Tribunale di Viterbo, sentenza 2 dicembre 2022, n. 1198
TRIBUNALE ORDINARIO di VITERBO IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice, Dr.ssa Maria Carmela Magarò, ha emesso la seguente SENTENZA
Nella causa civile iscritta al n. (omissis) del ruolo generale affari contenziosi dell’anno 2021 e rimessa in decisione all’udienza del 20.09.2022 vertente
tra
(omissis) S.R.L., rappresentata e difesa dall’avv. (omissis), elettivamente domiciliata presso il suo
studio in (omissis)
CONDOMINIO (omissis), rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente dagli Avv.ti
contro
(omissis), elettivamente domiciliato presso il loro studio in (omissis)
OGGETTO: Opposizione a decreto ingiuntivo
CONCLUSIONI DELLE PARTI
OPPONENTE
Le parti concludevano come da verbale dell’udienza di precisazione delle conclusioni.
IN FATTO E IN DIRITTO
Omesso lo svolgimento del processo, ai sensi del nuovo testo dell’art. 132, comma 2 nr. 4 c.p.c. introdotto dall’art. 45, comma 17 legge nr. 69 del 2009, appare opportuno ripercorrere succintamente le domande e le eccezioni proposte, prima di procedere alla stesura della motivazione.
La (omissis) S.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (omissis) emesso da questo Tribunale il (omissis) intimante il pagamento della somma di € 98.719,88, oltre interessi come da domanda nonché delle spese di procedura; deduceva che la “Comunione” aveva intrapreso tre ulteriori procedimenti monitori dinnanzi a codesto Tribunale, rispettivamente iscritti ai nn. R.G. (omissis) ed aventi ad oggetto le spese condominiali afferenti alle annualità 2018, 2019 e 2020. Rilevava la improponibilità e/o inammissibilità della domanda di ingiunzione proposta ai sensi dell’art. 633 c.p.c. ad opera della ‘COMUNIONE’ per violazione del divieto di parcellizzare il credito, determinando la moltiplicazione delle spese della procedura di ingiunzione oltre che delle competenze di lite, nonché, l’aggravio della posizione del debitore, in dispregio degli obblighi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. ed ancor prima, dei principi del giusto processo e di economia processuale.
Deduceva inoltre che, il decreto ingiuntivo opposto doveva ritenersi affetto da nullità, per difetto dei presupposti richiesti dall’art. 633 c.p.c., tra i quali, quello della prova scritta del credito azionato e della liquidità.
Detto ciò, contestava l’esistenza del credito dell’odierna opposta, evidenziando l’inidoneità della documentazione offerta a costituire prova della pretesa creditoria.
Chiedeva, pertanto, previa sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo opposto di: “Disporre la declaratoria di nullità/revoca del decreto ingiuntivo n. (omissis), reso dal Tribunale di (omissis) in data (omissis), nel procedimento iscritto al n. (omissis) R.G., ad istanza del Condominio (omissis) per tutte le ragioni illustrate; nel merito: per tutte le motivazioni esposte in narrativa,
OPPOSTO
dichiarare inammissibili e comunque rigettare tutte le domande proposte dal Condominio (omissis) nei confronti della (omissis) S.r.l. in quanto infondate in fatto ed in diritto […]”.
Si costituiva il Condominio (omissis), rilevando che la (omissis) S.r.l. possedeva all’interno dello stabile più di duecento unità immobiliari, con una caratura millesimale di ben oltre i 500 millesimi. Deduceva che l’odierna opponente da anni non contribuiva alle spese per la conservazione delle parti comuni non partecipando più all’approvazione dei bilanci annuali, l’ultimo bilancio riguardava il preventivo della gestione ordinaria 2015. Per ovviare alla situazione di default veniva inserito nel regolamento contrattuale un’apposita clausola che statuiva l’obbligo di contribuire alle spese comuni secondo la ripartizione dell’ultimo bilancio consuntivo e o preventivo approvato, conferendo al riguardo all’Amministratore il potere di chiedere ai partecipanti, anche giudizialmente, il pagamento del dovuto nel caso in cui l’assemblea di comunione, regolarmente convocata per l’approvazione del bilancio consuntivo e o preventivo annuale, per più di tre volte consecutive non riusciva a costituirsi validamente e o a deliberare in merito. Rilevava inoltre che il frazionamento del credito si era esperito in quattro distinte procedure monitorie relativamente a quattro ben distinte annualità di bilancio.
Chiedeva, pertanto, in via preliminare il rigetto dell’istanza di sospensione, confermando l’esecutorietà del D.I. n. (omissis); nel merito il rigetto di ogni domanda proposta dall’opponente, condannando la parte attrice alla rifusione delle spese di giudizio nonché al risarcimento dei danni, da liquidarsi in via equitativa, ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
Instaurato il contraddittorio, venivano precisate le conclusioni e la causa era trattenuta in decisione. L’opposizione deve essere accolta.
Risulta invero fondata l’eccezione di improcedibilità dell’azione monitoria per violazione del divieto di frazionamento del credito. Al riguardo la Suprema Corte ha precisato che: “le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, benché fondati su differenti fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi, quando i menzionati fatti costitutivi si inscrivano in una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia, salvo che l’attore abbia un interesse oggettivo – il cui accertamento compete al giudice di merito – ad azionare in giudizio solo uno ovvero alcuni dei crediti sorti nell’ambito della suddetta relazione unitaria. La violazione dell’enunciato divieto processuale è sanzionata con l’improponibilità della domanda, ferma restando la possibilità di riproporre in giudizio la domanda medesima, in cumulo oggettivo, ex art. 104 c.p.c., con tutte le altre domande relative agli analoghi crediti sorti nell’ambito della menzionata relazione unitaria” (Cass. civ., Sez. 2, Ordinanza n. 14143 del 24/05/2021).
Tale orientamento, per il quale non sussiste una previsione normativa specifica, si fonda sul divieto dell’abuso del processo e degli strumenti processuali e quindi sulla violazione del canone della buona fede ed è volto ad evitare la sottoposizione di una parte ad una pluralità di azioni, di spese e di attività processuale, nell’ottica del contemperamento con l’interesse della controparte al soddisfacimento del proprio credito.
Nel caso di specie, risultano esperiti quattro diversi procedimenti monitori richiesti dal Condominio opposto per differenti annualità sulla base del bilancio del 2015 ed in forza di quanto previsto all’art. 10 del regolamento condominiale vigente, iscritti presso questo Tribunale ai nn. R.G. (omissis) ed aventi ad oggetto le spese condominiali afferenti alle annualità 2018, 2019 e 2020.
Dalla documentazione in atti, tuttavia, non emerge né è stata allegata la sussistenza di un interesse oggettivo alla trattazione disgiunta dei fatti oggetto di causa, che possa giustificare una parcellizzazione del credito derivante dalle obbligazioni condominiali afferenti alle annualità 2018, 2019, 2020 e 2021.
Oltretutto, occorre rilevare che le pretese creditorie poste a fondamento dei decreti ingiuntivi notificati si basano sulla delibera del 28 aprile 2015 avente ad oggetto l’approvazione del bilancio 2015 e che i procedimenti monitori sono stati intrapresi contemporaneamente.
In ragione di ciò va dichiarata la revoca del decreto ingiuntivo.
Restano assorbite le altre questioni, dovendosi prescindere da ogni valutazione di merito sull’esistenza del credito.
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza, con la precisazione che le medesime vengono liquidate secondo i parametri individuati con d.m. 55/14, essendo state depositate solo controversia, con esclusione dei compensi per la fase istruttoria che non ha avuto luogo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Viterbo, in composizione monocratica, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando sulla causa civile iscritta a R.G. n. (omissis), e vertente tra le parti di cui in epigrafe, così provvede:
• Revoca il decreto ingiuntivo n. (omissis) emesso dal Tribunale di Viterbo in data (omissis);
• Dichiara l’improponibilità della domanda proposta dal Condominio (omissis);
• Condanna la parte opposta a rimborsare alla parte opponente le spese di lite, che si liquidano in € 4300, oltre € 379,5 per spese ed oltre rimborso forfettario, iva e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Viterbo il 23.11.2022
IL GIUDICE
(Dr.ssa Maria Carmela Magarò)