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Stalking, ammonimento del Questore e accesso agli atti

2 Dicembre 2022
Stalking, ammonimento del Questore e accesso agli atti

Chi viene accusato di stalking ha diritto a prendere visione dei documenti e del fascicolo del procedimento amministrativo che lo riguarda?

Tra le tutele previste dalla legge in favore delle vittime di atti persecutori (stalking) vi è non solo la possibilità di sporgere querela nei confronti del responsabile per ottenerne la condanna penale, ma anche – soluzione alternativa e meno incisiva – rivolgersi al Questore affinché ammonisca verbalmente lo stalker. Si tratta di un procedimento di carattere amministrativo. Non c’è quindi un processo, né una macchia sul casellario giudiziario, né l’applicazione di sanzioni penali. Il reo viene convocato e sentito personalmente; infine, all’esito dell’incontro, riceve l’avviso a non compiere ulteriori comportamenti illeciti, pena l’avvio del procedimento giudiziario vero e proprio. 

A questo punto, potrebbe succedere che l’accusato di stalking, onde potersi difendere dinanzi all’autorità amministrativa, chieda l’esibizione dei documenti da cui ha avuto origine la segnalazione ed in cui sono indicati i fatti, i luoghi ed i nomi di eventuali testimoni. Ebbene, ha diritto all’esibizione delle carte o queste gli possono essere negate? A trattare il tema dello stalking, l’ammonimento del Questore e l’accesso agli atti amministrativi è una recente pronuncia del Consiglio di Stato [1]. I giudici hanno cercato un equo contemperamento tra il diritto di difesa dell’accusato e la privacy della vittima o di altri terzi in qualsiasi modo coinvolti nei fatti, evitando che per eccessivo garantismo si possano agevolare comportamenti ritorsivi.

Vediamo qual è la sintesi della pronuncia in commento. 

Quando c’è stalking?

Lo stalking non è solo il comportamento di chi pedina o tartassa di telefonate un’altra persona. Commette stalking chi “prende di mira” una persona e compie, ai suoi danni, una serie ripetuta di comportamenti minacciosi o comunque in generale molesti. Il tutto sempre che tale comportamento determini nella vittima uno dei tre seguenti effetti:

  • uno stato d’ansia o di paura;
  • il timore di un grave timore alla incolumità propria  o di un proprio caro;
  • un cambiamento delle proprie abitudini di vita (la disattivazione di una scheda telefonica o di un account social, il fatto di cambiare strada per recarsi al lavoro, cercare un amico che possa fare da scorta la sera, ecc.). 

La richiesta di intervento al Questore

Spesso tra la vittima e lo stalker ci sono rapporti di lunga durata e la prima tende a evitare lo scontro penale, un po’ per non creare una frattura eccessiva, un po’ per timore. Ecco perché, tra la blanda diffida dell’avvocato e la forza della querela, la legge ha previsto una via di mezzo. In particolare, fino a quando non viene proposta querela, la persona offesa può rivolgersi al Questore chiedendo di ammonire lo stalker. 

Il questore, assunte informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge.

Il diritto alla comunicazione di avvio del procedimento

Con la sentenza richiamata in apertura il Consiglio di Stato ha affrontato il delicato tema del bilanciamento tra le garanzie di tutela delle vittime di stalking (assai spesso donne) e le garanzie democratiche di partecipazione al procedimento e di accesso alle informazioni dell’istruttoria da parte del destinatario del provvedimento di ammonimento orale del Questore (nella maggior parte dei casi ex mariti, compagni o fidanzati).

Nella sentenza di stabilisce che in tali procedimenti amministrativi, vista la natura spiccatamente preventiva e cautelare dell’avvertimento dell’autorità, l’inoltro della comunicazione di avvio del procedimento non è obbligatorio nei casi in cui sussistano specifiche ragioni di urgenza evidenziate nell’atto.

Il diritto di accesso alle informazioni nel procedimento di stalking davanti al Questore

Inoltre, se anche è vero che la legge prevede il diritto di accesso ai documenti amministrativi, questo diritto non si manifesta sempre con la stessa estensione né ha un contenuto predeterminato. In particolare in materia di procedimento di ammonimento previsto dalla disciplina sulle misure in materia di contrasto alla violenza sessuale e atti persecutori, mentre la garanzia partecipativa viene salvaguardata mediante il coinvolgimento dell’interessato a mezzo di audizione, quest’ultimo tuttavia non ha diritto ad accedere ai documenti che in qualche misura siano attinenti o comunque connessi ad attività investigative ancora in corso, ed alla “identità delle fonti“; tra le quali – oltre alle dichiarazioni del soggetto denunciante – spesso possono esserci anche altri dati di terzi informatori (appunto i testimoni di cui la vittima si voglia avvalere per dimostrare e supportare le proprie dichiarazioni). 

In altri termini, in questa fase amministrativa, la conoscenza degli atti del procedimento amministrativo, se non strettamente necessaria all’esercizio del diritto alla difesa, può ben essere negata. 

Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha rilevato in primo luogo come il bilanciamento di interessi operato dall’amministrazione, tra l’interesse dell’istante alla difesa dei propri interessi giuridici ai sensi della disciplina sull’ostensione dei documenti amministrativi e l’interesse pubblico alla segretezza degli atti investigativi, fosse stato congruo e proporzionato, visti i potenziali rischi per le persone coinvolte. In secondo luogo, e a ben vedere, lo stalker aveva avuto modo di conoscere in maniera adeguata le contestazioni a lui mosse.


note

[1] Cons. Stato sent. n.10369/2022.

Autore immagine: depositphotos.com

Pubblicato il 24/11/2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3572 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Rosalia Iandiorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Avellino, corso Vittorio Emanuele n. 15;

contro

Ministero dell’Interno, non costituito in giudizio;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2022 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

N. 10369/2022REG.PROV.COLL. N. 03572/2020 REG.RIC.

 FATTO

1. -OMISSIS- il Questore della Provincia di Rimini ha emesso un provvedimento di ammonimento ex art. 8, d.l. n. 11/2009, conv. in l. n.

28/2009, nei confronti del sig. -OMISSIS-.

L’atto amministrativo trae fondamento da quanto riferito dalla ex moglie dell’odierno appellante, sig.ra -OMISSIS-. In particolare, ella ha dato conto del fatto che l’ex marito -OMISSIS-, si introduceva senza permesso all’interno della sua abitazione, il più delle volte ubriaco, e usava violenza psicologica nei suoi confronti insultandola.

Dalla disamina degli atti e dall’escussione della parte offesa e dei testimoni, la Questura ha ritenuto provato l’atteggiamento ossessionante dell’appellante, il quale ha cagionato un perdurante stato di ansia e di paura nei confronti dell’ex partner.

L’Amministrazione, nel corso del procedimento, ha omesso la comunicazione di avvio del procedimento in ragione della ritenuta urgenza sottesa all’emanazione del provvedimento di ammonimento.

2. L’interessato ha adito in sede gerarchica il Prefetto della Provincia di Rimini il quale, previa audizione personale del ricorrente in data -OMISSIS-, ha rigettato il ricorso.

Nell’occasione la Prefettura ha precisato da una parte che la comunicazione di avvio del procedimento non è dovuta in caso di emanazione di provvedimenti aventi precipua finalità cautelare, e dall’altra che può ritenersi attendibile la ricostruzione offerta dalla ex moglie del ricorrente, anche in ragione della precedente querela sporta da quest’ultima -OMISSIS- nei confronti dell’ex marito per fatti di reato a base violenta.

3. A seguito del rigetto del ricorso gerarchico, -OMISSIS- il Prefetto della Provincia di Forlì-Cesena ha imposto all’odierno appellante il divieto di detenzione di armi e munizioni ex art. 39, r.d. n. 773/1931 (cd. TULPS), motivato in ragione del venir meno dei requisiti di affidabilità in capo al

 titolare dell’autorizzazione, desunto in via principale dal provvedimento di ammonimento a carico.

4. Conseguentemente, e per gli stessi motivi, con provvedimento -OMISSIS- il Questore della Provincia di Forlì-Cesena ha proceduto alla revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia.

5. Avverso tutti i sopra menzionati provvedimenti amministrativi l’interessato ha proposto ricorso per l’annullamento avanti al Tar per l’Emilia Romagna.

6. Con sentenza -OMISSIS- il Tar ha respinto il ricorso, ritenendo esaustiva la motivazione dell’Amministrazione, tenuto anche conto che ai fini dell’adozione della misura monitoria dell’ammonimento orale non è richiesta la piena prova della responsabilità dell’ammonito, ben potendo detto provvedimento fondarsi anche su un quadro istruttorio indiziario.

7. Il ricorrente ha impugnato l’indicata sentenza con appello notificato – OMISSIS- e depositato il successivo -OMISSIS-.

7.1. Con il primo motivo si deduce il vizio di violazione dell’art. 7, l. n. 241/1990 e il difetto di istruttoria, atteso che l’Amministrazione ha omesso di inviare la comunicazione di avvio del procedimento diretto all’emanazione dell’atto di ammonimento.

Sul punto, l’appellante osserva che la logica di prevenzione sottesa a tale misura non consente di sottrarla dai principi di garanzie procedimentali poste a presidio del corretto esercizio del potere amministrativo, specie ove non sussistano specifiche ragioni di urgenza. La difesa sottolinea che, nel caso di specie, tali ragioni erano del tutto assenti, considerato che: a) il provvedimento di ammonimento è stato emanato a distanza di oltre un mese dalla presentazione della relativa istanza; b) i fucili detenuti dall’appellante erano custoditi a centinaia di chilometri di distanza dalle abitazioni dei soggetti coinvolti nella vicenda, come da ricevute di consegna delle armi in atti.

Si deduce inoltre il difetto di istruttoria, lamentando il mancato accoglimento delle richieste dell’appellante di ascoltare -OMISSIS-, che ben conoscerebbero

 i rapporti tra i due ex coniugi.

7.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 24, l. n. 241/1990 e del DM n. 415/1994, nella parte in cui l’Amministrazione ha negato l’accesso richiesto dall’appellante, in quanto concernente atti della polizia giudiziaria normativamente sottratti ex art. 3, comma 1, lett. b) del predetto DM.

In merito, la difesa osserva che è illegittima una prassi applicativa che venga a determinare una sottrazione generalizzata e automatica alle richieste ostensive dei documenti formati dal Ministero dell’Interno nelle specifiche materie incluse nella disposizione regolamentare. La Questura di contro – nella prospettazione difensiva – avrebbe dovuto verificare la sussistenza o meno di esigenze di tutela di determinati interessi (disvelamento di tecniche investigative e identità delle fonti di informazione, rischi per la sicurezza dei beni e delle persone coinvolte etc.) alla luce delle circostanze del caso concreto.

7.3. Con il terzo, quarto e quinto motivo di impugnazione si deduce la violazione degli artt. 8, d.l. n. 11/2009 e 612-bis c.p., nonché il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, sproporzione e carenza di motivazione.

In particolare, l’appellante afferma l’impossibilità di ricondurre le condotte da lui tenute entro la cornice dell’art. 612-bis c.p., e in ogni caso l’inattendibilità della ricostruzione fattuale offerta dalla ex moglie e accolta dall’Amministrazione.

Sul punto, si sostiene che i fatti posti alla base dei provvedimenti impugnati documenterebbero una mera situazione di reciproco rancore tra gli ex coniugi, senza alcun intento persecutorio da parte dell’odierno appellante.

A sostegno di ciò, la difesa ha prodotto numerose chat e tabulati telefonici da quali si desumerebbe che i contatti tra gli ex coniugi erano e sono limitati a scambi di informazioni -OMISSIS-, e non si evincerebbe da essi alcun intento aggressivo e/o persecutorio.

 L’appellante sottolinea inoltre che la vicina di casa della parte offesa – come da documentazione in atti – ha affermato di non aver mai sentito litigare gli ex coniugi.

L’atto di appello contesta poi la versione della ex moglie nella parte in cui rappresenta che l’ex marito si introduceva nella sua abitazione “senza permesso” e in stato di ebbrezza alcolica. A tal riguardo si evidenzia che l’appellante, oltre ad essere immune da precedenti di polizia, non risulta mai essere stato sanzionato per guida in stato di ebbrezza.

Da ultimo, la difesa ha prodotto in giudizio un’autocertificazione -OMISSIS-, nella quale si dà atto che -OMISSIS-, e che in tali occasioni non ha mai assistito ad atti di violenza, né visto -OMISSIS- ubriaco.

7.4. Con il sesto motivo si deduce l’illegittimità derivata dei provvedimenti di divieto di detenzione armi e munizioni e di revoca del porto di fucile per uso caccia, in quanto dirette conseguenze del provvedimento di ammonimento. 7.5. Nell’atto di appello, la difesa ha formulato richieste istruttorie, chiedendo l’interrogatorio libero della sig.ra -OMISSIS- e la testimonianza del sig. – OMISSIS-.

8. Il Ministero dell’Interno non si è costituito in giudizio.

9. All’udienza pubblica del 10 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato.

1. Il primo motivo di appello, relativo all’asserita violazione dell’art. 7, l. n. 241/1990, non è meritevole di accoglimento.

La Sezione ritiene che, nei procedimenti amministrativi finalizzati all’emanazione di un provvedimento di ammonimento orale ai sensi dell’art. 8, d.l. n. 11/2009, vista la natura spiccatamente preventiva e cautelare di tale atto, l’inoltro della comunicazione di avvio del procedimento non è obbligatorio nei casi in cui sussistano specifiche ragioni di urgenza evidenziate nell’atto (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, n. 2620/2020; n. 2108/2019).

 Nel caso di specie – contrariamente a quanto sostenuto nell’atto di appello – le ragioni di urgenza sono state espressamente menzionate nel provvedimento della Questura.

In effetti, la parte offesa ha riferito che le condotte moleste dell’ex marito si ripetono “-OMISSIS-”. Conseguentemente, l’Amministrazione ha ritenuto la necessità e l’urgenza di emettere il provvedimento, visto “l’alto rischio di recidiva”.

Peraltro, si evidenzia che il diritto al contraddittorio procedimentale è stato comunque assicurato al destinatario dell’atto, giacché l’appellante è stato sentito in sede di audizione prima della decisione definitiva sul ricorso gerarchico (cfr. nello stesso senso Consiglio di Stato, sez. III, n. 8679/2021; n. 2108/2019).

Il motivo in esame non può dunque che essere respinto.

2. Il secondo motivo, relativo alla dedotta violazione dell’art. 24, l. n. 241/1990 e del DM n. 415/1994, non è fondato.

2.1. Sul punto giova richiamare l’orientamento della Sezione che ha stabilito come il principio espresso al comma 7 dell’articolo 24, l. n. 241/1990 (cioè che al privato debba essere garantito, comunque, l’accesso ai documenti amministrativi per difendere i propri interessi) “non possa essere inteso nel senso che, di fatto, in ogni situazione l’interesse alla cura di interessi privati prevalga sulle esigenza di tutela degli interessi pubblici tipizzati dall’art. 24 […] Ne discende, quindi, che il diritto di accesso ai documenti amministrativi si estrinseca con moduli non di contenuto predeterminato, ma di ampiezza variabile, compatibile con la contestuale esigenza di tutela degli interessi pubblici (con i quali deve contemperarsi)” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, n. 5377/2018).

In particolare, si ritiene che in materia di procedimento di ammonimento previsto dalla legge n. 38/2009, mentre la garanzia partecipativa viene salvaguardata mediante il coinvolgimento dell’interessato a mezzo di audizione o di inoltro della comunicazione di avvio del procedimento,

 quest’ultimo tuttavia non ha titolo ad accedere alle categorie di documenti che in qualche misura siano attinenti ad attività investigative ancora in corso ed alla “identità delle fonti”, tra le quali – oltre alle dichiarazioni del soggetto denunciante già riportate nel provvedimento finale – ci possono essere anche altri dati provenienti da una prima raccolta di informazioni da terzi (così Consiglio di Stato, sez. III, n. 5377/2018 cit.).

L’ostensione di tali ulteriori documenti in questa fase, in mancanza di perspicue argomentazioni chiarificatrici sulla indispensabilità della documentazione ai fini del compiuto esercizio delle facoltà difensive, eccederebbe il limite segnato dal nesso di strumentalità difensiva della pretesa ostensiva (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, n. 7041/2019).

2.2. Nel caso di specie, si rileva in primo luogo come il bilanciamento di interessi operato dall’Amministrazione tra interesse dell’istante alla difesa dei propri interessi giuridici ex art. 24, comma 7, l. n. 241/1990 e interesse pubblico alla segretezza degli atti investigativi ex art. 3, comma 1, lett. a) DM n. 415/1994, appaia congruo e proporzionato, visti i potenziali rischi per le persone coinvolte derivante dalla disponibilità di armi in capo all’appellante. In secondo luogo si osserva che l’appellante ha in ogni caso avuto modo di conoscere adeguatamente le contestazioni a lui mosse: a) dapprima nel corso del procedimento, in sede di audizione disposta dalla Prefettura nelle more della trattazione del ricorso gerarchico; b) successivamente, con la lettura del provvedimento finale di ammonimento, che espone in maniera puntuale e analitica i fatti a lui ascritti.

In terzo luogo, si evidenzia che allo stato attuale l’appellante risulta in possesso di tutta la documentazione inerente al procedimento di ammonimento, utile all’esercizio delle proprie prerogative difensive, essendo essa stata depositata in primo grado dall’Amministrazione resistente.

Il motivo deve dunque essere respinto.

3. Anche il terzo, il quarto e il quinto motivo di appello – che per ragioni di stretta connessione verranno trattati congiuntamente – non sono suscettibili

 di positivo apprezzamento.

3.1. In sintesi, la difesa contesta che le azioni tenute dall’appellante siano riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 612-bis c.p., difettando la materialità delle condotte e l’intento persecutorio, e non essendo stato dimostrato lo stato di ansia perdurante in capo alla parte offesa.

3.2. Di contro, il Collegio ritiene che le valutazioni espresse dall’Amministrazione in sede di emanazione del provvedimento di ammonimento siano immuni da censure di irragionevolezza o sproporzione. In effetti, le circostanze riferite dalla ex moglie dell’appellante hanno trovato plurimi riscontri negli atti di causa.

In particolare, la vicina di casa ha dichiarato che l’ex moglie dell’appellante le ha raccontato “che il suo ex entra dentro casa e la offende di continuo, – OMISSIS-. La sta portando all’esasperazione, è molto stressata, e non sopporta questa intromissione nella sua vita privata”.

L’attuale compagno dell’ex moglie dell’appellante ha dichiarato di non convivere con la predetta “per i problemi che purtroppo ha con l’ex marito. Lei è molto stressata da questa situazione, non vive più tranquillamente e di conseguenza anche noi non riusciamo a frequentarci liberamente”. -OMISSIS- ha dichiarato che -OMISSIS- si ferma sempre in casa -OMISSIS-, e che in tale occasione più volte -OMISSIS- litigano, spesso per questioni economiche.

A ciò si aggiunge la querela sporta dall’ex moglie dell’appellante -OMISSIS- – poi successivamente rimessa in sede di separazione consensuale – nella quale ella ha dichiarato “mi colpiva con diversi schiaffi al volto ed alla testa, e mi sferrava diversi calci colpendomi agli arti inferiori” e ha prodotto apposita certificazione medica documentando le lesioni.

Non assumono invece rilievo, in quanto inconferenti, i tabulati telefonici e le chat depositate in giudizio dall’appellante, considerato che la parte offesa non ha mai riferito di aver ricevuto molestie attraverso tali mezzi di comunicazione.

 Alla luce di quanto sopra, non può ritenersi irragionevole o sproporzionata la misura monitoria adottata dall’Amministrazione. Del resto, la natura del provvedimento di ammonimento, sebbene correlato a condotte penalmente rilevanti ex art. 612 c.p., è spiccatamente preventiva. Ne consegue che l’intervento del Questore non è ancorato ai medesimi presupposti di quello penale, distinguendosene sia sul piano della ricognizione dei fatti atti a legittimarlo, sia in relazione ai mezzi di prova utili al loro accertamento (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, n. 8679/2021).

In accordo con tale ratio, la Sezione ritiene che ai fini dell’adozione della misura non è richiesta la piena prova della responsabilità dell’ammonito per l’ipotesi di reato, ben potendo detto provvedimento essere motivato in base ad un quadro istruttorio indiziario, dal quale emergano eventi in grado di recare un vulnus alla riservatezza della vita di relazione o, su un piano anche solo potenziale, all’integrità della persona (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. III, n. 4127/2015).

Per le ragioni esposte, i motivi in esame sono da ritenersi infondati, unitamente alle relative richieste istruttorie formulate nell’atto di appello.

4. Dal rigetto degli anzidetti motivi consegue altresì il rigetto del sesto motivo di appello, relativo all’illegittimità derivata dei provvedimenti di divieto di detenzione armi ex art. 39 TULPS e di revoca del porto di fucile per uso caccia ex art. 43 TULPS emanati rispettivamente dal Prefetto e dal Questore della Provincia di Forlì-Cesena.

Invero, l’acclarata legittimità del provvedimento di ammonimento emanato dalla Questura esclude il dedotto vizio di invalidità derivata degli atti sopra citati, che lo hanno posto a loro esclusivo fondamento. La situazione conflittuale in ambito familiare ivi documentata è infatti incompatibile con i requisiti di affidabilità richiesti dalla legge al soggetto autorizzato alla detenzione o al porto di armi.

5. Per le ragioni che precedono, l’appello deve essere respinto.

 6. Nulla è da prevedersi sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’Amministrazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente

pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della parte appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2022 con l’intervento dei magistrati:

Michele Corradino, Presidente, Estensore Massimiliano Noccelli, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere

IL PRESIDENTE, ESTENSORE Michele Corradino

IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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