Il datore può decidere il periodo di fruizione ma deve tenere conto degli interessi del lavoratore. Le ferie senza preavviso comportano l’obbligo di reintegrare il monte ore.
Capita in parecchie aziende, piccole e grandi, soprattutto quando ci si avvicina alla fine dell’anno o ai periodi estivi: il datore di lavoro spinge, e talvolta costringe, i suoi dipendenti a prendere dei giorni di ferie ancora non goduti e neppure chiesti spontaneamente dal lavoratore, che magari avrebbe preferito fruirne in un altro periodo. Ma si possono imporre le ferie?
Ci sono dei casi di chiusura programmata e obbligata dell’attività aziendale (ad esempio, per due settimane nel mese di agosto) che di fatto comportano le “ferie forzate” per tutti i dipendenti; ma, al di là di questi casi, il principio di fondo – di buon senso, prima ancora che giuridico – è quello secondo cui i periodi di ferie andrebbero sempre concordati tra l’impresa e il suo personale, tenendo conto delle rispettive esigenze, fermo restando che le ferie sono un diritto irrinunciabile di ogni lavoratore dipendente.
Ma il capo è pur sempre la locomotiva, mentre i lavoratori sono i vagoni: è l’impresa che detta le strategie di produzione e organizzazione aziendale (è evidente che gli addetti non possono prendere tutti le ferie nello stesso periodo, altrimenti non resterebbe nessuno a coprire i turni), ma nel farlo deve sempre considerare le necessità dei lavoratori, che devono poter godere del congruo periodo di “effettivo ristoro” che gli spetta.
Quello che abbiamo appena esposto sembra un criterio evanescente, eppure aiuta a risolvere parecchi casi concreti: ad esempio, di recente la Cassazione [1] ha risolto in questo modo una vertenza sorta in un’azienda industriale che aveva messo in ferie “a sorpresa” buona parte del personale. Questo aveva impedito ai lavoratori di organizzarsi, programmando le vacanze. Quindi il principio istintivo secondo cui il lavoratore propone le ferie e il datore di lavoro le dispone non è sempre valido, ma deve essere contemperato con altri fattori più profondi e che tengono conto dello scopo per cui le ferie spettano e devono essere concesse.
Indice
Chi decide le ferie e con quale criterio?
Le ferie sono così importanti che è la stessa Costituzione a disciplinarle: l’art. 36 sancisce che ogni lavoratore ha diritto al riposo settimanale e alle ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi. Ma in concreto chi decide il calendario delle ferie? La legge, all’art. 2109 del Codice civile, detta i criteri di massima: il periodo annuale di ferie retribuito deve essere «possibilmente continuativo» (dunque non frazionato) e va collocato «nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro».
È il datore di lavoro, quindi, a decidere i periodi di fruizione delle ferie, ma questo suo potere non è indiscriminato, perché trova un limite nelle esigenze dei lavoratori dipendenti. In concreto, il datore di lavoro può stabilire come distribuire nel calendario i periodi di ferie spettanti a ciascun dipendente, ma deve sempre:
- tenere conto sia delle esigenze dell’impresa sia degli interessi dei lavoratori (altrimenti eserciterebbe il suo potere in modo arbitrario e dunque illegittimo);
- assicurare che almeno il periodo minimo di 2 settimane di ferie venga fruito nello stesso anno di maturazione e non oltre (ricordiamo che le ferie annuali minime sono pari a 4 settimane);
- fare in modo che le ferie rimanenti siano comunque godute entro e non oltre i 18 mesi successivi (salve diverse previsioni dei contratti collettivi);
- comunicare al lavoratore, con adeguato anticipo, il calendario dei periodi di ferie predisposti.
In sintesi, il datore di lavoro ha il potere di stabilire i periodi di ferie, perché ciò rientra nell’ambito del suo potere organizzativo e direttivo; ma ai dipendenti deve essere riconosciuta la facoltà di indicare e proporre l’arco temporale in cui desiderano fruire del riposo annuale. Quindi il datore di lavoro ha l’ultima parola sulla distribuzione delle ferie, ma prima di decidere deve sempre instaurare un dialogo con il personale.
Ferie forzate e a sorpresa: sono legittime?
Abbiamo appena visto che il datore di lavoro, tra i vari obblighi, ha anche quello di comunicare preventivamente ai dipendenti i periodi stabiliti per il godimento delle rispettive ferie. Ma questo criterio non sempre viene rispettato, e allora ci si domanda se il collocamento in ferie forzate e a sorpresa sia legittimo o meno, e come reagire in questi casi.
La buona fede e la correttezza devono presidiare il rapporto di lavoro da ambo le parti e perciò non è consentito al datore imporre a suo piacimento determinati periodi di ferie ai dipendenti senza cercare di concordarli prima con loro, o addirittura mettendoli in ferie all’improvviso e senza nemmeno preavvisarli. In questo modo non verrebbe consentito loro di organizzarsi per tempo e di godere del necessario riposo psico-fisico. Ecco perché la maggior parte dei contratti collettivi di lavoro prevede precisi termini per la richiesta, la concessione e la comunicazione dei periodi di ferie; se non vengono rispettati ci sono delle violazioni.
Ferie imposte senza preavviso: conseguenze
La Cassazione [2] si è occupata di una vicenda in cui i lavoratori di una grande azienda, che li aveva collocati in cassa integrazione, avevano scoperto a posteriori, leggendo la busta paga, che alcune giornate erano state calcolate come riposi fruiti. Non era vero e in ogni caso non avevano chiesto le ferie e nessuno li aveva preavvisati. Così hanno proposto ricorso al giudice del lavoro per ottenere la reintegra del monte ore. È una sorta di risarcimento in forma specifica, che è previsto proprio per ristorare i lavoratori che hanno avuto ferie “inutili” in quanto la mancata comunicazione preventiva gli ha impedito di programmare al meglio quei periodi di riposo.
Nella causa di lavoro l’azienda si è difesa sostenendo di aver effettuato una comunicazione alla rappresentanza sindacale unitaria, ma quella tesi è stata bocciata dai giudici: occorreva una comunicazione diretta, indirizzata ai singoli lavoratori. E non è valso neppure invocare la «prassi aziendale» secondo cui solitamente i lavoratori fruiscono delle ferie residue prima di essere messi in cassa integrazione: mancava la prova specifica che quel comportamento avesse carattere generale e fosse applicato di consueto nei confronti di tutti i dipendenti.
La conseguenza è stata la condanna del datore di lavoro a reintegrare il monte ore di riposi e ferie, che era stato indebitamente alterato e decurtato da quelle ferie unilateralmente disposte e non preventivamente comunicate. La decisione della Suprema Corte conferma i principi che abbiamo esposto: il datore di lavoro non può imporre le ferie a suo piacimento senza prima interpellare il personale.
Approfondimenti
- Ferie imposte dall’azienda: esiste un limite?;
- Quanto tempo prima devono essere comunicate le ferie?;
- Periodo di godimento delle ferie: ultime sentenze.