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Email non funzionante: come chiedere il risarcimento al provider

1 Febbraio 2023 | Autore:
Email non funzionante: come chiedere il risarcimento al provider

Malfunzionamento casella di posta elettronica: è possibile chiedere il risarcimento dei danni al fornitore del servizio gratuito?

Praticamente tutti hanno una casella di posta elettronica, cioè uno spazio personale mediante il quale è possibile inviare e ricevere (tramite internet) messaggi di qualsiasi contenuto e lunghezza. La maggior parte di questi indirizzi sono gratuiti, ad eccezione di quelli che offrono servizi personalizzati oppure delle pec (cioè della posta elettronica certificata). Con questo articolo ci occuperemo di un argomento specifico: vedremo cioè come chiedere il risarcimento al provider nel caso di email non funzionante.

Il quesito si è posto con particolare insistenza soprattutto all’indomani del grave malfunzionamento fatto registrare dai portali Virgilio e Libero, le cui email sono rimaste praticamente disattivate per una settimana, con grave disagio soprattutto di quanti utilizzano la posta per motivi di lavoro. Vediamo allora se, in caso di disservizi della casella di posta elettronica, si può chiedere il risarcimento al provider, cioè al fornitore.

Quando si può chiedere il risarcimento?

Secondo la legge italiana, è possibile chiedere il risarcimento in due ipotesi:

  • quando si è vittima di un illecito, cioè di una condotta ingiusta che provoca un danno. È il caso, ad esempio, del sinistro stradale o del vetro della finestra rotto da una pallonata. Si parla in questi casi di responsabilità extracontrattuale (o “aquiliana”);
  • quando un accordo non viene rispettato. In questa ipotesi si verifica una responsabilità contrattuale.

La differenza tra le due tipologie è chiara: mentre in caso di responsabilità extracontrattuale non sussiste alcun precedente vincolo tra danneggiante e danneggiato, nell’ipotesi di responsabilità contrattuale c’è invece un legame tra le parti nascente da un patto ancora in vigore.

Email non funzionante: c’è responsabilità contrattuale?

Nell’ipotesi di casella di posta elettronica non funzionante si verifica una forma di responsabilità contrattuale, visto che tra client (utente) e provider (fornitore del servizio) si stabilisce un vero e proprio accordo equiparabile a un contratto a tutti gli effetti.

Chi crea un account per ottenere un’email, infatti, sottoscrive un contratto in piena regola, accettandone tutte le condizioni.

Ciò vale anche nell’ipotesi in cui il servizio di posta elettronica sia concesso gratuitamente, senza alcun corrispettivo in cambio: la legge, infatti, ammette pacificamente l’esistenza di contratti gratuiti in cui solo una parte esegue una prestazione. Si pensi ad esempio al comodato, al mandato oppure al deposito.

In questi casi, peraltro, non significa che il provider non abbia alcun tipo di guadagno: questo infatti potrebbe derivare dalle inserzioni pubblicitarie che appaiono agli utenti quando accedono alla propria casella di posta.

Insomma: il provider, nel momento in cui permette l’attivazione gratuita di un account di posta elettronica, non fa di certo beneficenza, ma agisce comunque per un proprio tornaconto.

Possiamo quindi affermare che, nel caso di email non funzionante, sussiste responsabilità contrattuale in capo al provider.

Email non funzionante: spetta il risarcimento?

Il fatto che la propria casella di posta elettronica non sia più funzionante non attribuisce automaticamente il diritto ad avere il risarcimento dei danni: questi infatti vanno comunque provati da chi ne fa richiesta.

A questo punto bisogna distinguere gli account gratuiti da quelli a pagamento:

  • se la casella di posta elettronica è gratuita, in quanto il client non paga nulla, allora il risarcimento potrà essere ottenuto fornendo prova del danno derivante dal temporaneo disservizio. Si pensi ai professionisti che, a causa della disattivazione dell’account, hanno perso l’opportunità di leggere comunicazioni importanti (una bolletta da pagare, un atto da depositare, ecc.). A tal proposito si legga anche l’articolo dal titolo Prestazione gratuita: si può chiedere risarcimento danni?;
  • se la casella di posta elettronica è a pagamento (cosiddetti account business), allora il client avrà senz’altro diritto quantomeno al rimborso del prezzo pagato nel periodo di tempo in cui non ha potuto godere del servizio. Per quanto riguarda il risarcimento, occorre sempre darne prova.

Peraltro, la legge [1] stabilisce che, se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, il giudice può liquidarlo in via equitativa, cioè in base a una propria valutazione discrezionale (quasi in modo forfettario, insomma).

Disservizi email: come chiedere il risarcimento al provider?

Tanto chiarito sulla natura della responsabilità nel caso di email non funzionante, vediamo ora come chiedere il risarcimento al provider.

Innanzitutto, trattandosi (presumibilmente) di somme inferiori a 50mila euro, occorre effettuare un invito a partecipare alla procedura di negoziazione assistita: si tratta di una forma di conciliazione che la legge impone per ogni tipo di richiesta di pagamento inferiore alla soglia sopra menzionata.

L’invito deve essere notificato da un avvocato: ciò significa che chi intende chiedere il risarcimento al provider dovrà nominare un legale che curi questo adempimento.

Questa procedura non è obbligatoria se l’intestatario dell’email non è un professionista ma un privato cittadino: secondo la legge, la negoziazione assistita non è condizione di procedibilità nelle controversie tra consumatori e professionisti [2].

Se il tentativo di conciliazione fallisce, allora non resta che agire in giudizio. La competenza spetta al giudice di pace ovvero al tribunale a seconda dell’entità del risarcimento. A seguito della riforma Cartabia [3], il giudice di pace è competente per tutte le cause fino a 10mila euro [4].

Una volta avviato il processo, il cliente deve dimostrare:

  • di essere (stato) titolare di un account di posta elettronica (gratuito o a pagamento);
  • il disservizio imputabile al provider. Si pensi all’email che non funziona per uno o più giorni, oppure che non consente di inviare e/o di ricevere la posta;
  • il danno subito a causa del malfunzionamento.

Secondo il pacifico insegnamento della Suprema Corte [5], chi agisce per il risarcimento del danno deve soltanto provare la fonte del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il convenuto deve provare di aver adempiuto al proprio obbligo ovvero che la mancata prestazione è derivata da un fatto a lui non imputabile.

Provider: cosa deve fare per non pagare i danni?

Per andare esente da colpe il provider dovrà dimostrare al giudice che:

  • nessun malfunzionamento v’è stato, oppure;
  • il disservizio non è a lui imputabile.

Tuttavia, per il fornitore sarà quasi impossibile cercare di discolparsi, visto che eventuali attacchi hacker, bug, malware o malfunzionamenti vari dovrebbero comunque essere prevenuti da chi offre la casella di posta.

Tuttavia, il fornitore potrebbe dimostrare che il disservizio, pur essendoci stato, non ha provocato alcun danno all’utente: si pensi al down durato solo pochi minuti, oppure a quello protrattosi per più tempo ma che comunque ha consentito di recapitare alla casella temporaneamente non attiva i messaggi che le erano stati indirizzati.

Email non funzionante: quante sono le probabilità di ottenere il risarcimento?

Come anticipato nei precedenti paragrafi, ottenere dal provider il risarcimento per il mancato funzionamento dell’email è più agevole per quanti sono titolari di una casella di posta elettronica a pagamento (account business), i quali non solo potranno chiedere il rimborso dell’abbonamento ma saranno anche facilitati nel dimostrare l’uso professionale che della stessa email veniva fatto, col risultato che sarà più semplice provare il disagio patito dal disservizio al fine di ottenere un risarcimento, eventualmente liquidato in via equitativa.

Per le email semplici non a pagamento, invece, occorrerà fornire una prova più rigorosa del pregiudizio sofferto.

Ad esempio, i professionisti che si avvalgono dell’account ordinario per gli adempimenti lavorativi potranno dimostrare che lo stesso era stato comunicato all’ordine di appartenenza (degli avvocati, dei commercialisti, ecc.) e che, per via del disservizio, diversi messaggi non sono mai stati ricevuti oppure spediti.

Infine, pochissime chance esistono per i cosiddetti “account dormienti”, cioè per le email che giacevano inutilizzate da lungo tempo: per i titolari di tali indirizzi di posta elettronica fare causa al provider per ottenere il risarcimento è praticamente inutile.


note

[1] Art. 1226 cod. civ.

[2] Art. 3, d.l. 12 settembre 2014, n. 132 convertito con modificazioni dalla L. 10 novembre 2014, n. 162.

[2] D. lgs. n. 149/2022

[3] Art. 7 cod. proc. civ.

[4] Cass., Sez. un., sent. n. 13533 del 30 ottobre 2001.

Autore immagine: depositphotos


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