Imposta municipale propria: quanto si paga e come.
L’acquisto di una casa presuppone una valutazione del complessivo ammontare delle uscite da sostenere, che comprende il prezzo di vendita concordato con il cedente, le spese di mantenimento e gestione e altre voci di costo. Fra tali esborsi si devono considerare anche le imposte da versare una tantum in sede di compravendita, ma anche i tributi che riguardano la proprietà dell’immobile e che, dunque, sono dovuti per ciascun periodo di imposta, in ragione del solo fatto di essere proprietari di una unità immobiliare.
La principale imposta che occorre considerare è l’IMU, il cui importo, a volte, si rivela di non poco conto, soprattutto in considerazione del fatto che si deve versare ogni anno. Questo vale anche per la prima casa spesso soggetta a calcolo IMU.
Indice
Cosa si intende per prima casa ai fini fiscali?
Il pagamento dell’IMU prima casa, spesso genera molti dubbi. La confusione è dovuta dall’uso improprio del concetto “prima casa” ai fini IMU, che erroneamente si associa all’analoga definizione di prima casa prevista in materia di agevolazioni fiscali, riconosciute in sede di rogito notarile, in presenza di determinati presupposti. In realtà, la definizione “prima casa” ai fini IMU si fonda su presupposti diversi rispetto all’analogo concetto prima casa in materia di agevolazioni fiscali. Capiamo perché.
In tema di agevolazioni fiscali, il concetto di prima casa si fonda essenzialmente su un dato temporale: la prima casa è infatti l’immobile acquistato per primo, generalmente usufruendo di un notevole risparmio di imposte in sede di compravendita, in ragione della mancanza di un immobile preposseduto.
In altri termini, per prima casa ai fini delle agevolazioni fiscali, è necessario che l’acquirente non debba essere in possesso di altro immobile di tipo abitativo nello stesso Comune né essere titolare su tutto il territorio nazionale di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su un altro immobile acquistato con le agevolazioni prima casa.
L’acquisto agevolato è subordinato alla sussistenza di un ulteriore requisito: l’immobile oggetto di compravendita non deve rientrare fra le categorie catastali cosiddette di lusso, quali le unità iscritte in A1 (abitazioni di tipo signorile), A8 (abitazioni in ville) e A9 (Uffici e studi privati). Ne consegue che anche allorquando non si possegga altro immobile, l’acquisto di un’unità immobiliare iscritta in una delle citate categorie catastali di lusso, non può mai ritenersi agevolato e, dunque, in sede di compravendita sconta le imposte in misura piena.
Chiarito cosa si intende per prima casa ai fini fiscali e quali sono i presupposti applicativi dell’agevolazione, vediamo quale è l’effettivo risparmio di imposta che si ottiene applicando le agevolazioni prima casa in sede di compravendita sia nel caso di acquisto da privato sia di acquisto da un’impresa.
L’acquisto agevolato di una unità immobiliare da un privato prevede il pagamento delle seguenti imposte dovute in misura ridotta:
- imposta di registro pari al 2% del valore catastale (anziché il 9%, in caso di acquisto senza agevolazioni prima casa);
- imposte ipotecarie e catastali in misura fissa pari a euro 50 ciascuna (anziché euro 200, in caso di acquisto senza agevolazioni prima casa).
Se, invece, il cedente è un soggetto Iva, a esempio un’impresa di costruzione o di ristrutturazione, in sede di compravendita si devono versare le imposte di registro, catastali e ipotecarie nella misura fissa pari a euro 200, nonché l’Iva in misura ridotta del 4% (anziché del 10%, in caso di acquisto senza agevolazioni prima casa).
Cosa si intende per prima casa ai fini IMU?
La definizione di prima casa con riferimento all’IMU si fonda su presupposti diversi, poiché prevede, con riferimento allo stesso immobile, la contemporanea sussistenza di due condizioni: residenza e dimora.
Come noto, la residenza è il luogo in cui la persona risiede anagraficamente. La prova di tale condizione è rappresentata dal certificato di residenza, rilasciato dall’Ufficio competente del Comune o da apposita autocertificazione.
La dimora abituale è invece il luogo dove materialmente si vive. La prova di dimorare abitualmente presso un immobile ai fini IMU è più difficile da fornire, poiché non vi è un apposito registro che la certifichi. In assenza di normativa di riferimento chiara sul punto, la prova della dimora abituale può essere offerta con qualsiasi mezzo idoneo, secondo le regole generali.
Tuttavia, la giurisprudenza tributaria è concorde nel ritenere dimostrato il presupposto della dimora abituale in caso di intestazione di contratti di fornitura di utenze di luce e gas, acqua e di telefono e delle relative fatture o altri documenti contabili. È però evidente come unitariamente alle bollette delle utenze domestiche, sarà necessario dimostrare che i consumi registrati siano coerenti con il numero dei componenti del nucleo familiare. Controversa appare da un punto di vista fiscale la dimostrazione della dimora abituale, mediante autocertificazione.
In altri termini, la prima casa IMU è l’immobile ove si risiede e si dimora abitualmente. Per questo motivo, nel momento in cui ci si chiede cosa si intende per prima casa ai fini IMU è più corretto fare riferimento all’abitazione principale e non alla prima casa. L’abitazione principale è, infatti, l’immobile ove il proprietario ed eventualmente il suo nucleo familiare stabiliscono la residenza e la dimora abituale.
Spesso, l’abitazione principale coincide con la prima casa, ma non è sempre così, perché si può comprare un immobile, in forma agevolata, quindi con le agevolazioni prima casa, ma stabilire la residenza in una abitazione diversa, acquistata senza il beneficio prima casa.
In passato, quando era in vigore l’ICI sugli immobili, la situazione era ben diversa: per ottenere l’esenzione dal pagamento dell’imposta era infatti sufficiente dimostrare di essere ivi residente.
Quando si paga l’IMU?
Due sono essenzialmente i casi in cui sorge il debito di imposta ai fini IMU su un immobile con le caratteristiche dell’abitazione principale.
Primo caso
Il primo caso in cui si è tenuti a versare l’IMU si ha nel momento in cui si dichiara di risiedere presso un’unità immobiliare, ma di fatto si abita per la maggior parte dell’anno (183 giorni) presso un altro immobile, ad esempio per motivi di studio o lavoro.
In tal caso, non si ha diritto all’esenzione IMU, poiché sull’immobile non sussiste il presupposto della dimora abituale. Tale casistica riguarda tutte le unità immobiliari accatastate in una delle seguenti classi catastali, che in linea teorica potrebbero usufruire dell’esenzione IMU: A/2 (Abitazione di tipo civile), A/3 (Abitazioni di tipo economico), A/4 (Abitazioni di tipo popolari), A/5 (Abitazioni di tipo ultrapopolare), A/6 (Abitazione di tipo rurale), A/7(Abitazione in villini), A/11(Abitazioni o alloggi tipici dei luoghi).
Secondo caso
Altra ipotesi in cui si realizza sempre il presupposto impositivo per il pagamento dell’IMU si ha con riferimento a determinate categorie di immobili accatastati in una delle seguenti classi: A1 (abitazioni di tipo signorile), A8 (abitazioni in ville) e A9 (Uffici e studi privati). In tali casi, infatti, l’IMU è sempre dovuta, anche allorquando si stabilisca la residenza e la dimora.
IMU su abitazione principale: quanto si paga e come si paga?
Il pagamento dell’IMU, salvo possibili differimenti stabiliti a livello locale dai Comuni, si effettua a mezzo F24, bollettino postale o PagoPA, in due tranche:
- la prima rata, a titolo di acconto, deve essere pagata entro il 16 giugno di ciascun anno ed è pari all’imposta dovuta per il primo semestre, applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente;
- la seconda rata, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, deve essere pagata entro il 16 dicembre di ciascun anno ed è determinata sulla base delle delibere comunali pubblicate sul sito del MEF entro il 28 ottobre di ciascun anno di imposta.
È tuttavia prevista la facoltà del contribuente di versare l’IMU dovuta in un’unica soluzione, entro il 16 giugno di ciascun anno.
Come calcolare l’IMU
Per calcolare l’IMU, occorre essere in possesso di alcuni dati identificativi dell’immobile, quali in particolare:
- la rendita catastale dell’immobile, che deve essere rivalutata del 5%;
- il coefficiente catastale;
- l’aliquota stabilita dal Comune.
Per determinare l’IMU si dove operare nel seguente modo: Rendita catastale (rivalutata del 5%) X coefficiente catastale X aliquota.
Proviamo a fare un esempio pratico chiarificatore di abitazione principale in relazione alla quale si è tenuti a versare l’IMU. Supponiamo di dover calcolare l’IMU su un immobile sito in Roma, iscritto al catasto in A1 (abitazioni di tipo signorile), la cui rendita catastale è pari a 900, posseduto al 100% per l’intero anno.
Per determinare l’IMU si deve procedere come segue:
- rivalutazione della rendita catastale (5%): (€ 900 * 1,05) = € 945;
- applicazione del coefficiente catastale pari a 168 per immobili in A1: (€ 945 * 168) = € 158.760;
- applicazione dell’aliquota comunale prevista pari a 0,5% per il 2022: (€ 158.760 * 0,5%) = € 793,80.
Ne consegue che, l’IMU dovuta per un immobile con le medesime caratteristiche è, dunque, pari a euro 793,80.