Ha diritto al mantenimento chi lascia il lavoro per lavorare da casa?


Lasciare un lavoro sicuro per tentare una carriera da cake designer che non porta i guadagni sperati fa perdere il diritto al mantenimento.
Nel corso degli ultimi anni il mondo del lavoro si sta diversificando molto: nuove professioni spuntano come funghi. Dal parrucchiere per cani, all’influencer, a chi si apre un negozio online e vende prodotti artigianali fatti in casa. Capita spesso anche di sentire di giovani che, stanchi del lavoro d’ufficio e delle giornate lavorative infinite e monotone, decidono di stravolgere la propria vita per dedicarsi a qualcosa di completamente nuovo. Da ingegnere a rifugista sperduto sui monti è un attimo, direbbe qualcuno. In ogni caso si tratta di tutte scelte nobili e rispettabilissime che, però, comportano necessariamente delle conseguenze.
È il caso di una recente controversia approdata in Cassazione, che ha visto i giudici negare l’assegno divorzile a un’ex moglie che, dopo aver lasciato il lavoro stabile per cui aveva studiato, aveva iniziato una nuova carriera come cake design da casa che non aveva portato i guadagni sperati.
La Suprema corte, condividendo la decisione dei giudici di merito, ha respinto il ricorso presentato dall’ex moglie, la quale pretendeva che, nonostante il suo azzardo lavorativo, il marito continuasse a corrisponderle quanto pattuito in sede di divorzio.
Nel ricorso la donna denunciava l’omissione di una valutazione di adeguatezza dei suoi mezzi economici, sostenendo l’evidenza di redditi inadeguati a vivere dignitosamente e affermando di aver dimostrato sia la propria situazione lavorativa mutata nel tempo, sia la situazione reddituale insufficiente.
La Cassazione evidenzia però che già in secondo grado la corte d’Appello aveva già avuto modo di valutare nel dettaglio sia il ruolo importante svolto dalla ex moglie nella gestione dei figli, sia le sue occupazioni lavorative nel tempo, rapportate anche al “titolo di studio posseduto ma non coerente con le attività svolte per scelta e i cui proventi ha valutato inattendibili nella loro esiguità, sia con riferimento al contributo alla carriera del marito”.
Nello specifico, i giudici non hanno riscontrato che la moglie avesse rinunciato al suo impegno full time ben retribuito per dedicarsi alla famiglia, né che il divario reddituale fosse riconducibile al ruolo svolto in famiglia dalla ricorrente. In sostanza, il mancato guadagno lamentato dalla ricorrente, a causa del quale ella chiedeva di continuare a percepire il mantenimento, era da ricollegarsi a scelte puramente personali che, però, le hanno anche fatto perdere il diritto all’assegno divorzile per sé (mentre resta quello per i figli).