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Per la revoca dell’amministratore bisogna citare il condominio?

1 Febbraio 2023 | Autore:
Per la revoca dell’amministratore bisogna citare il condominio?

Legittimazione passiva nel caso di giudizio volto a revocare l’amministratore di condominio: a chi notificare l’atto di citazione. 

In caso di gravi irregolarità da parte dell’amministratore di condominio, ciascun singolo condomino – in assenza di una delibera assembleare che lo rimuova dall’incarico – può agire in giudizio per ottenere la revoca giudiziale per giusta causa.

Si è posto, dinanzi alla Cassazione, il problema della legittimazione passiva in tale giudizio e ci si è chiesti se, per la revoca dell’amministratore bisogna citare anche il condominio oppure è sufficiente il solo professionista. 

Ecco qual è a riguardo l’orientamento della Suprema Corte.

Quando è possibile chiedere la revoca giudiziale dell’amministratore

Ricordiamo innanzitutto che la revoca assembleare dell’amministratore deve avvenire con le stesse maggioranze previste per la sua nomina: maggioranza dei presenti che rappresenti almeno metà dei millesimi.

Inoltre la revoca giudiziale per giusta causa può avvenire quando l’amministratore: 

  • non ha aperto il conto corrente condominiale o comunque non lo utilizza correttamente e sistematicamente nell’interesse del condominio (ad esempio non vi versa le quote dei condomini o effettua prelievi per esigenze non inerenti al condominio);
  • ha commesso gravi irregolarità fiscali;
  • ha omesso di dare notizia, in tempi celeri, all’assemblea di aver ricevuto mediante notifica un atto di citazione o un provvedimento amministrativo il cui contenuto esorbita dalle sue attribuzioni;
  • non ha presentato il rendiconto della gestione;
  • ha posto in essere una grave irregolarità come: 1) l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge; 2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell’assemblea; 3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale (situazione ancor più grave se si accerta una cattiva gestione dei fondi presenti sul conto corrente); 4) la gestione secondo modalità che possono generare confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini; 5) l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio; 6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva; 7) l’inottemperanza agli obblighi di tenuta dei registri condominiali (anagrafica condominiale, verbali assemblee, nomina e revoca amministratore, contabilità), o il non aver fornito al condominio che ne fa richiesta l’attestazione dello stato dei pagamenti delle spese condominiali e delle liti in corso; 8) l’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati identificativi della persona o società incaricata dell’amministrazione, e l’indirizzo dei locali ove sono conservati i registri condominiali obbligatori.

Secondo la giurisprudenza si tratta comunque di un elenco esemplificativo e non esaustivo.

Come far revocare dal giudice l’amministratore

Come dicevamo, nei casi appena analizzati, se l’assemblea non decide la revoca dell’amministratore (perché non convocata o perché non raggiunge la maggioranza prescritta dalla legge), ciascun condomino può rivolgersi all’autorità giudiziaria.

In caso di accoglimento della domanda giudiziale, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell’amministratore.

Il tribunale, sentito l’amministratore condominiale in camera di consiglio, emette un decreto motivato, che accoglie o rigetta la richiesta di revoca.

È discusso se, prima della domanda giudiziale di revoca, sia necessario esperire o meno la mediazione obbligatoria, se cioè la mediazione sia una condizione di procedibilità della domanda. In giurisprudenza sono state affermate entrambe le tesi. Secondo una pronuncia del 2018 della Cassazione [2] la mediazione non sarebbe necessaria considerato che la revoca giudiziale è un provvedimento eccezionale caratterizzato da urgenza e celerità.

Legittimazione passiva nel giudizio di revoca giudiziale dell’amministratore

È indubbio che, nel giudizio di revoca dell’amministratore, l’amministratore è sicuramente legittimato passivo.

Ci si chiede però se il ricorso vada notificato anche al condominio in quanto tale e/o ai singoli condomini che invece potrebbero avere un interesse contrastante a quello del ricorrente (si pensi ad alcuni condomini che non vogliano la revoca del professionista). 

La Cassazione ha detto che «nel giudizio promosso da un condomino per la revoca dell’amministratore, interessato e legittimato a contraddire è soltanto l’amministratore (a titolo personale), non anche il Condominio, che, pertanto, non può intervenire in adesione dell’amministratore, né beneficiare della condanna alle spese del condomino ricorrente» [3]. 

Non è ammissibile poi l’intervento adesivo del Condominio in quanto il procedimento di revoca dell’amministratore «riveste carattere eccezionale ed urgente, ispirato dall’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore».


note

[1] Cass. civ., sez. II, ord., 30 gennaio 2023, n. 2726

[2] Cass. 18 gennaio 2018 n. 1237

[3] Cass. civ. n. 4696/2020 e Cass civ. n. 23955/2013

Cass. civ., sez. II, ord., 30 gennaio 2023, n. 2726

Presidente Orilia – Relatore Carrato

Ritenuto in fatto

1. Con atto di citazione del (omissis) , il Condominio di Via (omissis) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 22934 del 2015, emesso dal Tribunale di Roma in favore dell’Avv. D.N.N. per il pagamento degli onorari relativi all’espletamento dell’attività professionale espletata quale difensore del Condominio ingiunto relativamente alle cause iscritte al n. rg 4159 del 2006 del Tribunale di Roma (primo grado) e al n. rg 5386/06 della Corte d’appello di Roma (secondo grado), aventi ad oggetto la richiesta di revoca dell’amministratore condominiale (avanzata dalla condomina M.S. ), formulando, altresì, domanda di condanna dell’Avv. D.N. per lite temeraria, ex art. 96 c.p.c..

A fondamento della propria opposizione, il citato Condominio deduceva che il suddetto difensore aveva posto come unica prova scritta a fondamento della propria pretesa, ai sensi dell’art. 634, comma 1, c.p.c., il verbale dell’assemblea svoltosi in data (omissis) , con il quale era stato approvato il consuntivo condominiale per l’anno 2007, in cui risultavano computati anche gli onorari relativi ai citati giudizi di revoca dell’amministratore, senza tener conto che la detta delibera era stata annullata con sentenza, passata in giudicato, n. 8092 del 2011 del Tribunale di Roma, con la quale erano state ritenute non dovute le spese legali esposte nel bilancio del 2007, in quanto lo stesso Condominio non era stato parte nei giudizi suindicati nè legittimato a parteciparvi, trattandosi di una domanda proposta da un singolo condomino nei confronti dell’amministratore in proprio.

Istruita la causa, con sentenza n. 10147 del 2018, il Tribunale adito accoglieva l’opposizione e, per l’effetto, revocava il decreto ingiuntivo opposto, condannando l’opposto al pagamento alle spese processuali e al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., sul presupposto della sicura consapevolezza, da parte dell’Avv. D.N. , del sopravvenuto annullamento della menzionata delibera assembleare del 2009.

2. Sul gravame interposto dall’Avv. D.N. e nella costituzione dell’appellato Condominio, la Corte di appello di Roma, con sentenza n. 8047 del 2021 (pubblicata il 2 dicembre 2021), lo rigettava.

A sostegno dell’adottata decisione, il giudice di appello riteneva di condividere la motivazione del Tribunale circa la carenza di legittimazione del Condominio a partecipare ad un giudizio promosso da un singolo condomino per la revoca dell’amministratore, atteso che il relativo procedimento rivestiva il carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare, ed era ispirato all’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore.

La Corte territoriale evidenziava, altresì, che mancava un’idonea prova del conferimento di un incarico difensivo all’appellante da parte del Condominio e, dunque, di un’attività professionale svolta in favore dello stesso Condominio, posto che le procure depositate in giudizio erano sottoscritte solo dal D.L.A.C. (rispetto al quale non rilevava la spiegata qualità di amministratore, in quanto il giudizio promosso dalla condomina M.S. per ottenere la revoca dell’amministratore non rientrava tra quelli di cui all’art. 1131 c.c., in cui l’amministratore può costituirsi in giudizio per il Condominio senza autorizzazione dell’assemblea). Nè potevano valere le considerazioni dell’appellante a fondamento del suo diverso assunto circa l’oggetto del giudizio secondo cui la motivazione resa nel decreto del Tribunale di Roma aveva definito la domanda di revoca dell’amministratore col rigetto, in quanto, in tal modo, parte appellante confondeva le ragioni poste a fondamento del rigetto con la qualificazione giuridica della domanda, dal momento che il Tribunale si era limitato ad evidenziare che gli addebiti fatti valere nei confronti del revocando amministratore non erano idonei a fondare la revoca, attenendo a vizi di delibere assembleari impugnabili in diversa sede e che egualmente nella diversa sede contenziosa doveva essere chiesta la separazione del supercondominio.

3. Avverso la citata sentenza di appello, ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, l’appellante Avv. D.N. , resistito con controricorso dal Condominio di Via […].

Considerato in diritto

1. Con l’unico motivo, il ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per non aver il giudice di appello accertato, attraverso la corretta qualificazione giuridica delle domande svolte dalla condomina M.S. nel suo ricorso per l’ottenimento della revoca dell’amministratore, l’eventuale legittimazione passiva del Condominio in quei giudizi in cui lo stesso difensore aveva prestato l’attività professionale al fine di verificare l’esistenza del suo credito.

2. Rileva il collegio che il formulato motivo deve essere dichiarato infondato.

Infatti, diversamente da quanto con esso prospettato, non si è venuta affatto a configurare la denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c., dal momento che la Corte di appello – nello svolgimento complessivo della motivazione dell’impugnata sentenza – ha rilevato l’assenza di prova del conferimento di un incarico difensivo al ricorrente da parte del Condominio controricorrente e, dunque, di un’attività professionale esercitata in favore dello stesso (v. pag. 3 della motivazione dell’impugnata sentenza).

È, poi, pacifico che non può essere dedotta, sotto forma della predetta violazione, la supposta erroneità dell’interpretazione del contenuto della domanda dell’Avv. D.N. in mancanza della denuncia di altri ipotetici vizi riguardanti la decisione impugnata (cfr., ad es., Cass. n. 13602 del 2019 e Cass. n. 16608 del 2021), che, oltretutto, nella fattispecie, è adeguatamente motivata sul piano della valutazione della vicenda fattuale come sviluppatasi, e, quindi, insindacabile nella presente sede di legittimità avuto riguardo all’accertato difetto del raggiungimento di un’idonea prova circa l’effettività dello svolgimento dell’incarico in questione su commissione e nell’interesse del Condominio.

Infatti, la Corte territoriale ha precisato che il Condominio non aveva conferito – con riferimento alla suddetta causa – alcun incarico al ricorrente e che il relativo procedimento si era venuto ad instaurare tra il condomino, che aveva esercitato l’iniziativa giudiziaria, e l’amministratore, che non poteva intendersi costituito nè aveva alcuna legittimazione in proposito, per lo stesso Condominio, nè un interesse di quest’ultimo poteva essere rinvenuto in precedenti delibere assembleari, valide ed efficaci, relative a detto procedimento, nel quale lo stesso Condominio non era, in ogni caso, intervenuto. A quest’ultimo riguardo è stato anche acclarato che la delibera assembleare condominiale del (omissis) , contenente l’approvazione del consuntivo della gestione ordinaria e della situazione patrimoniale dell’esercizio 2007 – che presentava, tra le voci di spesa, anche quella riguardanti le spese legali per i due citati giudizi di revoca dell’amministratore -, era stata annullata, a seguito di sua impugnazione, con la sentenza n. 8092 del 2011 del Tribunale di Roma, passata in giudicato, proprio sul presupposto che tali spese non avrebbero potuto gravare sul bilancio condominiale.

Sul punto, è opportuno evidenziare come questa Corte (v. Cass. n. 23955 del 2013 e Cass. n. 4696 del 2020) ha precisato che, nel giudizio promosso da un condomino per la revoca dell’amministratore, interessato e legittimato a contraddire è soltanto l’amministratore (a titolo personale), non anche il Condominio, che, pertanto, non può intervenire in adesione all’amministratore, nè beneficiare della condanna alle spese del condomino ricorrente.

In termini più ampi, si è specificato che il procedimento di revoca giudiziale dell’amministratore di Condominio riveste carattere eccezionale ed urgente, ispirato dall’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore. Tali essendo le caratteristiche del giudizio, non è pertanto ammissibile, in esso, l’intervento adesivo del Condominio ovvero di altri condomini rispetto a quello istante, uniche parti legittimate a parteciparvi e contraddirvi essendo il ricorrente e l’amministratore, con la conseguenza che gli effetti del regolamento delle spese ex art. 91 c.p.c. devono esaurirsi nel rapporto tra costoro.

3. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dello stesso ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e c.p.a., nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.


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