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Ricostruire un evento senza testimoni: strategie

31 Gennaio 2023 | Autore:
Ricostruire un evento senza testimoni: strategie

Come vincere una causa se non hai un testimone oculare: i limiti della testimonianza in un processo.

In una recente sentenza [1], la Cassazione si è occupata di un tema assai interessante: la possibilità di vincere una causa, o meglio di ricostruire un evento, senza testimoni oculari. Le strategie suggerite dalla Suprema Corte meritano una particolare attenzione. 

In un processo, il testimone è, per definizione, una persona che ha visto con i propri occhi il fatto per il quale viene interrogato dal giudice. Ecco perché si parla di «testimone oculare»: il testimone non può limitarsi a riferire ciò che ha sentito dire da altri, tanto più se si tratta delle stesse parti del giudizio (le quali ovviamente potrebbero essere motivate da interessi personali nel rappresentare gli eventi, dando una versione parziale degli stessi).

Chi è senza testimoni non è detto che perda la causa. Ci sono altre prove come gli atti scritti, le confessioni, le consulenze tecniche. Ma è anche vero che la testimonianza è la prova più importante quando dei fatti non v’è traccia documentale: si pensi alla caduta in una buca stradale o alle lesioni procurate dal crollo di un calcinaccio di un edificio.

Ebbene partiamo proprio da quest’ultimo esempio perché è proprio questo che ha dato origine alla sentenza in commento. Immaginiamo che una persona venga ferita da materiale edile piovuto dal balcone di un condominio. In quel momento lo sfortunato passante è solo: nessuno vede la scena, né tantomeno le poche persone nei paraggi hanno gli occhi puntati al cielo per vedere cosa sta per cadere addosso all’uomo. 

Senonché la vittima, colpita violentemente, cade a terra dolorante e sanguinante. Subito accorrono delle persone che la vedono gemere, portandola così al pronto soccorso. 

A questo punto si apre la causa di risarcimento del danno contro il proprietario del balcone. Questi però fa leva sul fatto che nessuno ha visto la scena se non le conseguenze della stessa negli attimi immediatamente successivi. 

Ebbene, in assenza di testimoni oculari si può vincere una causa?

C’è da fare una premessa. Nel momento in cui si avvia una causa di risarcimento danni bisogna dimostrare:

  • il fatto illecito che ha originato il danno (nel nostro caso la caduta dei calcinacci, ma potrebbe trattarsi anche della caduta in una buca stradale);
  • l’entità dei danni subìti;
  • il rapporto di causalità: ossia il fatto che i danni subiti dipendano unicamente dal fatto illecito e non da altri fattori. Così, una persona che lamenti una frattura per una caduta in una buca deve dimostrare che il danno è derivato proprio dal dissesto del manto stradale e non da altri eventi come ad esempio una scarpa slacciata o la spinta di un passante. 

Ebbene, il problema dell’assenza di testimoni oculari potrebbe inficiare la prova del rapporto di causalità. 

Tuttavia, secondo i giudici, pur in assenza di testimoni oculari, è possibile giungere a una sentenza che accolga la domanda del danneggiato. «La prova dei fatti può essere comunque desunta dalle dichiarazioni dei testi escussi in giudizio, sebbene nessuno abbia direttamente assistito alla caduta dei calcinacci». 

Tornando al caso specifico, il primo testimone «ha riferito di avere personalmente accompagnato la signora Caia in ospedale, dopo averla veduta sanguinante con del ghiaccio in testa, e di avere altresì notato dei calcinacci a terra, evidentemente staccatisi dal balcone della signora Tizia, poiché ciò era visibile». 

Il secondo testimone, «componente della pattuglia della Polizia municipale intervenuta sul posto», ha dichiarato «di essere giunto poco dopo l’incidente, di aver veduto i calcinacci a terra e di avere incontrato l’accompagnatore della signora Caia, il quale gli aveva detto che quel materiale era piovuto dall’alto ed aveva colpito Caia».

Per i giudici, quindi, «sulla base delle risultanze istruttorie, il fatto illecito ascritto a Tizia, quale custode delle cose che hanno cagionato il danno lamentato da Caia, può ritenersi provato, pur in assenza di testimoni oculari». E ciò anche in ragione della «inverosimiglianza della diversa ipotesi sostenuta da Tizia, la quale ha dedotto che i calcinacci erano stati fatti cadere dal compagno della signora Caia, dopo che l’incidente si era verificato».

Secondo la Cassazione «la circostanza secondo cui la signora Caia non sarebbe stata vista sanguinante non assume il necessario carattere della decisività». 

Nell’ambito di questa ricostruzione «assume rilievo decisivo la circostanza che la signora Caia sia stata vista nell’immediatezza del trauma subito, ricollegabile con verosimiglianza al distacco dal balcone della signora Tizia del materiale che l’aveva colpita, mentre resta irrilevante se questo trauma abbia o non abbia provocato la specifica conseguenza del sanguinamento».

Tirando le somme si può ritenere che, «sulla scorta delle dichiarazioni testimoniali – in base alle quali è stato accertato: che sul luogo dell’incidente vi erano calcinacci; che essi erano verosimilmente riconducibili al balcone annesso all’appartamento della signora Tizia, da cui appariva visibile il loro distacco; e che la signora Caia era stata accompagnata all’ospedale lamentando un trauma ascrivibile alla caduta di quel materiale –», il fatto dannoso sia provato e, di conseguenza, la responsabilità di Tizia, quale custode delle cose che hanno provocato il danno, sia accertata.


note

[1] Cass. ord. n. 2595/2023.

Cass. civ., sez. VI – 3, ord., 27 gennaio 2023, n. 2595

Presidente Scrima – Relatore Spaziani

Fatti di causa

P.T. citò in giudizio, dinanzi al Tribunale di Genova, O.P., chiedendone la condanna al risarcimento del danno alla persona, patito dopo essere stata colpita da alcuni calcinacci caduti dal balcone di proprietà della convenuta.

Nella contumacia della sig.ra O., il Tribunale rigettò la domanda, sul presupposto che il fatto dannoso non potesse ritenersi provato, in assenza di testimoni oculari dello stesso.

La Corte di appello di Genova ha riformato la sentenza del Tribunale ed ha accertato la responsabilità ex art. 2051 c.c. di O.P. , sull’opposto rilievo che la prova dei fatti poteva essere comunque desunta dalle dichiarazioni dei due testi escussi in giudizio, sebbene nessuno dei due avesse direttamente assistito alla caduta dei calcinacci: il primo di essi, infatti, aveva riferito che aveva personalmente accompagnato la sig.ra P. in ospedale dopo averla veduta sanguinante con del ghiaccio in testa, e che aveva altresì notato dei calcinacci a terra, evidentemente staccatisi dal balcone della sig.ra O. perché “ciò era visibile”; il secondo, componente della pattuglia della polizia municipale intervenuta sul posto, aveva dichiarato di esservi giunto poco dopo l’incidente, di aver veduto i calcinacci a terra e di avere incontrato l’accompagnatore della sig.ra P. , il quale gli aveva detto che quel materiale era piovuto dall’alto ed aveva colpito la danneggiata.

La Corte territoriale ha ritenuto che, sulla base di tali risultanze istruttorie, il fatto illecito ascritto a O.P., quale custode delle cose che avevano cagionato il danno lamentato da P.T. , potesse ritenersi provato, pur in assenza di testimoni oculari dello stesso, anche in ragione dell’inverosimiglianza della diversa ipotesi sostenuta dall’appellata, la quale aveva dedotto che i calcinacci erano stati fatti cadere dal compagno della sig.ra P. , dopo che l’incidente si era verificato.

Propone ricorso per cassazione O.P. sulla base di due motivi.

Risponde con controricorso P.T.

La controricorrente ha depositato memoria.

Ragioni della decisione

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727-2729 c.c.

La ricorrente deduce che nell’ambito del ragionamento inferenziale di carattere presuntivo sul quale aveva fondato la prova del fatto ignoto, la Corte di appello avrebbe attribuito il carattere di fatti “noti” a circostanze mai esistite o comunque smentite dalle risultanze testimoniali e documentali in atti (quali la circostanza che la sig.ra P. fosse stata vista “sanguinante” da uno dei due testimoni), mentre aveva ritenuto inverosimile una circostanza che invece risultava chiaramente dal verbale stilato dalla pattuglia di polizia municipale intervenuta sul posto (ovverosia la circostanza che i calcinacci erano stati fatti cadere, successivamente al sinistro, dal compagno della sig.ra P. , il quale li aveva giudicati pericolanti). Inoltre, neppure era stato attribuito rilievo alla circostanza, risultante dal referto del Pronto Soccorso, che la stessa attrice aveva in un primo momento riferito che i calcinacci da cui era stata colpita si erano staccati da un cornicione, salvo poi affermare in altra parte del referto che erano caduti da un balcone.

2. Il secondo motivo denuncia omesso esame di fatti decisivi e controversi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

La ricorrente deduce che la Corte di merito avrebbe omesso di considerare sia la circostanza, emergente dalla relazione di servizio della polizia municipale, che il compagno della sig.ra P. , dopo che il sinistro si era verificato, aveva di sua iniziativa provveduto a far cadere dei calcinacci ancora pericolanti dal balcone di sua proprietà, onde prevenire ulteriori incidenti; sia la circostanza, anche questa risultante dalla relazione di polizia municipale, che la sig.ra P. , pur avendo una borsa del ghiaccio sulla testa, non era tuttavia sanguinante.

3. I due motivi – da esaminare congiuntamente stante la reciproca connessione – sono inammissibili.

3.1. Con particolare riguardo al secondo motivo, va evidenziato che il “fatto” di cui può denunciarsi con ricorso per cassazione l’omesso esame, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve essere un fatto storico vero e proprio avente carattere di fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o di fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale) e deve altresì possedere i due necessari caratteri dell’essere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e dall’aver formato oggetto di controversia tra le parti (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass. 29/10/2018, n. 27415; Cass. 08/09/2016, n. 177761), sicché non costituisce omissione censurabile, ai sensi della norma richiamata, l’omesso esame di elementi istruttori precostituiti o costituendi (nella specie, la relazione di servizio della polizia municipale) qualora il fatto storico rilevante in causa (nella specie, la circostanza controversa che il compagno della sig.ra P. avesse provveduto di sua iniziativa a far cadere calcinacci pericolanti dal balcone di proprietà della sig.ra O. ) sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Nel caso di specie, tale circostanza è stata espressamente considerata dalla Corte di merito, la quale, nell’esercizio dell’insindacabile potere di valutazione delle risultanze istruttorie, l’ha, peraltro, ritenuta non provata, in quanto inverosimile.

3.2. Sotto altro profilo – e sempre con riguardo al secondo motivo di censura – deve osservarsi che l’ulteriore circostanza, secondo la quale la sig. P. non sarebbe stata vista “sanguinante”, non assume il necessario carattere della decisività. La Corte di merito ha, infatti, ritenuto provato il fatto dannoso dedotto dall’attrice – e la conseguente ascrivibilità del danno da essa lamentato alle cose sottoposte alla custodia della convenuta – sulla base di un ragionamento inferenziale fondato sulle dichiarazioni rese dai testimoni escussi in giudizio, ed in particolare su quelle rese dal testimone che, veduta la sig.ra P. dopo l’incidente con il ghiaccio in testa, si era reso conto che essa era stata colpita dai calcinacci verosimilmente staccatisi dal balcone della sig. O. , e l’aveva personalmente accompagnata all’ospedale. Nell’ambito di questa ricostruzione, assume rilievo decisivo la circostanza che la sig. P. fosse stata vista nell’immediatezza del trauma subito, ricollegabile con verosimiglianza al distacco dal balcone della sig.ra O. del materiale che l’aveva colpita, mentre resta irrilevante se questo trauma avesse provocato, o no, la specifica conseguenza del sanguinamento.

3.3. Infine, in termini generali, va evidenziato che entrambi i motivi di ricorso (e, dunque, anche il primo motivo, non ostante la sua intestazione, con cui viene formalmente dedotta la violazione di norme di diritto), attengono, nella sostanza, a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).

La Corte territoriale, con valutazione incensurabile in questa sede, ha motivatamente ritenuto che, sulla scorta delle dichiarazioni testimoniali – in base alle quali era stato accertato: che sul luogo dell’incidente vi erano calcinacci; che essi erano verosimilmente riconducibili al balcone annesso all’appartamento della sig. O. da cui appariva visibile il loro distacco; e che la sig. P. era stata accompagnata all’ospedale lamentando un trauma ascrivibile alla caduta di quel materiale – il fatto dannoso dedotto dall’attrice-appellante dovesse reputarsi provato e la responsabilità della convenuta-appellata, quale custode delle cose che avevano provocato il danno, dovesse ritenersi accertata.

Avuto riguardo alle motivate e incensurabili valutazioni della Corte di appello, i motivi di ricorso si palesano inammissibili, in quanto tendono a provocare dalla Corte di cassazione una lettura delle risultanze istruttorie e un apprezzamento delle circostanze di fatto diversi da quelli motivatamente forniti dal giudice di merito, i quali sono insindacabili in questa sede di legittimità.

4. In definitiva, il ricorso proposto da O.P. deve essere dichiarato inammissibile.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass., Sez. Un., 20/02/2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.100,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.


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