Posso conoscere il reddito della mia ex moglie visto che ogni mese mi vengono detratti i soldi per il suo mantenimento?
Se il coniuge ha un regolare impiego, allora sarà possibile rivolgersi al tribunale con istanza di revisione degli obblighi nascenti dalla separazione e chiedere al giudice di ordinare al datore di lavoro, all’Agenzia delle Entrate oppure all’Inps di esibire la documentazione dalla quale si evincono i redditi.
In pratica, occorre fare istanza di modifica delle condizioni della separazione o del divorzio presso lo stesso tribunale che ha emanato la sentenza (di separazione o di divorzio), chiedendo al giudice di ordinare a terzi soggetti (datore di lavoro, ecc.) di produrre in giudizio la documentazione da cui si evince che il coniuge ha redditi propri.
Addirittura, secondo la giurisprudenza (Tar Sicilia, sez. Catania, sent. n. 29 del 13.01.2016), è possibile effettuare una ricerca dei redditi del coniuge senza ricorrere al tribunale, se il soggetto interessato a ottenere i dati reddituali dell’ex non dispone della documentazione necessaria per dimostrare il tenore di vita di quest’ultimo e ciò serve per tutelare le proprie ragioni.
In un caso del genere, la richiesta può essere rivolta direttamente all’Agenzia delle Entrate che deve garantire all’interessato all’accesso all’anagrafe tributaria, la banca dati del Fisco dove sono riportati tutti i rapporti finanziari di ogni cittadino. Dall’accesso a tale database è possibile evincere non solo per chi lavora l’ex coniuge, ma anche se ha conti in banca o alle poste.
Secondo la sentenza sopra citata, la Pubblica Amministrazione deve garantire ai cittadini la consultazione telematica delle proprie banche dati, in modo da consentire la tutela giudiziaria dei diritti anche nelle cause di separazione e divorzio.
L’amministrazione deve rispondere entro trenta giorni, senza dunque aspettare che sia il giudice civile a disporre indagini in corso di causa. E ciò perché il coniuge convenuto in giudizio ha un interesse diretto ad accedere ai documenti in possesso dell’Agenzia delle Entrate in base alla legge sul procedimento amministrativo (L. n. 241/90).
Ciò che deve fare l’interessato, senza dover necessariamente proporre richiesta al giudice nel corso del giudizio, è presentare un’istanza di accesso agli atti amministrativi all’Agenzia delle Entrate, la quale ha l’obbligo di rispondere entro 30 giorni.
La domanda si presenta in carta semplice, esente da bolli e consegnata a mani, con raccomandata a.r. o con posta certificata (pec).
Nell’istanza è necessario precisare quali sono i motivi che inducono alla richiesta. Sarà quindi opportuno produrre la sentenza che stabilisce la separazione/divorzio e l’obbligo di mantenimento.
In caso di mancato riscontro o di diniego, è possibile proporre opposizione al Tar.
Le cose si complicano nel caso di “lavoro in nero”: in questa ipotesi, infatti, l’istanza all’Agenzia delle Entrate potrà far emergere solamente i rapporti bancari, ma di certo non la busta paga, visto che formalmente non risulterà al fisco.
In questa circostanza, si dovrà agire in tribunale fornendo prova dei redditi percepiti e non dichiarati con qualsiasi mezzo. Sempre facendo istanza di modifica delle condizioni della separazione o del divorzio, si potranno ad esempio citare testimoni che possano riferire con certezza che il coniuge mantenuto in realtà lavora o che, comunque, possiede entrate proprie (donazioni, rendite, ecc.) o è mantenuto da altri (un nuovo compagno, ad esempio).
È altresì possibile produrre qualsiasi altro mezzo di prova, come ad esempio le foto che immortalano il coniuge mentre si reca sul posto di lavoro (in nero) oppure tutto ciò da cui si desume il tenore di vita dell’ex, come ad esempio l’acquisto dell’auto nuova, di gioielli, ecc.
Il tribunale, sempre su istanza motivata di parte, può disporre degli accertamenti tributari sulla posizione reddituale del soggetto in questione, esattamente come visto sopra. Il problema però, come detto, è che dall’Anagrafe tributaria non risulterà il lavoro in nero.
È appena il caso di precisare che, nel caso in cui si decida di rivolgersi al tribunale, occorre l’assistenza di un avvocato.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Mariano Acquaviva