Settimana lavorativa corta, in Italia è realtà: ecco dove


Sono cinque le grandi aziende che hanno adottato la settimana lavorativa corta per semplificare la vita dei dipendenti e risparmiare sull’energia.
Un dipendente felice e soddisfatto del trattamento che l’azienda riserva a lui è un dipendente più laborioso: il concetto però, seppur semplice, non è chiaro a molti. A dimostrazione di ciò c’è il fatto che sono moltissime le aziende contrarie allo smart working, che preferiscono avere sotto controllo i lavoratori piuttosto che consentire loro di svolgere le stesse mansioni a casa, dove hanno la possibilità di gestire meglio tempi e vita privata, oltreché quella lavorativa.
Fortunatamente però ci sono altre realtà molto più all’avanguardia, che non solo parlano di lavoro da casa, ma che addirittura hanno optato per una settimana lavorativa più corta, che garantisce ai dipendenti giornate più lunghe ma, allo stesso tempo, più giorni liberi. Le aziende più scaltre hanno deciso di concedere ai dipendenti una giornata libera in più anche per risparmiare sui costi dell’energia richiesti per tenere aperta una struttura un giorno in più. In Italia la settimana lavorativa corta è ancora una realtà più unica che rara, che interessa principalmente multinazionali e grandi aziende.
Secondo l’analisi fatta dal Sole 24 ore, la contrattazione aziendale in alcuni casi si sta muovendo per rimodulare l’orario giornaliero dei dipendenti. Vediamo insieme le cinque aziende che in Italia stanno sperimentando questa nuova organizzazione.
La prima è Banca Intesa, che propone ai suoi dipendenti di lavorare nove ore al giorno per quattro giorni alla settimana, raggiungendo un monte ore settimanale di 36 al posto che di 27,5, a parità di retribuzione. I lavoratori possono scegliere liberamente se aderire o meno a questa proposta, concordando con il responsabile della propria divisione le modalità di svolgimento della settimana corta, che potrà essere adottata anche per singole settimane. Questa novità può essere compatibile anche con lo smart working, che l’azienda prevede per 120 giorni all’anno.
La seconda è Tria spa, azienda di Cologno Monzese (Mi) che dal 1954 è specializzata in tecnologie per il riciclo della plastica, con un centinaio di dipendenti tra Europa, Cina, Brasile e Stati Uniti. È stato siglato un accordo aziendale che prevede la sperimentazione da gennaio a luglio 2023 della riduzione dell’orario di lavoro da 40 a 36 ore settimanali. In questo modo il venerdì diventa giornata corta e tutti i dipendenti possono uscire alle 12. L’obiettivo finale è quello di ridurre la settimana a quattro giorni, con la cancellazione del venerdì lavorativo, portando a nove le ore giornaliere.
Desigual è la terza azienda che parla di settimana corda. Dalla fine del 2022, infatti, la casa spagnola ha previsto quattro gironi di lavoro, passando da 39,5 a 34 ore di lavoro settimanali, per i 500 lavoratori degli uffici centrali di Barcellona, ad esclusione dei i dipendenti dell’operation team e i commerciali. la nuova organizzazione prevede una settimana che va da lunedì a giovedì, con possibilità di fare smart working per un giorno. Questa volta però non vi è equità salariale ma è prevista una riduzione del 13% dello stipendio di cui metà coperta dall’azienda: in questo modo ciascun dipendente ha una diminuzione del 6,5% dello stipendio a fronte di una riduzione di ore.
Quarta azienda dalla settimana corta è il network internazionale di affiliate marketing, Awin, che già dal 1° gennaio 2021 ha previsto che i dipendenti lavorassero solo quattro giorni. Il dipendente può scegliere se stare a casa un giorno intero o dividerlo in due messe giornate. L’importante è che venga garantita l’operatività dei team durante tutti i giorni lavorativi, motivo per cui i dipendenti devono organizzarsi in modo da coprirsi a vicenda. Anche i dipendenti di Awin Italia possono godere della flexy week.
Infine la quinta azienda è la Toyota Material Handling: gli oltre 700 lavoratori italiani possono godere di due turni di sette ore (6-13 e 13.15-20.15) come turni di otto ore, senza che vengano contati come permessi retribuiti.