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Come funziona la legge 104 per chi lavora di notte?

26 Gennaio 2023 | Autore:
Come funziona la legge 104 per chi lavora di notte?

Non viola la 104 chi si allontana di giorno dalla casa del parente disabile se deve svolgere il turno di notte.

Una recente e interessante ordinanza della Cassazione spiega nel dettaglio come funziona la legge 104 per chi lavora di notte. Il problema si pone per tutti coloro il cui turno è a cavallo tra due diverse giornate, come succede a chi presta servizio oltre la mezzanotte. 

Per comprendere meglio l’importanza del precedente, sarà bene ricorrere a un esempio pratico.

Ipotizziamo il caso di un dipendente, tenuto a svolgere il turno di notte, che chieda al proprio datore un giorno di permesso retribuito per come previsto dalla legge 104. Come noto tale legge riconosce, a chi assiste un parente disabile, la possibilità di assentarsi dal lavoro per tre giorni al mese, a patto però che, durante tale arco di tempo, rimanga a completa disposizione del portatore di handicap. Nei giorni di permesso, dunque, non è consentito assentarsi o svolgere altre attività di carattere personale, salvo in caso di urgenza e comunque per breve tempo (ad esempio per fare la spesa). 

Il lavoratore che, nei giorni di permesso, anziché stare a casa del parente malato per prestargli assistenza, faccia altro può essere licenziato per giusta causa. E il datore di lavoro può procurarsi le prove del comportamento illecito ricorrendo ai pedinamenti di un investigatore privato, ritenuti dalla Cassazione più che legittimi.

Torniamo al nostro esempio. Potrebbe sorgere, a questo punto, un dubbio: quando un lavoratore svolge un turno lavorativo a cavallo tra due giorni – come appunto nel caso di lavoro notturno – in quali ore della giornata deve stare a casa del portatore di handicap per non doversi poi difendere da un’accusa di abuso dei permessi 104? Come funziona la legge 104 per chi lavora di notte? 

In linea generale, secondo la giurisprudenza non è richiesta una stretta coincidenza tra l’orario di servizio e l’assistenza al parente disabile. Sicché, ad esempio, chi lavora dalle 11 del mattino alle 6 del pomeriggio commetterebbe illecito se alle 10.30 dovesse essere trovato in palestra anziché a casa del portatore di handicap. 

Questa regola però non vale in presenza di un dipendente che svolga lavoro notturno. Secondo la Corte, nel caso in cui il turno lavorativo si protragga a cavallo di due giornate, per verificare la corretta fruizione del permesso accordato, bisogna avere a riferimento il periodo in cui l’attività lavorativa deve essere prestata. Bisogna cioè tenere conto del fatto che trattandosi di turno notturno, durante le ore diurne nessuna attività lavorativa può comunque essere richiesta al dipendente il quale, pertanto, non è tenuto a stare a casa del disabile nelle ore in cui non avrebbe dovuto lavorare. 

In buona sostanza, chi lavora di notte deve prestare assistenza al disabile con la 104 di notte, ossia nelle ore in cui avrebbe altrimenti lavorato, e non anche di giorno. 

Nel caso di specie, un lavoratore aveva chiesto un permesso dal lavoro di un giorno: proprio il giorno in cui era stato assegnato a un turno da svolgersi nelle ore notturne (dalle 22 alle 6). Egli però si era allontanato dal domicilio dove si trovava l’invalido da assistere: lo aveva fatto nelle ore diurne precedenti a quelle in cui avrebbe dovuto lavorare (tanto era stato accertato dai controlli effettuati da una agenzia investigativa per ciò incaricata dalla datrice di lavoro). Secondo la Cassazione un comportamento del genere non può essere considerato abuso dei permessi 104 e quindi non è causa di licenziamento.

Il principio sancito dai giudici è il seguente: «In materia di lavoro, non viola la legge 104 chi si allontana di giorno dalla casa dell’assistito se deve svolgere il turno di notte. È escluso pertanto il licenziamento perché il dipendente non si è sottratto agli obblighi di legge quando le cure continuative sono state prestate a cavallo di due giornate diverse».


note

[1] Cass. ord. n. 2235/2023.

Cass. civ., sez. lav., ord., 25 gennaio 2023, n. 2235

Presidente Tria – Relatore Garri

Rilevato che:

1. U.S. impugnò il licenziamento intimatogli da VIS s.p.a. il 14.11.2016 in relazione all’uso improprio del permesso fruito il 22.10.2016 ai sensi della L. n. 104 del 1990, art. 33 chiedendone l’annullamento e insistendo per la reintegrazione nel posto di lavoro o in subordine per la tutela indennitaria.

2. Il Tribunale di Taranto sia in sede sommaria che all’esito dell’opposizione rigettò le domande avendo accertato che il licenziamento era legittimo.

3. La Corte di appello di Lecce, sezione di Taranto, rigettò il reclamo confermando la decisione impugnata.

3.1. La Corte territoriale ha ritenuto confermato l’abuso del permesso fruito dall’U. nel senso dello sviamento della funzione assistenziale propria del permesso.

3.2. In particolare, il giudice di appello ha accertato che la condotta tenuta dal lavoratore – il quale durante il giorno si era assentato dal domicilio dell’invalida cui doveva prestare assistenza dalle 9,30 alle 13,30 e poi dalle 17,00 alle 19,23 – integrasse l’abuso contestato e costituisse una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede realizzando una indebita percezione dell’indennità da parte dell’istituto previdenziale.

3.3. Pur dando atto del fatto che l’assistenza all’invalido può essere prestata con svariate modalità, la Corte ha tuttavia evidenziato che le caratteristiche dell’invalidità dell’assistita – gravemente obesa ed incapace di muoversi da sola sicché necessitava di assistenza per ogni cosa, assistenza che il lavoratore, per la sua prestanza, era in grado di offrire anche da solo – comportavano che questi dovesse rimanere nei pressi della stessa per assisterla ed avrebbe potuto allontanarsi solo per brevissimi periodi. Peraltro, il giudice di secondo grado ha evidenziato che l’assenza si era protratta praticamente per l’intera giornata, escluso l’orario di pranzo e di cena, e che era risultato che durante le ore di assenza erano state disbrigate incombenze diverse.

3.4. La Corte del reclamo, poi, ha ritenuto che la spiegazione data dal ricorrente – di essere stato impegnato nella ricerca di un letto antidecubito – non era credibile tenuto conto del fatto che i giri erano stati fatti a bordo di un mezzo intestato ad una società di un parente, la Servitek, e che quest’ ultimo era a sua volta socio al 50% della società Meditek, della moglie dell’U. .

4. Per la Cassazione della sentenza ha proposto ricorso U.S. affidato a quattro motivi ed ulteriormente illustrato da memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.. La VIS s.p.a. ha depositato procura al solo fine di partecipare alla discussione della causa e poi, fissata per la decisione in camera di consiglio, ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.. Quindi, rinviata a nuovo ruolo la decisione in relazione al sopravvenuto impedimento del relatore, la causa è stata fissata per la decisione all’udienza odierna.

Considerato che:

5. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione della L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

5.1. Deduce il ricorrente di aver allegato che il giorno 22.10.2016 era stato assegnato al turno notturno, dalle 22,00 alle 6,00 e precisa, quindi, che aveva chiesto di beneficiare del permesso poiché doveva prestare assistenza all’invalida proprio nelle ore notturne. Rammenta inoltre che nella giornata del 22 ottobre era rientrato presso il domicilio alle 19,43 e che, da allora, non si era più mosso. Osserva che perciò aveva prestato assistenza all’invalida per tutte le otto ore in cui avrebbe dovuto svolgere la sua attività lavorativa utilizzando il permesso in maniera corretta. Deduce che la Corte territoriale, nel rigettare la sua domanda, non aveva tenuto conto del fatto che si trattava di un turno lavorativo posto a cavallo tra due giornate e sostiene che la L. n. 104 del 1992 deve essere interpretata nel senso che non deve essere escluso il periodo in cui il lavoratore avrebbe dovuto prestare servizio.

6. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata nuovamente la violazione e falsa applicazione della L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Sostiene il ricorrente che nel caso in cui, come nella specie, il turno lavorativo si protragga a cavallo di due giornate per verificare la corretta fruizione del permesso accordato si sarebbe dovuto valorizzare il periodo in cui l’attività lavorativa avrebbe dovuto essere prestata tenendo conto del fatto che trattandosi di turno notturno durante le ore diurne nessuna attività lavorativa gli poteva comunque essere richiesta.

7. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata poi la violazione e falsa applicazione della L. 5 febbraio 1992, n. 104, artt. 3 e 33 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. e si deduce che l’assistita era un’invalida grave e perciò necessitava di assistenza globale estesa a tutte le necessità anche collaterali e non necessariamente collegate all’assistenza alla persona (nella specie durante il giorno si era provveduto all’acquisto di piastrelle per eliminare umidità nella stanza dell’invalida e di un letto contro decubito).

8. Con l’ultimo motivo di ricorso, infine, è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e si deduce che l’istruttoria svolta, i cui esiti erano stati disattesi dal giudice di appello, aveva confermato le regioni dell’allontanamento dal domicilio dell’invalida da assistere. Ha evidenziato poi che solo alcuni dei testi escussi erano legati da un vincolo di parentela con il ricorrente e che comunque tale circostanza non era di per sé sufficiente a privare le loro dichiarazioni del crisma dell’attendibilità. Infine, ha ritenuto illogico il ragionamento della Corte di merito che ha disatteso tali evidenze sottolineando che vi erano altri modi per procurare all’invalida il letto antidecubito senza tuttavia chiarire come.

9. I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro intima connessione, sono fondati e devono perciò essere accolti restandone assorbito l’esame delle altre censure.

10. È noto che, a norma della L. n. 104 del 1992, art. 33, commi 3 e 7 il lavoratore che presti assistenza ad un familiare disabile ha diritto a tre giorni di permesso mensile. Tuttavia, l’assenza dal lavoro deve porsi in relazione causale diretta con tale assistenza senza che il dato testuale e la “ratio” della norma ne consentano l’utilizzo in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal dipendente per la detta assistenza. Il comportamento del dipendente che si avvalga di tale beneficio per attendere ad esigenze diverse integra l’abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell’Ente assicurativo ed ha rilievo anche ai fini disciplinari. Si tratta di condotta che priva il datore di lavoro ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente (cfr. Cass. 19/07/2019 n. 19580, 13/09/2016 n. 17968, 04/03/2014n. 4984).

11. Nel valutare la condotta del lavoratore, tuttavia, occorre tenere conto delle modalità con le quali la prestazione viene resa ed in particolare, con riguardo al caso in esame, dei tempi della stessa.

12. È condivisibile l’affermazione della Corte di merito che ha ricordato che l’assistenza può essere prestata anche svolgendo compiti che si risolvano in un’utilità per l’invalido e che, tuttavia, si deve tenere conto, ponendoli a raffronto, anche dei tempi di assistenza diretta prestata. Tuttavia, nel compiere tale operazione è necessario avere ben presente, nell’ambito dell’organizzazione del lavoro, se effettivamente durante il permesso dal lavoro sia stato sottratto tempo all’assistenza del disabile.

13. Ritiene, allora, il Collegio che nel caso in esame la Corte territoriale sia incorsa nella denunciata violazione di legge laddove – pur non essendo contestato in giudizio il fatto che il lavoratore aveva chiesto un permesso in relazione ad una giornata di lavoro in cui era stato assegnato ad un turno da svolgersi nelle ore notturne (dalle 22 p.m. alle 6 a.m.) – aveva ritenuto che l’essersi allontanato dal domicilio dove si trovava l’invalida da assistere nelle ore diurne immediatamente precedenti (tanto era stato accertato dai controlli effettuati da una agenzia investigativa per ciò incaricata dalla datrice di lavoro) costituisse uno sviamento della funzione assistenziale da svolgere nella giornata di permesso.

14. In tale prospettiva, pertanto, la Corte territoriale dovrà procedere ad un nuovo esame delle evidenze istruttorie per verificare se, effettivamente, tenuto conto dei modi e dei tempi della prestazione e delle esigenze assistenziali dell’invalida, il lavoratore con la sua condotta si sia sottratto agli obblighi di assistenza in relazione ai quali il permesso era stato accordato.

15. L’accoglimento dei primi due motivi assorbe l’esame delle altre censure.

16. In conclusione la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di appello di lecce in diversa composizione alla quale è demandata anche la regolazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di cassazione.


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