L’assegno di disoccupazione (Naspi): come funziona?


Naspi, Dis-coll, disoccupazione dei lavoratori agricoli: dopo quanti mesi di attività si ottiene la prestazione?
In questa breve guida ci occuperemo di spiegare come funziona l’assegno di disoccupazione (ossia la cosiddetta Naspi).
L’assegno di disoccupazione ha conosciuto nel tempo una lunga evoluzione normativa, che ne ha esteso progressivamente il raggio di applicazione fino a comprendere oggi la generalità dei lavoratori dipendenti ma non solo, considerata la tendenza espansiva di tale misura verso forme di lavoro che esulano dall’ambito della subordinazione.
Oggi, di conseguenza, l’indennità di disoccupazione si distingue in NASPI, DIS-COLL e Disoccupazione Agricola, il cui minimo comun denominatore è costituito dall’oggetto della rispettiva tutela, rappresentato dalla disoccupazione involontaria; in altri termini, i lavoratori sono assicurati contro il rischio della perdita involontaria del posto di lavoro.
A livello generale, la c.d. “NASPI” (Nuova Assicurazione Sociale Per l’Impiego) rappresenta l’ammortizzatore sociale principale offerto dall’ordinamento per fronteggiare i periodi di disoccupazione involontaria dei lavoratori dipendenti, introdotto nel 2015 per opera del Jobs Act in sostituzione delle previgenti e più restrittive misure di analogo tenore e nell’ottica di una razionalizzazione della materia improntata al principio universalistico della tutela e al principio europeo di condizionalità, ulteriormente rilanciati dalla Legge di Bilancio per il 2022 che ha introdotto diverse novità nell’ambito degli assegni di disoccupazione.
Indice
- 1 La NASPI: l’assegno di disoccupazione per i lavoratori dipendenti
- 2 La Disoccupazione Agricola
- 3 La DIS-COLL: l’assegno di disoccupazione per i collaboratori iscritti alla Gestione Separata
- 4 Gli elementi comuni a NASPI e DIS-COLL: la contribuzione figurativa e il principio di condizionalità
- 5 E per i lavoratori autonomi con Partita Iva? L’esperimento “ISCRO”
La NASPI: l’assegno di disoccupazione per i lavoratori dipendenti
Primo requisito per la fruizione della NASPI è rappresentato dalla perdita involontaria del posto di lavoro da parte del lavoratore dipendente [1], il quale non potrà quindi accedere al beneficio in commento qualora l’interruzione del rapporto di lavoro sia il frutto delle sue dimissioni oppure l’effetto di una risoluzione consensuale con il datore di lavoro. Danno ugualmente diritto al trattamento di disoccupazione le dimissioni intervenute per giusta causa o durante il periodo protetto di maternità e le risoluzioni consensuali raggiunte a seguito di un trasferimento del dipendente ad oltre 50 chilometri o 80 minuti di distanza rispetto alla sede originaria o derivanti dalle conciliazioni svoltesi in specifiche sedi protette [2].
Ulteriori condizioni richieste sono il requisito contributivo, costituito dalla maturazione di almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti [3], e lo stato di disoccupazione, che presuppone l’assenza di impiego e la dichiarazione di immediata disponibilità (DID) a svolgere attività lavorativa e a partecipare alle politiche attive promosse dai Servizi per l’impiego [4].
L’importo dell’assegno mensile NASPI, erogato per un periodo pari alla metà delle settimane contribuite nel quadriennio precedente [5], ammonta generalmente al 75% della retribuzione media mensile [6] nel rispetto del massimale unico di 1.470,99 per il 2023 [7], subendo poi il c.d. “decalage”, ovvero la riduzione del 3% per ogni mese a decorrere dal sesto mese di erogazione [8].
Così come per le retribuzioni, anche l’indennità di disoccupazione viene erogata con cadenza mensile ma, al fine di incentivare l’avvio di attività d’impresa o di lavoro autonomo, l’ordinamento offre la possibilità di procedere alla riscossione integrale e anticipata a chi intraprende una nuova attività.
Il finanziamento del fondo da cui attingere le indennità NASPI avviene, infine, per opera dei datori di lavoro, tenuti a versare tanto la contribuzione ordinaria con aliquota complessiva del 1,61% [9] sulle retribuzioni mensili quanto la contribuzione addizionale prevista sia nei casi di rapporti a tempo determinato [10], sia al momento della cessazione del rapporto di lavoro nelle ipotesi che danno diritto alla disoccupazione stessa [11].
Nell’ambito del lavoro dipendente, restano però esclusi i rapporti a tempo indeterminato con la pubblica amministrazione, non assicurati contro tale rischio vista la rarità storica di licenziamenti, e gli operai del settore agricolo, destinatari invece di un’altra indennità sostanzialmente analoga.
La Disoccupazione Agricola
A favore degli operai dipendenti del settore agricolo, così come dei piccoli coloni, dei compartecipanti familiari e dei piccoli coltivatori diretti, è prevista invece la c.d. “Disoccupazione Agricola”, regolata da norme speciali.
L’accesso da parte degli operai alla misura in questione richiede la sussistenza di un requisito assicurativo, integrato dall’iscrizione del dipendente negli elenchi agricoli per almeno due anni, e di un elemento contributivo soddisfatto dalla presenza di almeno 102 contributi giornalieri nel biennio che precede la domanda di disoccupazione, la quale deve invece essere presentata all’INPS, come sempre in via telematica, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento dell’indennità.
La misura dell’assegno si differenzia però a seconda che il rapporto di lavoro con l’operaio agricolo sia a termine oppure a tempo indeterminato; se nel primo caso la misura dell’assegno è pari al 40% della retribuzione utile ai fini contributivi, nel secondo la stessa cala fino al 30% della retribuzione.
Regole particolari valgono infine per la definizione della durata del trattamento, che non potrà in ogni caso eccedere il limite di 365 giorni.
La DIS-COLL: l’assegno di disoccupazione per i collaboratori iscritti alla Gestione Separata
I lavoratori dipendenti non sono gli unici ad essere assicurati contro il rischio della perdita involontaria del lavoro: con lo stesso provvedimento di riforma dell’intera materia, nel 2015 è stata introdotta [12] la c.d. “DIS-COLL” a favore dei collaboratori iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata e privi di Partita Iva, ovvero essenzialmente Co.Co.Co. (Collaborazioni Coordinate e Continuative), assegnisti di ricerca e dottorandi di ricerca con borsa di studio [13].
Il trattamento in questione presenta alcune particolarità rispetto alla disciplina normativa prevista per la NASPI, che invece ricalca per numerosi aspetti, tra cui l’oggetto della tutela che resta la perdita involontaria del posto di lavoro, i criteri per il calcolo dell’assegno mensile [14], i termini per la presentazione della relativa istanza all’INPS e di decorrenza della corrispondente indennità, il decalage a partire dal sesto mese di fruizione.
Tra le principali differenze rispetto alla NASPI, oltre alle categorie di destinatari, si annovera innanzitutto la durata, che nel caso dei collaboratori non può eccedere il limite di 12 mesi ed è inoltre equivalente al periodo di assicurazione decorrente dal 1° gennaio dell’anno che precede la presentazione della domanda.
Parzialmente diversi sono anche i requisiti di accesso alla prestazione: al requisito soggettivo dello stato di disoccupazione si affianca la condizione contributiva di almeno un mese di contribuzione nell’anno precedente alla presentazione dell’istanza.
Ulteriore elemento di divergenza si riscontra invece nell’ambito del finanziamento della misura, che non solo risulta priva di forme di contribuzione addizionale, ma limita altresì l’aliquota contributiva ordinaria alla misura dell’1,31%, escludendo dunque l’aliquota aggiuntiva dello 0,30% destinato alla sovvenzione della formazione continua.
Gli elementi comuni a NASPI e DIS-COLL: la contribuzione figurativa e il principio di condizionalità
Ambedue le misure condividono poi due importanti fattori: da un lato, durante la fruizione di entrambe l’ordinamento riconosce la contribuzione figurativa a favore del percettore, che ai fini dell’accesso e del calcolo della pensione potrà far valere, seppur con dei limiti, anche i periodi di disoccupazione; dall’altro lato, invece, la conservazione del beneficio da parte del dipendente per tutto il periodo di spettanza è subordinato al rispetto del c.d. “principio di condizionalità” che, introdotto solo dal Jobs Act del 2015, stabilisce, in caso di mancata partecipazione alle iniziative di ricerca del lavoro e di formazione proposte dai Servizi per l’Impiego, sanzioni di diversa entità che variano dalla decurtazione dell’assegno alla decadenza dal medesimo nelle ipotesi più gravi.
E per i lavoratori autonomi con Partita Iva? L’esperimento “ISCRO”
Fedele al proprio obiettivo di una tutela universale, il legislatore ha infine previsto, in via sperimentale e solo per il triennio 2021-2023 [15], una misura di sostegno al reddito anche a favore dei lavoratori autonomi con Partita Iva attiva almeno da quattro anni, ovvero la c.d. Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO). Come suggerisce il nome, non si tratta propriamente di uno strumento per fronteggiare la perdita involontaria del lavoro, avendo quest’ultimo natura autonoma, quanto piuttosto una sorta di “cassa integrazione” per far fronte alle gravi crisi di lavoro e di reddito.
In estrema sintesi, l’ISCRO [16] è fruibile da parte degli autonomi iscritti alla Gestione Separata e in regola con i relativi contributi, che non siano assicurati presso altre gestioni previdenziali obbligatorie, e con un reddito significativamente ridotto rispetto agli esercizi precedenti [17]; l’accesso è consentito un’unica volta nel triennio e per una durata non superiore a sei mensilità.
note
[1] Requisito integrato da ogni ipotesi di licenziamento del dipendente da parte del datore di lavoro, ivi incluse le ipotesi di interruzione per responsabilità disciplinare del lavoratore stesso, nonché dalla scadenza del termine nei rapporti a tempo determinato.
[2] Si tratta delle conciliazioni concluse presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL) ai sensi dell’art. 7, L. n. 604/1966 o per il tramite dell’“offerta di conciliazione” presentata dal datore di lavoro secondo quanto previsto dall’art. 6, D. Lgs. n. 23/2015.
[3] Abrogato dalla Legge di Bilancio per il 2022 (L. n. 234/2021) a decorrere dal 1° gennaio 2022, non è invece più richiesto il previgente requisito di 30 giornate lavorative nell’anno precedente.
[4] Sono altresì considerati in stato di disoccupazione i lavoratori con reddito da lavoro autonomo o dipendente corrispondente ad un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni da lavoro dipendente spettanti ai sensi dell’art. 13 del TUIR (D.P.R. n. 917/1986).
[5] A pena di decadenza, il beneficiario dovrà presentare apposita domanda telematica all’INPS entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto, ma l’indennità non sarà comunque erogata prima che decorrano 8 giorni da tale evento.
[6] Pari al prodotto tra il coefficiente di 4,33 e il rapporto tra l’ammontare complessivo dell’imponibile contributivo maturato nel quadriennio e le settimane di contribuzione nello stesso arco di tempo. Se tale retribuzione risulta inferiore a quella di riferimento, fissata per il 2023 a € 1.352,19 dalla Circolare INPS n. 14/2023, allora l’importo dell’assegno si arresterà alla misura del 75% della retribuzione media, mentre se superiore si aggiungerà inoltre il 25% della differenza tra la suddetta soglia e la retribuzione media effettiva.
[7]Cfr. Circolare INPS n. 14/2023.
[8] La decorrenza della riduzione è invece posticipata a partire dall’ottavo mese di erogazione per i soggetti “over 55”. Prima della recente riforma, il decalage operava dal quarto mese di percezione della disoccupazione.
[9] Di cui l’1,31% destinato al finanziamento specifico della NASPI mentre il restante 0,30% alla formazione continua.
[10] L’aliquota è in tal caso pari all’1,41%, cui si aggiunge lo 0,5% per ogni rinnovo; il contributo addizionale viene inoltre restituito al datore di lavoro in caso di trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato o di riassunzione entro sei mesi dalla scadenza del termine.
[11] Si tratta del c.d. “ticket NASPI” o “ticket licenziamento”, pari al 41% del valore mensile massimo dell’indennità di disoccupazione per ogni anno di servizio nel limite di tre anni di anzianità.
[12] Introdotta dapprima in via sperimentale nell’ambito del Jobs Act e poi confermata definitivamente dal c.d. “Jobs Act del lavoro autonomo” (art. 7, L. n. 81/2017, che ne ha esteso la fruizione anche ad assegnisti e dottorandi di ricerca).
[13] Restano quindi esclusi i collaboratori titolari di pensione o di partita IVA e gli amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica.
[14] Differisce tuttavia la base di calcolo dell’indennità, rappresentata non dall’equazione già vista per la NASPI, ma invece dal rapporto tra il reddito contributivo complessivo dell’anno in corso e di quello precedente con il numero di mesi di contribuzione.
[15] Introdotta e disciplinata dal comma 386 e seguenti della Legge di Bilancio per il 2021 (L. n. 178/2020).
[16] Il cui assegno è pari al 25%, su base semestrale, dell’ultimo reddito dichiarato, ma non può in ogni caso eccedere l’importo massimo mensile di € 881,23.
[17] In particolare, il reddito da lavoro autonomo dell’anno precedente deve risultare in diminuzione di oltre il 50% rispetto alla media dei redditi dichiarati negli esercizi precedenti, mentre il reddito dell’anno in corso deve risultare inferiore al minimale ISTAT pari a € 8.972,04 per l’anno in corso.