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Minacce e molestie in condominio: è stalking?

2 Novembre 2022 | Autore:
Minacce e molestie in condominio: è stalking?

Quando si verifica lo stalking condominiale, che assorbe i reati meno gravi ed è punito molto più severamente; quali sono le più comuni condotte illecite compiute tra vicini di casa.

Spesso, i rapporti di vicinato sono molto tesi. In parecchi condomini, i litigi e le ripicche sono quasi all’ordine del giorno. Talvolta, però, si eccedono i limiti della civile convivenza: allora le offese e i dispetti di vario genere possono diventare reato. Le condotte illecite più comuni compiute tra vicini di casa sono le minacce e le molestie che avvengono in condominio.  Sono comportamenti che turbano la tranquillità di chi li subisce e, anche isolatamente considerati, costituiscono reato. Ma le minacce e molestie in condominio possono diventare stalking? Sì, tenendo presente che è il loro cumulo che fa la differenza.

Stalking: in cosa consiste?

Il reato di stalking è previsto dall’art. 612 bis del Codice penale che lo definisce con la formula di «atti persecutori». Consiste in una serie di minacce o molestie ripetute, che provocano nella vittima un grave stato di ansia o di paura, creano un fondato timore per la propria incolumità o per quella di un suo familiare, o la costringono a cambiare le proprie abitudini di vita.

È proprio la reiterazione delle condotte minacciose o moleste e la loro persistenza nel tempo che ingenerano uno stress psicologico nella persona bersagliata, che può reagire in due modi: o vivendo in uno stato di angoscia e di costante terrore di incontrare lo stalker, oppure modificando i propri comportamenti (ad esempio, gli orari di entrata e di uscita da casa) per evitare di trovarselo davanti e così sfuggire alle persecuzioni. Ma questa soluzione in condominio è difficilmente praticabile.

Stalking: com’è punito?

La pena per chi commette stalking è la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi. Va sottolineato che i meno gravi reati di minacce e di molestie vengono assorbiti dallo stalking, in modo da configurare direttamente ed esclusivamente la fattispecie delittuosa più grave. Ecco perché è importante stabilire il discrimine tra queste condotte penalmente rilevanti: lo stalking viene punito molto più severamente e sono applicabili anche le misure cautelari, come il divieto di avvicinamento dello stalker alla persona molestata, mantenendo una certa distanza imposta dal giudice, o l’ammonimento del Questore se la vittima lo richiede.

Minacce e molestie: quando diventano stalking?

Le minacce e le molestie integrano il delitto di stalking quando sono reiterate fino a diventare preoccupanti ed angoscianti, così provocando situazioni di ansia e paura, o il mutamento della qualità di vita che, come abbiamo detto, sono gli eventi tipici di questo reato. Viceversa, se le minacce o le molestie rimangono sporadiche e non vengono ripetute nel tempo, rimangono reati autonomi e non costituiscono stalking.

Stalking condominiale: quando si verifica?

Lo stalking condominiale avviene quando le molestie e minacce sono compiute ripetutamente da un condomino contro altri condomini. Nei rapporti di vicinato le condotte illecite che possono rientrare in questo ambito sono tantissime, ed è proprio la forzata vicinanza abitativa tra le persone – con tutti i contrasti e conflitti che ne conseguono – a favorirne la commissione: basti pensare alle frequenti divergenze sulle modalità d’uso degli spazi comuni, come le scale, i cortili, i parcheggi e l’ascensore.

Stalking condominiale: alcuni esempi

Per darti un’idea del fenomeno, ecco una serie  di eloquenti, e squallidi, esempi di stalking condominiale, tratti dalla prassi della vita comune. Quanto alle minacce, c’è chi aspetta il rientro del vicino appostandosi vicino al portone, sul pianerottolo o nell’androne, talvolta tenendo un bastone, un coltello, un attrezzo da lavoro o un’altra arma impropria in mano, e quando arriva lo guarda in cagnesco borbottando qualcosa, come per lanciargli un avvertimento; qualcuno non è così “raffinato” ed insulta e minaccia apertamente un coinquilino e la sua famiglia.

Passando all’ambito dei comportamenti molesti, c’è chi danneggia o imbratta le auto in sosta, chi lascia escrementi, spazzatura e sporcizia davanti alla porta del vicino, chi sversa sostanze sui balconi o nelle parti comuni dell’edificio, chi lascia messaggi scritti e offensivi nella cassetta della posta, chi innaffia le piante sul balcone facendo debordare volutamente l’acqua nell’appartamento accanto; e gli esempi potrebbero continuare a lungo.

Stalking condominiale: ripercussioni sulla vittima

Insomma, quando si vive porta a porta i dispetti sono molto più facili da compiere, e da qui alle molestie o alle minacce il passo è breve. Nella prospettiva della vittima, è molto più grave essere molestata o minacciata dal vicino che incontra tutti i giorni (o comunque vede di continuo affacciandosi dalla finestra, o sente dietro al muro anche di notte) piuttosto che da un estraneo incontrato occasionalmente.

Nello stalking condominiale non bisogna fare molta fatica per incontrare la vittima e così avere occasione di molestarla e minacciarla direttamente. Ciò caratterizza la fattispecie in modo molto più ampio e diverso rispetto allo stalking “classico”, come ad esempio quello che commette chi tempesta di messaggi e telefonate la persona oggetto dei suoi desideri sentimentali e sessuali o si apposta nei luoghi da ella abitualmente frequentati (casa, palestra, ufficio, ecc.) per incontrarla e tentare l’approccio, in modo per lei sgradito e molesto o addirittura violento.

Quante minacce e molestie servono per diventare stalking?

Lo stalking in condominio richiede una  serie di condotte ripetute nel corso del tempo; ma in concreto quanti episodi di minacce o molestie occorrono per far ritenere integrato questo reato? La giurisprudenza della Cassazione [1] lo configura come reato «eventualmente abituale», quindi per configurare il delitto di stalking bastano, al limite, due sole condotte di molestie o di minacce. E questo, secondo i giudici della Suprema Corte, vale anche quando le condotte sono state compiute in un arco di tempo molto ristretto, addirittura nella stessa giornata; ma in tal caso occorre che si tratti di «atti autonomi» (non, dunque, di una prosecuzione dell’episodio precedente) e che la loro reiterazione sia la «causa effettiva» di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice, e cioè la produzione di uno stato di ansia o paura o il costringimento della vittima a cambiare le proprie abitudini di vita.

Stalking condominiale: un caso concreto

In una recente sentenza della Corte d’Appello di Milano [2] che ha fatto applicazione di questi principi, le minacce e le molestie che sono state ritenute di gravità e di persistenza tale da far ritenere pienamente integrato lo stalking condominiale (cui si sono aggiunte le lesioni personali) consistevano in singoli e specifici episodi di minacce di morte (con frasi del tipo: “ti ammazzerò, stai attento perché i miei amici hanno delle pistole e ti faranno fare una brutta fine”) e di lanci di acqua mentre la persona offesa passava di sotto (in un’occasione c’era stato l’annaffiamento delle finestre del suo appartamento con una pompa di irrigazione, provocando un allagamento e danneggiando il parquet); a ciò si erano aggiunte diverse aggressioni verbali e fisiche, compiute nelle scale del palazzo e nei pressi dei box auto; la vittima era stata anche inseguita dal persecutore mentre attraversava gli spazi condominiali.

Con tutte queste condotte, la vittima di stalking era stata costretta a usare le scale e l’ascensore della palazzina adiacente per arrivare a casa senza incontrare il suo persecutore, e a trascorrere i fine settimana fuori città per riprendersi dallo spavento e dallo stress: in ciò consisteva l’alterazione delle proprie abitudini di vita, cui si aggiungeva l’inevitabile stato di ansia e paura. Quindi, i giudici milanesi hanno ritenuto sussistenti tutti gli elementi costitutivi del delitto di stalking e hanno condannato il persecutore.


note

[1] Cass. sent. n. 28340/2019, n. 54290/2016, n. 38306/2016, n.33563/2015 e n. 46331/2013.

[2] C. App. Milano, sent. n. 4256/2022.


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