Come sceglie il datore di lavoro chi licenziare?


Crisi d’azienda: l’imprenditore deve motivare perché intende licenziare solo i dipendenti di un settore.
Ti sarai probabilmente chiesto come sceglie il datore di lavoro chi licenziare quando, nello stesso reparto, operano altre persone che svolgono la tua stessa mansione. Quali sono, se esistono, i criteri che determinano l’individuazione del dipendente da licenziare? Come si decide quale lavoratore è in esubero? Cerchiamo di fornire alcuni chiarimenti in merito alla luce delle più recenti sentenze della Cassazione. È stata proprio la Cassazione infatti, come vedremo a breve, a colmare una lacuna legislativa. Difatti nulla viene previsto per i cosiddetti “licenziamenti individuali” mentre esiste un’apposita disciplina per i licenziamenti collettivi.
Prima però di entrare nel vivo del discorso, ricordiamo che i licenziamenti sono di tre tipi:
- licenziamento per giustificato motivo oggettivo: si tratta del licenziamento determinato da ragioni economiche, collegate cioè alla produzione e all’organizzazione dell’azienda. È quello che scatta in caso di crisi, sostituzione dei dipendenti con software o robot, ristrutturazione interna (anche se determinata dalla volontà di aumentare gli utili), cessazione delle mansioni o di un ramo d’azienda, esternalizzazione di uno o più compiti, ecc.;
- licenziamento per giustificato motivo soggettivo: è un licenziamento per motivi disciplinari, collegati cioè alla condotta gravemente colpevole del dipendente. Prima dell’interruzione del rapporto di lavoro è necessario rispettare il periodo di preavviso a cui è possibile rinunciare versando all’altra parte una indennità;
- licenziamento per giusta causa: anche questo è un licenziamento per motivi disciplinari, tuttavia più gravi di quelli precedenti. In questo caso, la condotta del lavoratore è talmente intollerabile da non consentire la prosecuzione del rapporto neanche per un giorno; pertanto non viene previsto il preavviso (perciò si parla anche di “licenziamento in tronco”).
Indice
Come vengono scelti i lavoratori in caso di licenziamento di massa
Ci siamo lasciati con questa domanda: come sceglie il datore di lavoro i dipendenti da licenziare? La legge detta una specifica disciplina solo con riferimento ai cosiddetti licenziamenti collettivi, quelli cioè che interessano un’azienda con almeno 16 dipendenti. In particolare, viene stabilito che, qualora nell’arco di 120 giorni si effettuino almeno cinque licenziamenti per motivi economici, nella stessa unità produttiva o più unità produttive nell’ambito però della stessa provincia, si debbano rispettare appositi criteri di scelta. Questi criteri di scelta vanno concordati in anticipo con i sindacati ma, in mancanza di un accordo, bisogna dare rilievo ai i criteri di scelta individuati dalla legge, ossia:
- esigenze tecniche, produttive ed organizzative aziendali;
- carichi di famiglia;
- anzianità di servizio.
Come viene scelto il dipendente in caso di licenziamento singolo?
Nel caso di licenziamento individuale, la legge non fissa dei predeterminati criteri di scelta né impone al datore di concordare previamente il licenziamento con i sindacati. Dunque l’azienda è libera di scegliere quale dipendente mandare a casa. Ma in realtà non si tratta di una scelta libera. Infatti essa deve essere pur sempre improntata a un criterio di buona fede e non può mai essere dettata da ragioni discriminatorie.
È chiaro però che se il licenziamento viene determinato per cessazione di una mansione ed a questa è preposto un solo lavoratore, non si pongono problemi. Salvo solo il rispetto del cosiddetto repêchage, ossia l’obbligo del datore di lavoro, prima di risolvere il contratto di lavoro, di verificare se può adibire il dipendente ad altre mansioni che siano libere e compatibili con la sua formazione, anche se di livello inferiore.
Il problema della scelta del dipendente da mandare a casa si pone laddove vi siano più dipendenti con funzioni tra loro intercambiabili, ossia identiche. A quel punto sorge effettivamente la necessità di individuare quale di questi licenziare per evitare che la scelta del datore possa essere discriminatoria o comunque troppo arbitraria.
Secondo la giurisprudenza, anche in assenza di una norma specifica, il datore deve rispettare i tre criteri previsti per i licenziamenti collettivi ossia:
- esigenze tecniche, produttive ed organizzative aziendali;
- carichi di famiglia;
- anzianità di servizio.
I Supremi giudici hanno precisato [1] che in tema di licenziamento collettivo qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o a uno specifico settore dell’azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti a un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale. Tuttavia il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da licenziare o porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a tale reparto o settore se essi siano idonei – per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda – a occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti. Risultato: è illegittima la scelta dei lavoratori solo perché impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative.
Crisi d’azienda: l’imprenditore deve motivare perché intende licenziare solo i dipendenti di un settore
Secondo la giurisprudenza è arbitraria e quindi illegittima, ogni decisione del datore di lavoro diretta a limitare l’ambito di selezione a un singolo settore o ad un reparto, se ciò non sia strettamente giustificato dalle ragioni che hanno condotto alla scelta di riduzione del personale.
Come difendersi
In tal caso il dipendente può imputare il licenziamento per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali se la comunicazione fa generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere.
A tal fine egli deve inviare, entro 60 giorni dal ricevimento del licenziamento, una lettera raccomandata a/r o una Pec al datore in cui gli comunica l’intenzione di opporsi al licenziamento (anche tramite un avvocato o un sindacato) e, nei 180 giorni da tale invio, depositare il ricorso in tribunale.
note
[1] Cass. ord. n. 2245/23