un posto di lavoro per mansioni equivalenti. In mancanza, il datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro per giustificato motivo oggettivo, cioè lo può licenziare perché il dipendente non trova più collocazione all’interno dell’azienda.

Lavoro notturno: gli obblighi del datore

Prevedere un turno di lavoro notturno comporta per il datore alcuni obblighi da rispettare. Nello specifico, è tenuto a:

  • confrontarsi con le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, territoriali;
  • valutare lo stato di salute dei lavoratori notturni attraverso controlli preventivi e periodici (almeno biennali) a suo carico, per verificare l’assenza di controindicazioni;
  • garantire, previa informativa alle rappresentanze sindacali, un livello di servizi o di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno;
  • mettere a disposizione dei lavoratori le adeguate misure di protezione personale e collettiva per chi svolge lavorazioni che comportano rischi particolari.


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