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Cos’è la pratica commerciale scorretta?

18 Marzo 2023 | Autore:
Cos’è la pratica commerciale scorretta?

Quando un consumatore può dirsi vittima di un’azione aggressiva o ingannevole da parte di un venditore o di un professionista? Come si può difendere?

I guai per i consumatori cominciano quando si imbattono nell’esercente o nel professionista che, pur di vendere, è disposto a tutto. Anche ad ingigantire le qualità e a minimizzare i problemi di quello che vuole piazzare pur sapendo che ciò che dice è piuttosto approssimativo, se non addirittura falso. Anche a pretendere dal potenziale cliente degli anticipi quando ancora non sono dovuti. Anche a non raccontare tutto quello che sa del prodotto per non perdere «il pesce che si sta avvicinando all’esca». Ecco, questi sono solo alcuni esempi di che cos’è la pratica commerciale scorretta: un modo (anche più di uno) , vietato dalla legge, per indurre il consumatore ad accettare un bene o un servizio che non avrebbe mai acquistato se avesse saputo in partenza tutta la verità e nient’altro che la verità.

Come ci si può accorgere che qualcuno sta attuando una pratica commerciale scorretta prima che sia troppo tardi? Come si può difendere il consumatore? E che cosa rischia chi non rispetta le buone regole del rapporto tra venditore e compratore?

Cosa si intende per pratica commerciale scorretta?

Secondo il Codice del consumo, una pratica commerciale è scorretta quando è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che la pratica stessa raggiunge o al quale è diretta.

È scorretta anche la pratica commerciale che, pur raggiungendo gruppi più ampi di consumatori, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili al prodotto a causa della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere.

Detto in altre parole: il consumatore che riceve una proposta è chiamato a prendere una decisione di natura commerciale, cioè a scegliere se acquistare o no, se pagare tutto o una parte, se esercitare il diritto di recesso, se tenere un prodotto o non tenerselo più perché ormai non gli serve o è diventato sconveniente. Decisioni, dunque, da valutare bene prima di prenderle ma che vengono volutamente condizionate da chi vuole attuare una pratica commerciale scorretta.

Quali sono le pratiche commerciali scorrette?

Il Codice del consumo chiarisce che la pratica commerciale scorretta, proprio perché, appunto, «scorretta, è vietata. Queste condotte si possono raggruppare in due tipologie di comportamenti illeciti: le azioni ingannevoli e quelle aggressive.

Cosa si intende per azione ingannevole?

La pratica commerciale scorretta può essere considerata un’azione ingannevole quando offre dele informazioni false o che, nel modo in cui viene presentato un bene o un servizio, induce o è idonea a indurre in errore il consumatore medio e lo porta a prendere una decisione di natura commerciale che non avrebbe mai preso.

L’azione ingannevole non è solo quella che racconta delle cose false ma anche quella che tace delle altre che, dal punto di vista commerciale, è meglio non dire.

Nello specifico, sono considerate azioni ingannevoli:

  • l’affermazione non rispondente al vero, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta oppure sostenere (contrariamente al vero) che un codice di condotta ha l’approvazione di un organismo pubblico o di altra natura;
  • esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;
  • affermare, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati da un organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni dell’autorizzazione, dell’accettazione o dell’approvazione ricevuta;
  • invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare che molto probabilmente non sarà in grado di fornirli o di farli fornire entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all’entità della pubblicità fatta e al prezzo offerti;
  • invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente rifiutare di mostrare l’articolo pubblicizzato ai consumatori, non accettare ordini per l’articolo o rifiutare di consegnarlo entro un certo termine;
  • fare la dimostrazione di un articolo con un campione difettoso per promuovere un altro prodotto;
  • dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e da privare i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole;
  • impegnarsi a fornire l’assistenza post-vendita a consumatori senza avvertire che sarà messa a disposizione in una lingua diversa da quella con cui è stata concordata l’operazione commerciale (ad esempio, il cittadino straniero con cui il venditore o rappresentante ha parlato in inglese e che poi si trova un tecnico che parla solo italiano);
  • effettuare una vendita illecita sostenendo, contrariamente al vero, che è assolutamente legale;
  • presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell’offerta fatta dal professionista;
  • fare della pubblicità occulta;
  • formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il prodotto («la tua schiena peggiorerà se non acquisti questa poltrona»);
  • promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un altro produttore in modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore;
  • avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale: il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall’entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti;
  • affermare, contrariamente al vero, che il professionista è in procinto di cessare l’attività o traslocare;
  • affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla sorte;
  • affermare, contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni;
  • comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d’indurre il consumatore all’acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato;
  • affermare che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole;
  • descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto;
  • includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di pagamento che lasci intendere, contrariamente al vero, al consumatore di aver già ordinato il prodotto;
  • dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore;
  • lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui è venduto il prodotto.

Cosa si intende per azioni aggressive?

Se l‘azione ingannevole si basa sul raccontare cose non vere e tacere delle altre in modo da condizionare la decisione del consumatore, l’azione aggressiva consiste nel «giocare allo sfinimento» per strappare un contratto di vendita.

In sostanza, questa pratica commerciale scorretta viene messa in atto con molestie o coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o all’indebito condizionamento. Ilo scopo è sempre lo stesso: mettere il potenziale cliente nelle condizioni di prendere una decisione di natura commerciale che, altrimenti, non avrebbe preso.

Al fine di stabilire se la pratica commerciale è inquinata da molestie, coercizione o altri condizionamenti di questo tipo, si tiene conto di questi elementi:

  • i tempi, il luogo, la natura o la persistenza;
  • il ricorso alla minaccia fisica o verbale;
  • lo sfruttamento di un evento tragico o di una circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di condizionare la decisione che riguarda il prodotto;
  • qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto nel caso in cui un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o di rivolgersi ad un altro professionista;
  • qualsiasi minaccia di promuovere un’azione legale nel caso in cui tale azione sia manifestamente temeraria o infondata.

Sono vietate, perché ritenute aggressive e rientranti nelle pratiche commerciali scorrette, le seguenti azioni:

  • lasciare intendere al consumatore che non può lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto;
  • recarsi presso l’abitazione del consumatore, ignorando i suoi inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, a meno che siano motivate da un’obbligazione contrattuale;
  • effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza, a meno che siano motivate da un’obbligazione contrattuale;
  • imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento del danno in virtù di una polizza di assicurazione di esibire documenti che non possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per dimostrare la fondatezza della richiesta;
  • omettere sistematicamente di rispondere alla corrispondenza del consumatore, al fine di dissuaderlo dall’esercizio dei suoi diritti contrattuali;
  • esortare in un messaggio pubblicitario i bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti reclamizzati;
  • pretendere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto;
  • informare esplicitamente il consumatore che, se non acquista il prodotto o il servizio, saranno in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista;
  • lasciare intendere, contrariamente al vero, che il consumatore compiendo una determinata azione abbia già vinto, vincerà o potrà vincere un premio o una vincita equivalente.

Come difendersi da una pratica commerciale scorretta?

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato interviene d’ufficio o su istanza di chi si ritiene vittima di una pratica commerciale scorretta per interrompere azioni ingannevoli o aggressive e per eliminarne gli effetti, applicando anche delle sanzioni.

Il Garante può disporre, con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria delle pratiche incriminate, nel caso in cui ci sia particolare urgenza. In ogni caso, comunica l’apertura dell’istruttoria al professionista e, se il committente non è conosciuto, può richiedere al proprietario del mezzo che ha diffuso la pratica commerciale ogni informazione volta alla sua identificazione.

Con lo stesso provvedimento può essere disposta, a cura e spese del professionista, la pubblicazione della delibera, anche per estratto, ovvero di un’apposita rettifica, in modo da impedire che le pratiche commerciali scorrette continuino a produrre effetti.

Chi viene ritenuto responsabile di una pratica commerciale scorretta rischia una di queste sanzioni amministrative:

  • da 5.000,00 euro a 500.000,00 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione;
  • da 10.000 a 150.000 euro in caso di inottemperanza ai provvedimenti d’urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti ed in caso di mancato rispetto degli impegni assunti;
  • la sospensione dell’attività d’impresa per un periodo non superiore a trenta giorni nei casi di reiterata inottemperanza.


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