Cosa fare per distaccarsi dal riscaldamento centralizzato?


Autorizzazioni, perizia e spese che deve affrontare chi si dota di un impianto di riscaldamento autonomo.
Distaccarsi dal riscaldamento condominiale e dotarsi di un proprio impianto autonomo è assai semplice. Come si vedrà a breve, non è necessario il consenso del condominio, ma una semplice e preventiva comunicazione all’amministratore. È tuttavia necessario dimostrare che i lavori non causino danni o aggravi di spesa agli altri condomini, ragion per cui è indispensabile dotarsi di una perizia.
Vediamo dunque, più da vicino, come fare per distaccarsi dal riscaldamento centralizzato e dotarsi di un proprio impianto di riscaldamento autonomo.
Indice
Vantaggi e svantaggi del distacco dal riscaldamento centralizzato
Dotarsi di un impianto di riscaldamento autonomo, distaccandosi da quello centralizzato del condominio, offre numerosi vantaggi: non solo la possibilità di controllare meglio i consumi ma anche di evitare il distacco dell’utenza in caso di morosità. A volte può infatti succedere che, per colpa di uno o più condomini non in regola con i pagamenti, l’amministratore non possa pagare le fatture alla società fornitrice del gas, determinando così la sospensione del servizio.
Può anche avvenire che, in presenza di una morosità che perdura da oltre sei mesi, l’amministratore sospenda al condomino moroso l’utilizzo di quei servizi comuni suscettibili di godimento separato come appunto il riscaldamento.
Dall’altro lato però il distacco ha degli svantaggi. C’è innanzitutto il costo di acquisto dell’impianto che deve essere ammortizzato negli anni. In secondo luogo, chi si distacca deve continuare a pagare alcune delle spese per l’impianto centralizzato. Quest’ultimo infatti resta comunque di proprietà comune, anche del condomino distaccatosi, il quale potrebbe anche, in un futuro, decidere di dismettere l’impianto autonomo per tornare a quello condominiale.
Cosa deve pagare chi si distacca dall’impianto di riscaldamento condominiale?
L’articolo 1118 ultimo comma del Codice civile stabilisce che un condomino può rinunciare all’utilizzo di un impianto di riscaldamento o di condizionamento centralizzato nell’edificio in cui vive, a condizione che la rinuncia non causi notevoli squilibri di funzionamento o aumenti di spesa per gli altri condòmini. Se decide di fare questa scelta, il condomino sarà comunque tenuto a pagare le spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma (ossia per mantenerlo in buone condizioni e conforme alle normative). Inoltre dovrà corrispondere una quota dei consumi pari per la dispersione del calore dai tubi (i cosiddetti “consumi involontari”).
Ci vuole l’autorizzazione per distaccarsi dal riscaldamento comune?
Ciascun condomino può distaccarsi dall’impianto termico centralizzato senza dover prima chiedere il consenso all’assemblea. Ma deve innanzitutto darne comunicazione all’amministratore prima dell’avvio dei lavori; in secondo luogo deve dimostrare all’assemblea che il distacco sia legittimo ossia – come anticipato sopra – non comporti notevoli squilibri di funzionamento all’impianto comune o aumenti di spesa per gli altri condomini. Come fa a dimostrare tale circostanza? Attraverso una perizia che confermi la bontà dell’impianto e l’assenza di alcun impatto sugli altri condomini. Le perizia va ovviamente presentata in assemblea. A farlo può essere lo stesso condomino o, per suo conto, l’amministratore.
Solo così l’assemblea può esonerare il condomino distaccatosi dai cosiddetti “consumi volontari” (che si distinguono dai consumi involontari relativi alla dispersione del calore dai tubi).
Distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato è un diritto?
Distaccarsi dall’impianto centralizzato si configura quindi come un vero e proprio diritto che il condominio non potrebbe giammai limitare, salvo diversa previsione contenuta in un regolamento approvato all’unanimità. La legge 220/2012 ha modificato l’originaria formulazione dell’articolo 1118 del Codice civile, introducendo il quarto comma, che consente appunto al condomino di distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento a condizione che tale intervento non comporti notevoli squilibri di funzionamento dell’impianto o aggravi di spesa per gli altri condòmini. Senonché – non solo sotto il profilo processuale, ma anche nei confronti dell’assemblea – l’onere probatorio circa la legittimità del distacco grava sul condomino che vuole distaccarsi, a norma dell’articolo 2697 del Codice civile e deve essere assolto con apposita perizia.
Solo nel caso in cui l’assemblea condominiale abbia autorizzato il distacco dall’impianto comune sulla base di una propria autonoma valutazione della sussistenza dei presupposti di cui sopra [1] vi è l’esonero di chi si distacchi di dimostrare che la manovra non comporti notevoli squilibri e aggravi di spesa. In questo modo è possibile rendere edotti i condòmini di qualsiasi attività che vada a incidere sulle parti comuni, valutando la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto al distacco.
note
[1] Cass. sent. n. 22285/2016 e Trib. Roma, sent. n. 17980/2022.