Come viene calcolato il mantenimento


Il mantenimento non viene stabilito solo sulla base della dichiarazione dei redditi del soggetto obbligato.
Nel momento in cui il giudice calcola l’assegno di mantenimento per l’ex moglie o per i figli parte da una base oggettiva: la dichiarazione dei redditi dell’obbligato. Su questa incidono ulteriori elementi come le spese in atto o quelle da sostenere a seguito della separazione (ad esempio, l’affitto per una diversa casa in cui andare ad abitare). Ma non sono gli unici elementi che devono essere presi a riferimento. E ciò perché – inutile nascondersi dietro un dito – la dichiarazione dei redditi viene spesso falsificata e il contribuente dispone di ulteriori risorse economiche. Vediamo allora come viene calcolato il mantenimento e quali sono i parametri che il tribunale deve seguire.
Naturalmente, il criterio risulta diverso a seconda che il beneficiario sia l’ex coniuge o il figlio: per il primo infatti sono previste tutele minori quando si tratta di un soggetto ancora giovane o comunque in grado di produrre reddito. Per il secondo invece si deve innanzitutto tenere conto dell’età (al crescere della quale aumentano le esigenze) e, in secondo luogo, del fatto che ha diritto a mantenere un tenore di vita proporzionato a quello dei genitori.
Indice
Assegno di mantenimento all’ex coniuge: presupposti
Quando la separazione è consensuale, sono i coniugi stessi ad accordarsi sull’entità dell’assegno di mantenimento. Il giudice dovrebbe essere comunque chiamato a un controllo sull’ammontare, affinché questo non risulti irrisorio andando a ledere gli interessi del coniuge economicamente più debole.
È bene anche ricordare che l’accordo fatto in sede di separazione non ha più valore al momento del divorzio e la parte che in un primo momento aveva rinunciato in tutto o parzialmente all’assegno (anche dietro un ulteriore beneficio come l’intestazione della casa) potrebbe sempre fare marcia indietro e chiedere un importo superiore.
Quando invece la separazione è giudiziale, è il giudice a verificare prima se sussistono i presupposti per l’assegno di mantenimento. A tal fine verifica innanzitutto se ci sia stata una violazione dei doveri matrimoniali da parte di uno dei due coniugi, nel qual caso pronuncia il cosiddetto addebito. In pratica, il coniuge che abbia tradito, che sia andato via di casa, che abbia adottato comportamenti irrispettosi, violenti o prevaricatori ai danni dell’altro non può chiedere il mantenimento anche se più povero o disoccupato.
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Il passo successivo è verificare la sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra i redditi dei due coniugi. Questo squilibrio però deve essere conseguenza o di una scelta di coppia (come nel caso del coniuge che, d’accordo con l’altro, rinunci in tutto o in parte a lavorare per dedicarsi alla casa e alla famiglia) o di una situazione oggettiva, che non sia attribuibile alla colpa del soggetto in questione (come nel caso del coniuge ormai sopra i 50 anni che non riesca più a trovare lavoro; o di quello disabile che non possa svolgere mansioni; o di quello che viva in un’area depressa sotto il profilo occupazionale e dia dimostrazione di aver cercato di trovare lavoro, ma inutilmente, attraverso la partecipazione a bandi e concorsi, la richiesta di colloqui di lavoro, l’invio di curriculum, l’iscrizione alle liste per l’impiego, ecc.).
In terzo luogo, il giudice valuta se il coniuge più povero, nonostante il divario di reddito con l’altro, sia comunque in grado di mantenersi da solo. Se, ad esempio, una donna che fa l’insegnante sposa un ricco imprenditore, non è la sproporzione di ricchezza tra i due che giustificherebbe l’attribuzione dell’assegno di mantenimento atteso che lo stipendio erogato alla moglie dal ministero dell’Istruzione è più che sufficiente per garantirle l’autosufficienza.
Per determinare se sussiste il diritto all’assegno di mantenimento si deve tener conto non solo del reddito dei coniugi, ma anche della redditualità potenziale e delle spese di vita. Ragion per cui, un soggetto disoccupato ma ancora giovane, e quindi in grado di impiegarsi, non avrà diritto al mantenimento.
Assegno di mantenimento all’ex coniuge: criteri di calcolo
Quando i coniugi decidono di separarsi o di divorziare, il giudice, prima di calcolare l’assegno di mantenimento (sempre che ne sussistano i presupposti secondo le valutazioni che abbiamo descritto nel precedente paragrafo), ordina di depositare le ultime dichiarazioni dei redditi. Tali documentazioni fiscali servono come base di partenza per verificare se sussiste una disparità economica tra i due.
Ma, come ha spiegato più volte la Cassazione [1], l’assegno di mantenimento non può essere calcolato solo sulle dichiarazioni dei redditi. Infatti, ben potrebbero sussistere redditi in nero, dimostrabili attraverso l’analisi dello stile di vita mantenuto dal soggetto e dalle spese da questi sostenute. La ricchezza eventualmente nascosta al fisco potrebbe essere ricostruita tenendo ad esempio conto della dimensione dell’appartamento in cui si vive (cui sono collegati una serie di costi come il condominio e le utenze), l’auto, i viaggi e le cene: il tutto anche attraverso una visione delle foto pubblicate sui social network. Anche l’ammontare dei risparmi detenuti nei conti in banca può essere utile per ricostruire il patrimonio del coniuge. E quando tutto ciò non sia sufficiente, il coniuge richiedente può sempre domandare al giudice di avviare indagini tramite la Guardia di Finanza al fine di rilevare eventuali evasioni fiscali.
Dunque, le dichiarazioni dei redditi non hanno valore vincolante per il giudice il quale, nella sua valutazione discrezionale, può fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie.
Ci sono poi ulteriori elementi che il giudice tiene in considerazione per calcolare l’ammontare del mantenimento all’ex coniuge:
- le spese che il soggetto obbligato è tenuto a sostenere (si pensi a un mutuo sulla casa, all’affitto per un appartamento ove andare a vivere, finanziamenti o pignoramenti in corso, ecc.);
- la disponibilità della casa coniugale a favore del coniuge richiedente: la conseguente riduzione di spesa per l’alloggio determinerà un alleggerimento del mantenimento;
- la durata del matrimonio: tanto più è stato breve, tanto minore sarà l’importo del mantenimento;
- le potenzialità lavorative (attitudine al lavoro) del richiedente;
- la sussistenza di redditi di ogni tipo in capo al coniuge richiedente considerando ad esempio i risparmi, i conti correnti e i dossier titoli, le polizze assicurative immediatamente liquidabili, le azioni e gli investimenti di capitali nonché i crediti valutando la liquidità ed esigibilità al momento della decisione;
- eventuali utilità derivanti dai beni immobili di proprietà, anche se improduttivi di reddito, in capo al coniuge beneficiario;
- elargizioni economiche fatte dai familiari a un coniuge durante il matrimonio, se si protraggono durante la separazione con regolarità e continuità, influendo in maniera stabile e certa sul tenore di vita dell’interessato; se il coniuge separato riceve tali aiuti economici e ha capacità di svolgere un’attività professionale, infatti, non ha diritto all’assegno di mantenimento.
Assegno di mantenimento ai figli: criteri di calcolo
Molto più facile è la determinazione dell’assegno di mantenimento ai figli. Qui lo scopo dell’assegno non è più quello di garantire solo la semplice autosufficienza economica, bensì qualcosa di più: lo stesso tenore di vita dei genitori. Ragion per cui tanto più benestanti sono i genitori, tanto superiore sarà l’assegno di mantenimento.
Anche in tale caso, però, il giudice parte dalla dichiarazione dei redditi del soggetto obbligato a versare il mantenimento, tenuto conto delle spese che questi deve sostenere. L’effettiva ricchezza può essere calcolata anche verificando lo stile di vita tenuto, facendo eventualmente ricorso alle indagini della polizia tributaria nel caso di sospetto di redditi in nero.
Il giudice deve tenere conto anche dell’età dei figli a cui deve andare il mantenimento. Più sono grandi, più crescono le esigenze. E difatti il mantenimento, in questo caso, non deve garantire solo il vitto e l’alloggio, l’abbigliamento e l’istruzione, ma anche tutti quei beni non di prima necessità ma attraverso i quali si forma la personalità del figlio, minore o maggiorenne che sia: quelli cioè necessari al suo inserimento nel tessuto sociale e a una crescita armoniosa. Sono quindi comprese le spese per i viaggi scolastici, per il trasporto, per la comunicazione (cellulare, computer, ecc.), per lo sport e il tempo libero, le relazioni sociali, ecc.
Il mantenimento perdura finché il figlio non sia in grado di mantenersi da solo o se, ultimato il percorso di studi (o interrotto volontariamente), non si curi di trovare un’occupazione.