Dopo la morte dell’ex non spetta al coniuge superstite il diritto di abitazione sulla casa familiare: il venir meno della coabitazione dopo la separazione fa perdere alla casa coniugale il carattere di residenza familiare, presupposto necessario per l’attribuzione del diritto.
Di regola, per legge, al coniuge separato (purché non responsabile della rottura del matrimonio) spettano gli stessi diritti successori del non separato [1]. Tale principio, tuttavia, non si applica anche al diritto di abitazione sulla ex casa coniugale.
Infatti, con il venir meno della coabitazione, a seguito della separazione e l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare,cessa anche il diritto di abitazione in favore del coniuge superstite. Ciò in quanto tale diritto è condizionato all’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare; tale situazione non ricorre quando è cessato lo stato di convivenza tra i coniugi.
Ѐ quanto ha ribadito la Cassazione in una recente pronuncia [2].
La Suprema Corte ricorda, a riguardo, che il diritto di abitazione sulla casa coniugale e di uso dei mobili da parte del coniuge superstite [3] ha ad esclusivo oggetto l’immobile in concreto adibito a residenza familiare, da identificarsi nella casa in cui i coniugi hanno coabitato stabilmente prima della morte di uno dei due, organizzandovi la vita domestica [4].
Questo principio si basa non tanto sulla volontà di tutelare l’interesse economico del coniuge superstite a disporre di un alloggio, quanto su altri interessi morali legati alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la residenza familiare: ad esempio, quello alla conservazione della memoria del coniuge scomparso, al mantenimento del tenore di vita e delle relazioni sociali goduti durante il matrimonio [5].
Ebbene, nel caso di separazione, esiste una oggettiva impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare, essendo venuto meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione del diritto di abitazione, vale a dire la convivenza.
Pertanto, il coniuge superstite non può vantare nessun diritto di abitazione sull’ex casa familiare, a seguito della separazione personale, qualora sia anche cessato lo stato di convivenza tra i coniugi.
Tale diritto potrebbe tutt’al più essere riconosciuto nel raro caso in cui, nonostante la separazione, questi abbia continuato a coabitare con l’ex.
L’impossibilità di individuare, dopo la separazione dei coniugi, una casa adibita a residenza familiare fa cessare il presupposto necessario ai fini dell’attribuzione del diritto di abitazione.
Il diritto di abitazione del coniuge superstite sorge solo nel caso in cui, al momento dell’apertura della successione, vi sia una casa in concreto adibita a residenza familiare.
note
[1] Art. 548, c. 1, cod. civ.
[2] Cass. sent. n. 22456 del 22.10.2014.
[3] Ai sensi dell’art. 540 cod. civ., al coniuge è riservata, a titolo di legittima, una quota pari alla metà del patrimonio dell’altro, salve le disposizioni dettate in caso di concorso con i figli dal successivo art. 542 cod. civ., il quale prevede in favore del coniuge la riserva della quota di un terzo, in caso di un solo figlio, e di un quarto in caso di più figli. Ai sensi del secondo comma dello stesso art. 540 cod. civ., al coniuge superstite sono riservati il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.
[4]Cass. sent. n. 4088/2012.
[5] Corte Cost. sent. n. 310/89.
Autore immagine: 123 rf com