Dopo quanto tempo scatta il maltrattamento in famiglia?


Contano le settimane o i mesi di convivenza per commettere questo reato e non quello di lesioni? Il parere della Cassazione.
Il tempo ha modificato la definizione di famiglia e, di conseguenza, anche il reato di maltrattamenti in famiglia. La Costituzione, nella sua versione approvata nel 1948, definiva la famiglia come «una società naturale fondata sul matrimonio» e, pertanto, come un modello riservato a due soggetti di sesso diverso legati tra loro da vincolo coniugale. Oggi non è più così: l’ordinamento tiene conto delle unioni diverse da quelle matrimoniali e ritiene una famiglia anche i legami tra le persone dello stesso sesso che formano un’unione civile, così come tra persone di sesso diverso che costituiscono una convivenza di fatto. Ecco che, allora, il Codice penale non poteva non adattarsi a questa realtà sul maledetto tema dei maltrattamenti. Quando si può ritenere che l’unione tra due persone sia stabile al punto da considerarla una famiglia a tutti gli effetti? E, a questo punto, dopo quanto tempo scatta il maltrattamento in famiglia e non un altro tipo di reato come, ad esempio, le lesioni personali?
La domanda, a cui ha dato recentemente una risposta la Cassazione, si pone per la portata della pena: commettere il reato di maltrattamenti in famiglia ha delle conseguenze più pesanti. Qualcuno, però, ha sollevato qualche perplessità sul fatto che si possa parlare di maltrattamento «in famiglia» dopo pochi mesi di convivenza, anche tra una coppia non sposata. Ecco che cosa ha risposto la Suprema Corte.
Cos’è il reato di maltrattamenti in famiglia?
Secondo il Codice penale [1], chiunque maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni.
Ecco, dunque, che la normativa introduce una parola fondamentale per la configurazione del reato: «Famiglia». È questa che fa a differenza rispetto allo stesso fatto commesso in un contesto diverso. Per dirla in parole semplici: uno schiaffo alla moglie o alla convivente non ha penalmente lo stesso peso di uno schiaffo alla vicina di casa.
Inoltre, la pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, oppure con armi.
La pena cambia anche a seconda delle conseguenze del maltrattamento. Se dal fatto deriva:
- una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni;
- una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni;
- il decesso, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.
Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato.
Quando scatta il reato di maltrattamenti?
Le circostanze per cui scatta il reato di maltrattamenti in famiglia le abbiamo appena viste. Ma dopo quanto tempo si può parlare di questo tipo di delitto? La domanda pone la questione di cui si parlava all’inizio: dopo quanto tempo si può parlare di «famiglia» e non di una relazione passeggera?
La Cassazione [2] ha recentemente stabilito che il reato scatta anche se il rapporto sentimentale dura da meno di un anno, senza citare un limite minimo. Pertanto, non conta se la relazione è duratura e stabile o meno.
La Suprema Corte ha ricordato nella sua sentenza che quanto previsto in materia dal Codice penale è applicabile non solo alla famiglia fondata sul matrimonio ma a qualsiasi tipo di relazione sentimentale che implichi una convivenza. Che si tratti di una «storia» iniziata sotto lo stesso tetto da 15 giorni, 15 mesi o 15 anni non cambia alcunché: sempre di maltrattamenti in famiglia si parla, per la consuetudine dei rapporti creati, per i vincoli affettivi alla base della convivenza, per le aspettative di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale.
Il Codice civile impone a chi si sposa un vincolo di assistenza morale e materiale che la Cassazione richiama in questa sentenza anche per le relazioni non formalizzate in Chiesa o in Comune, indipendentemente dalla loro durata.
Commette, pertanto, il reato di maltrattamenti in famiglia chi va a convivere con la fidanzata e dopo qualche giorno o qualche settimana comincia a muovere le mani nel modo sbagliato: la pena sarà per lui la stessa riservata a chi fa lo stesso dopo anni di matrimonio.