Ricorso in autotutela: in caso di rigetto o mancata risposta come ricorrere


Il contribuente che richiede all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, non può limitarsi a dedurre eventuali vizi dell’atto, ma deve indicare l’esistenza di un interesse pubblico alla rimozione dell’atto.
Quante volte, in caso di presentazione di un ricorso in autotutela, specie all’amministrazione fiscale, quest’ultima non risponde o rigetta l’istanza. In molti casi, i contribuenti si rivolgono al giudice per procedere in via giudiziaria, con autonomo ricorso, impugnando l’atto in sé.
Tuttavia è anche possibile fare ricorso contro il provvedimento di rigetto dell’autotutela. Una possibilità, tuttavia, che si presenta particolarmente difficoltosa in quanto possibile solo a determinate condizioni.
Con una recente ordinanza [1], infatti, la Cassazione ha chiarito che chi presenta impugnazione contro il rigetto del ricorso presentato in autotutela deve evidenziare un interesse pubblico all’annullamento dell’atto (e che, in mancanza di accoglimento, ne deriverebbe un danno all’amministrazione e, quindi, alla cittadinanza). Non ci si può, invece, limitare a contestare la sola fondatezza della propria originaria richiesta di autotutela.
Così, nel caso di impugnazione di un atto tributario, il contribuente che richiede all’amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione (e, quindi, della cittadinanza), alla rimozione dell’atto. Pertanto, contro il diniego dell’amministrazione di procedere all’esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione solo per dedurre eventuali profili di illegittimità dei rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria (cioè il merito del ricorso).
Al di fuori di questa ipotesi, pertanto, il rifiuto dell’amministrazione di ritirare in autotutela un atto impositivo divenuto definitivo non può essere impugnato innanzi alle commissioni tributarie.
Infine, la Cassazione ritiene [2] che la mancata risposta all’istanza di autotutela non può essere impugnabile di fronte alla Commissione tributaria [3].
note
[1] Cass. ord. n. 23628 del 5.11.2014. Così Cass. sent. n.12930/2013
[2] Cass. S.U. sent. n. 7388/2007.
[3] Nell’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 d.lgs. n. 546/1992, non compare il silenzio dell’ufficio per il procedimento di riesame. Differentemente dall’istanza di rimborso dei tributi, sull’istanza di autotutela – promossa dal contribuente al fine di ottenere l’annullamento di atti impositivi al medesimo notificati – non può formarsi provvedimento di silenzio-rifiuto laddove l’Amministrazione finanziaria sia rimasta inerte. Conseguentemente, il contribuente non è ammesso a dedurre tale fatto giuridico davanti al giudice tributario (CTP Brindisi, sez. I, n. 40/2008).
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