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Usucapione casa in eredità

4 Novembre 2022 | Autore:
Usucapione casa in eredità

Si può diventare proprietari di un immobile ereditato se si ha solo una quota, attraverso l’usucapione?

Ipotizziamo il caso di tre fratelli che ricevano in eredità, dal padre, una casa in campagna. Solo uno di questi, però, la utilizza, seppur saltuariamente, per godere della tranquillità del luogo immerso nella natura. Gli altri due, vuoi perché vivono lontani, vuoi perché sono spesso occupati col lavoro, non hanno mai vissuto l’immobile. Ora, però, il primo fratello vorrebbe rivendicare l’integrale proprietà del bene. Secondo lui si sarebbero verificati, dopo 20 anni, i presupposti per l’«usucapione». È davvero così? Come funziona l’usucapione di una casa in eredità? Le regole, in realtà, sono diverse rispetto a quelle generali, ragion per cui sarà bene fornire alcuni utili chiarimenti, in linea peraltro con una recente pronuncia della Cassazione [1].

Cos’è l’usucapione?

L’usucapione è un modo per acquistare la proprietà di un bene altrui (mobile o immobile) senza necessità del consenso del titolare, quindi senza un contratto di compravendita, un atto di donazione, una successione ereditaria e persino senza bisogno dell’intervento del notaio. 

Con l’usucapione, chi utilizza per almeno 20 anni un bene altrui, in modo indisturbato (ossia senza alcuna rivendicazione da parte del legittimo titolare), ne diviene proprietario. 

In verità, non basta solo l’uso del bene per rivendicarne la proprietà tramite usucapione. Se così fosse, infatti, l’inquilino in affitto da oltre 20 anni diverrebbe proprietario dell’appartamento.

È altresì necessario che il possessore si comporti pubblicamente come se fosse il proprietario del bene, arrogandosi dei poteri che la legge in realtà non gli riconosce, senza che il proprietario effettivo lo citi in giudizio per riavere ciò che è suo. È ciò che i tecnici del diritto chiamano «interversione del possesso». 

Per tornare all’esempio dell’inquilino, questi deve smettere di pagare il canone (perché, diversamente, riconoscerebbe in modo tacito l’altrui proprietà); deve inoltre effettuare dei lavori all’interno dell’immobile (ad esempio il cambio di destinazione d’uso, la modifica del lucchetto della porta d’ingresso, una ristrutturazione, ecc.): il tutto senza l’autorizzazione del locatore e, soprattutto, senza che questi agisca contro di lui nel corso di tali 20 anni. 

Come funziona la comunione ereditaria di una casa

Quando più persone ereditano lo stesso bene si forma, su di esso, una comunione ereditaria. Ciascun erede acquisisce una quota di proprietà del bene in questione (ad esempio una casa). 

Se l’eredità è costituita da una casa, ciascun erede è quindi comproprietario dell’immobile: può usarlo liberamente nella sua interezza, senza poter impedire agli altri coeredi di fare altrettanto. Questo perché la percentuale di comproprietà non è su una specifica sezione della casa (ad esempio il salotto, una camera da letto), ma sul bene nel suo complesso.

Tale situazione di comproprietà permane fin quando gli eredi non decidono di dividere la comunione ereditaria. La richiesta potrebbe essere presentata anche da uno solo di questi il quale, dinanzi all’eventuale opposizione dei coeredi, può fare ricorso al tribunale perché effettui la cosiddetta divisione della comunione. La divisione passa attraverso una serie di fasi. Innanzitutto si verifica se il bene possa essere diviso in natura, assegnando a ciascun coerede la proprietà di una specifica parte del bene. Se ciò non è fisicamente possibile, allora si verifica se uno dei coeredi è intenzionato ad acquisire le quote degli altri, liquidandone il controvalore in denaro. Dinanzi a più richieste, il giudice deve innanzitutto preferire chi già vive nell’immobile e, in secondo luogo, chi ha la quota maggiore.

Se non è possibile neanche l’assegnazione del bene, il giudice dispone la vendita forzata dell’immobile all’asta giudiziaria, dividendo il ricavato tra i vari coeredi. 

Si può avere l’usucapione di un’eredità?

Detto ciò, ciascun erede può anche usucapire le quote degli altri coeredi, divenendo proprietario dell’intero immobile, a patto che lo utilizzi per almeno 20 anni senza che nessuno agisca contro di lui. 

Nel caso dell’usucapione della casa in eredità ci sono però regole diverse rispetto all’usucapione in generale. 

Non è innanzitutto richiesta l’interversione del possesso: l’erede utilizzatore non deve cioè comportarsi manifestamente come se fosse il proprietario, proprio perché egli è già proprietario (seppure di una quota) e quindi ha diritto, per legge, ad atteggiarsi come tale. L’eventuale avvio di lavori di ristrutturazione rientrerebbe nelle sue facoltà; l’abbattimento di un albero sarebbe ugualmente da considerarsi un potere legittimo, e così via.

Al posto però dell’interversione del possesso, è richiesto un ulteriore elemento ai fini dell’usucapione della casa in eredità: un atto che impedisca agli altri coeredi di utilizzare il bene. Il semplice fatto che questi si siano spontaneamente astenuti dal goderne, ad esempio non andandovi a vivere, non è sufficiente. Quindi, tanto per fare un esempio, è necessario che l’erede in questione apponga un cancello all’ingresso del casolare, senza consegnare il duplicato della chiave ai fratelli, sostituisca la porta di ingresso senza consegnare il duplicato delle nuove chiavi ai coeredi, ecc.

Detto in parole più semplici, un erede può diventare proprietario della casa ereditata, nonostante la comproprietà di altri coeredi, se impedisce a questi ultimi di utilizzare il bene e loro non gli fanno causa.

Il coerede non usucapisce invece l’immobile ereditario solo perché gli altri si astengono dal farne uso. 

Quindi, nell’esempio da cui siamo partiti, non ci può essere usucapione visto che, come abbiamo visto, i fratelli si sono astenuti dal vivere la casa in campagna del padre solo per loro volontà e non per un impedimento realizzato dal fratello. 


note

 [1] Cass. sent. n. 32413/2022.

Autore immagine: depositphotos.com


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