Processo infinito: indennizzo per le lungaggini anche a chi perde


Processo troppo lungo? Indennizzato anche chi perde, parola di Cassazione.
L’indennizzo derivante dalle lungaggini processuali spetta a tutte le parti, anche a quella che ha perso la causa.
La decisione della Cassazione [1] prende le mosse da un giudizio promosso innanzi al TAR nel lontano 1996 e non ancora definito nel 2009 (anno di deposito dell’azione di equa riparazione). Protraendosi per ben tredici anni, il processo ha superato di gran lunga il termine ragionevole di durata, individuato, per questo tipo di giudizi, in tre anni [2].
La Corte ha quindi condannato il Ministero dell’Economia al pagamento dell’indennizzo (introdotto dalla famosa Legge Pinto [3]) ed ha altresì espresso il principio secondo il quale l’azione di equa riparazione spetta a tutte le parti del processo, a prescindere dal fatto che esse siano state vittoriose o soccombenti.
Non potrà invece avvalersi del rimedio chi, ad esempio, ha resistito in giudizio solamente allo scopo di allungare i tempi. In sostanza, chi utilizza in modo strumentale il processo, perché è evidente che esso avrà un risultato sfavorevole, compie un vero e proprio “abuso di processo” [4].
Con questa sentenza, la Corte ha voluto ribadire che spetta a chiunque (e non solo ai vincitori) la possibilità di veder risarciti i danni derivanti dalla mostruosa lentezza della giustizia italiana, ad eccezione dei “furbetti” che vogliano approfittare della situazione.
di BIAGIO FRANCESCO RIZZO
note
[1] Cass. sent. n. 35 del 9 gennaio 2012.
[2] Termine individuato sulla base dei livelli stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Cassazione.
[3] Legge n. 89/2001.
[4] Tuttavia la prova dell’abuso spetta all’Amministrazione.