Questo sito contribuisce alla audience di
Diritto e Fisco | Articoli

Quando il lavoro è troppo stressante?

30 Dicembre 2022 | Autore:
Quando il lavoro è troppo stressante?

Sindrome di burnout e stress da lavoro correlato: tutti i sintomi, le manifestazioni e la richiesta di risarcimento del danno. 

Non poche sentenze riconoscono al dipendente il diritto al risarcimento del danno quando il lavoro è troppo stressante. L’aspetto più problematico però per quest’ultimo è il cosiddetto «onere della prova» ossia la dimostrazione della fondatezza delle proprie pretese. Difatti, al ricorrente non basta dedurre di essere stato sottoposto a superlavoro. Egli deve anche provare la malattia che, in forza di ciò, ha contratto e che essa è derivata unicamente dall’ambiente lavorativo e non da altri fattori esterni o personali (ad esempio un carattere ansioso o stacanovista).  

In particolare, secondo la Cassazione [1], il lavoratore è tenuto a fornire la prova dello svolgimento della prestazione secondo modalità nocive e del fatto che proprio da tale circostanza è derivato un danno alla sua salute. Il datore di lavoro, che ha il dovere di assicurare la tutela dell’integrità fisica e morale del lavoratore, deve invece dimostrare – per difendersi – che la prestazione si è svolta con modalità normali, congrue e tollerabili per l’integrità psicofisica e la personalità del prestatore.

Detto ciò cerchiamo di vedere quando il lavoro si può considerare troppo stressante e quando si configura ciò che tecnicamente viene chiamata sindrome di burnout.

Lo stress da lavoro è una sindrome

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, lo stress da lavoro o da disoccupazione è una sindrome anche se non può essere considerato una malattia. Viene chiamata sindrome burnout. Secondo la descrizione disponibile sul sito internet dell’Organizzazione, il burnout è una sindrome conseguente a uno stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito con successo. È caratterizzato da tre elementi: 1) sensazione di mancanza di energie o spossamento; 2) incremento della distanza mentale dalla propria attività o senso di negatività correlato al lavoro svolto; 3) riduzione dell’efficacia professionale. 

L’Oms ha anche specificato che prima di diagnosticare a qualcuno il burnout occorre anche escludere altri disturbi che presentano sintomi simili come il disturbo dell’adattamento, l’ansia o disordini legati a paure o la depressione. Inoltre il burnout è una condizione che si riferisce solo a un contesto lavorativo e non può essere estesa ad altre aree della vita. L’Organizzazione mondiale della sanità non ha tuttavia stabilito quali sono le cure per trattare chi è affetto da questa sindrome.  

Come riconoscere lo stress causato dal lavoro?

Non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro devono considerarsi causate dal lavoro stesso; queste possono derivare anche da vari fattori quali il contenuto e l’organizzazione del lavoro, l’ambiente di lavoro, una comunicazione “povera” ecc.

I sintomi più frequenti sono:

  • l’affaticamento mentale;
  • la cefalea;
  • la gastrite;
  • l’insonnia;
  • la modificazione dell’umore;
  • la depressione e l’ansia;
  • le forme disparate di alopecia;
  • la dipendenza da farmaci.

Quali sono le cause dello stress sul lavoro?

I fattori “tradizionali” che causano stress possono essere:

  • il lavoro ripetitivo e arido;
  • il carico di lavoro e di responsabilità eccessivo o ridotto;
  • il rapporto conflittuale uomo-macchina;
  • i conflitti nei rapporti con i colleghi e i superiori;
  • i fattori ambientali (rumore, presenza di pubblico ecc.);
  • il lavoro notturno e la turnazione eccessiva.

Ai tradizionali fattori di rischio, inoltre, se ne affiancano oggi di nuovi, legati al rapporto persona-lavoro, agli aspetti relazionali e motivazionali, alla disaffezione, all’insoddisfazione, al malessere collegato al ruolo del singolo lavoro, alle relazioni con i colleghi e i capi, al rapporto con le tecnologie e con le loro continue evoluzioni.

I fattori psicopatogeni correlati all’ambiente di lavoro maggiormente ricorrenti possono essere identificati in:

  • senso di soggezione, di inferiorità, di sensazione propria a inadeguatezza rispetto al lavoro: la sensazione di non essere all’altezza del compito (per esempio, assegnato in fase di emergenza in cui si è coscienti di non avere formazione adeguata a quanto richiesto) determina disagio emotivo, ansia, frustrazione e stress in un ambiente conflittuale. Per alcuni, la reazione è rappresentata da fenomeni di rimozione, di fuga ed evitamento; per altri, l’incapacità di reagire si traduce in una nevroticizzazione dell’esperienza lavorativa. Il lavoro diventa, insopportabile e, con il tempo, si struttura una condizione nevrotica con sintomi depressivi, ansiosi e somatoformi esasperati dalle condizioni ambientali al contorno;
  • esperienze di umiliazione occasionali o continue: la reazione nei confronti dell’umiliazione può determinare senso di inferiorità, di incapacità, di frustrazione, di ansia, di depressione, di nevrosi. Il soggetto si sente ingiustamente colpito e la sua reattività può sconfinare perfino nella paranoia;
  • iperimpegno, carrierismo, voglia di emergere:­ l’eccessivo impegno nel lavoro (in cui decadono gli orari a causa dell’emergenza verificatasi) può provocare situazioni di stress caratterizzate da blocco, astenia, ansia, senso di insufficienza, depressione;
  • conflittualità nel lavoro: la conflittualità tra colleghi può essere responsabile di manifestazioni ansioso-depressive;
  • competitività nel lavoro:­ la competitività tra colleghi è fonte di ansia, di irritabilità, di frustrazione, di insonnia e di stress;
  • eccessiva responsabilizzazione:­ un eccessivo carico di responsabilità può determinare ansia, frustrazione, depressione, senso di insufficienza;
  • scarsa responsabilizzazione: la mancanza di impegni, ovvero l’inadeguatezza delle responsabilità può determinare ansia, frustrazione, depressione, nevrosi;
  • turnazione eccessiva: l’alterazione dei ritmi circadiani, dovuta all’alternanza dei turni, può alterare l’omeostasi psicofisica del soggetto, alla quale seguono sintomi di ansia, di frustrazione, di malessere, di stress;
  • mobilità: gli spostamenti, soprattutto quando impongono un pendolarismo del lavoratore, possono essere responsabili di disturbi quali ansia, stress, somatizzazioni depressive. Un esempio calzante è il caso in cui il lavoratore, ormai senza più neanche l’abitazione, debba “rifugiarsi” in alloggi lontani dal posto di lavoro al quale deve presentarsi quotidianamente;
  • rumore, affollamento dell’ambiente lavorativo (interno ed esterno), ristrettezza dell’ambiente: queste condizioni socio-ambientali spesso si riflettono sullo psichismo dei lavoratori che possono andare incontro a disturbi somatoformi, frustrazione, ansia, stress.

note

[1] Cass. Sez. Lav., 28 novembre 2022, n. 34968 

Autore immagine: depositphotos.com


Sostieni laleggepertutti.it

Non dare per scontata la nostra esistenza. Se puoi accedere gratuitamente a queste informazioni è perché ci sono uomini, non macchine, che lavorano per te ogni giorno. Le recenti crisi hanno tuttavia affossato l’editoria online. Anche noi, con grossi sacrifici, portiamo avanti questo progetto per garantire a tutti un’informazione giuridica indipendente e trasparente. Ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di andare avanti e non chiudere come stanno facendo già numerosi siti. Se ci troverai domani online sarà anche merito tuo.Diventa sostenitore clicca qui

Lascia un commento

Usa il form per discutere sul tema (max 1000 caratteri). Per richiedere una consulenza vai all’apposito modulo.

 


NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA

Canale video Questa è La Legge

Segui il nostro direttore su Youtube