Cosa vuol dire licenziamento per giustificato motivo oggettivo?


Licenziamento economico per motivi organizzativi o produttivi: come funziona e come il lavoratore dipendente può tutelare i propri diritti.
Se sei un lavoratore dipendente, potresti esserti chiesto cosa significhi il termine “licenziamento per giustificato motivo oggettivo” e in quali casi possa essere applicato. Si tratta di una forma di licenziamento prevista dal diritto del lavoro, che l’azienda può adottare in determinate circostanze. In particolare, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è disciplinato dall’articolo 3 della Legge n. 604/1966 e riguarda le situazioni in cui il datore di lavoro ha una giustificazione obiettiva per interrompere il rapporto di lavoro con il dipendente, ad esempio per motivi economici, organizzativi o produttivi.
In questo articolo giuridico, cercheremo di spiegare nel dettaglio cosa vuol dire licenziamento per giustificato motivo oggettivo, quali sono le ragioni che lo possono giustificare e quali procedure devono essere seguite da parte del datore di lavoro. Inoltre, analizzeremo le conseguenze che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo comporta per il lavoratore, le eventuali forme di tutela a sua disposizione e le modalità di ricorso in caso di licenziamento illegittimo.
Se sei un dipendente o un datore di lavoro e vuoi saperne di più sui diritti e le regole che disciplinano il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, questo articolo fa al caso tuo. Ma procediamo con ordine.
Indice
- 1 In generale che vuol dire licenziamento per giustificato motivo oggettivo?
- 2 Quando è possibile il licenziamento in un contratto a tempo determinato?
- 3 Quando è possibile licenziarsi in un contratto a tempo indeterminato?
- 4 Quando è possibile il licenziamento in un contratto a tempo indeterminato?
- 5 Cos’è il licenziamento disciplinare?
- 6 Cos’è il licenziamento economico o per giustificato motivo oggettivo?
- 7 Come contestare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo
In generale che vuol dire licenziamento per giustificato motivo oggettivo?
Prima di entrare nel vivo del discorso e spiegare, nel dettaglio e con esempi pratici, cos’è il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, qui di seguito vogliamo darne una prima generale definizione in modo che il lettore comprenda di cosa parleremo più avanti.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO) è una forma di licenziamento prevista dal diritto del lavoro italiano, che consente al datore di lavoro di interrompere il rapporto di lavoro con un dipendente per ragioni di carattere tecnico, organizzativo o produttivo, che non dipendono dalla sua condotta personale ma dall’azienda (tipico esempio è la crisi o il calo di fatturato).
In altre parole, il licenziamento per GMO non è causato da un comportamento inadeguato o scorretto del dipendente, ma dalla necessità di ridimensionare l’organico dell’azienda, ristrutturare la produzione, ridurre i costi o adeguarsi a cambiamenti del mercato o delle normative.
Tuttavia, per essere legittimo, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve rispettare una serie di requisiti e procedure previste dalla legge, come l’obbligo di comunicare per iscritto al dipendente i motivi del licenziamento, la concessione di un preavviso e la valutazione della ricollocazione del dipendente ad altre mansioni (di tanto parleremo meglio dopo).
In caso di contestazione del provvedimento da parte del dipendente, il licenziamento GMO è soggetto a controllo da parte del giudice che, seppur non può entrare nel merito delle ragioni addotte dal datore, deve comunque verificare che queste siano effettive e solo una scusa per liberarsi del lavoratore.
In caso di violazione delle norme o dei diritti del dipendente, il licenziamento GMO può essere impugnato dal lavoratore di fronte al giudice del lavoro, che valuterà la legittimità della decisione del datore di lavoro e potrà eventualmente ordinare la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro o il pagamento di un’indennità risarcitoria.
In sintesi, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è una forma di licenziamento prevista dalla legge italiana che consente al datore di lavoro di interrompere il rapporto di lavoro con un dipendente per motivi di carattere tecnico, organizzativo o produttivo, purché siano rispettati i requisiti e le procedure previsti dalla legge.
Detto ciò, possiamo ora entrare nel vivo dell’argomento distinguendo tutte le forme di licenziamento che esistono.
Quando è possibile il licenziamento in un contratto a tempo determinato?
In un rapporto di lavoro a tempo determinato, tanto il datore di lavoro quanto il dipendente devono rispettare il termine fissato dal contratto: entrambi quindi non possono recedere prima della scadenza, a pena di dover versare un risarcimento alla controparte.
È tuttavia possibile recedere dal contratto solo se sussiste un grave inadempimento della controparte. In tal caso il datore può licenziare il dipendente o quest’ultimo può presentare le dimissioni. Per il primo caso si pensi all’ipotesi del lavoratore che non si presenta sul posto per più giorni o che commetta delle gravi negligenze. Per il secondo caso si pensi all’ipotesi del datore che non paga stipendio o contributi.
Quando è possibile licenziarsi in un contratto a tempo indeterminato?
In un rapporto di lavoro a tempo indeterminato il dipendente può dimettersi in qualsiasi momento. A differenza infatti di quanto avviene per il datore di lavoro (di cui parleremo nel prossimo paragrafo), il lavoratore non deve fornire una motivazione alla sua scelta di “licenziarsi”: scelta che pertanto è rimessa alla sua completa discrezionalità. Tuttavia, egli deve rispettare il periodo di preavviso indicato dal contratto collettivo nazionale. Se non rispetta il preavviso, gli viene decurtata dall’ultima busta paga un’indennità (secondo la misura fissata dal Contratto collettivo).
Il dipendente che si dimette non ha diritto alla Naspi, l’indennità di disoccupazione.
Se però le dimissioni avvengono per giusta causa, ossia per una grave violazione del contratto commessa dal datore (ad esempio vessazioni, mobbing, omesso versamento della retribuzione ecc.), non è più necessario dare il preavviso ed è possibile ottenere la Naspi. In tal caso si parla di dimissioni per giusta causa.
Quando è possibile il licenziamento in un contratto a tempo indeterminato?
Analizziamo ora l’interruzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato dal lato del datore.
In un rapporto di lavoro a tempo indeterminato il datore di lavoro può sì licenziare ma solo al ricorrere di determinate ipotesi indicate, in modo molto generale, dalla legge. In particolare il licenziamento può essere di due tipi.
- licenziamento disciplinare: è conseguenza della condotta colpevole o dolosa del dipendente;
- licenziamento economico o, anche detto, licenziamento per giustificato motivo oggettivo: è conseguenza di una scelta dell’azienda legata alla produzione o all’organizzazione interna.
Vediamo singolarmente queste due ipotesi.
Cos’è il licenziamento disciplinare?
Il licenziamento per motivi disciplinariè quello collegato a una condotta colpevole del lavorare. Esso può essere di due tipi:
- licenziamento per giustificato motivo soggettivo quando la condotta, seppur sufficientemente grave da recidere il rapporto di fiducia col datore e giustificare il licenziamento, non è talmente grave da impedire la prosecuzione del rapporto durante il periodo di preavviso previsto dal contratto collettivo nazionale;
- licenziamento per giusta causa quando la condotta imputata al dipendente è della massima gravità e non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro neanche per un solo giorno. In tal caso il rapporto di lavoro cessa già con la lettera di licenziamento e pertanto non è previsto il preavviso.
In entrambi i casi al dipendente spetta la Naspi, l’indennità di disoccupazione.
Per il licenziamento per giusta causa si pensi al dipendente che non si presenta per più giorni sul lavoro, che ruba, che produce un certificato medico falso per assentarsi dal lavoro, che utilizza i permessi della legge 104 per finalità personali e così via.
Per il licenziamento per giusta causa si pensi al dipendente che viola una delle regole imposte dal contratto collettivo o dal regolamento aziendale, che è colpevole di scarso rendimento e così via.
Il datore che voglia procedere al licenziamento disciplinare deve prima avviare il procedimento di contestazione previsto dallo Statuto dei lavoratori. Deve pertanto prima inviare una comunicazione scritta al dipendente con cui gli contesta l’addebito con specificità e tempestività rispetto alla condotta incriminata. Deve dargli 5 giorni di tempo per presentare memorie difensive e/o per essere ascoltato personalmente in presenza eventualmente di un sindacalista. All’esito di tali difese il datore comunica la decisione in merito al provvedimento sanzionatorio da adottare.
Cos’è il licenziamento economico o per giustificato motivo oggettivo?
Il licenziamento economico è anche detto licenziamento per giustificato motivo oggettivo (di solito abbreviato con GMO). Questa forma di licenziamento trae giustificazione non già da una condotta del dipendente ma da decisioni interne all’azienda che non possono essere “campate in aria” ma devono pur sempre trovare un appiglio in ragioni di carattere tecnico, organizzativo o produttivo.
In buona sostanza alla base del licenziamento per GMO c’è la volontà del datore di lavoro di ristrutturare l’organizzazione interna. Questa ristrutturazione può essere la conseguenza di diverse cause come, ad esempio:
- crisi economica;
- calo del fatturato;
- cessione del ramo d’impresa;
- esternalizzazione delle mansioni con affidamento a società terza;
- cessazione della mansione;
- situazione prefallimentare;
- riduzione dei costi del personale;
- sostituzione del personale con software o robot;
- accorpamento delle funzioni in un’unica figura;
- massimizzazione degli utili.
Nel caso di licenziamento per GMO, il datore di lavoro non deve avviare il procedimento di contestazione previsto per il licenziamento disciplinare ma deve prima verificare se sia possibile collocare il dipendente in un’altra mansione compatibile con la sua formazione e che sia “libera”, anche se di livello inferiore. È il cosiddetto obbligo di repêchage. Il mancato tentativo di repêchage, di cui deve dare prova il datore, è causa di illegittimità del licenziamento.
Come contestare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo
Il dipendente può contestare la scelta del datore di licenziarlo, ma il giudice non può entrare nel merito delle decisioni aziendali: può solo verificare se le stesse, per come indicate nella lettera di licenziamento, siano veritiere o meno. Ad esempio, sarebbe illegittimo il licenziamento disposto per calo di fatturato quando in realtà l’azienda sta continuando a fatturare regolarmente.
Se il motivo di licenziamento è insussistente, al dipendente spetta la reintegra sul posto di lavoro. In tutti gli altri casi (ad esempio mancata verifica del repêchage) è dovuto solo un risarcimento.
La contestazione del licenziamento deve essere fatta con lettera scritta da inviare entro 60 giorni dal ricevimento del licenziamento, in cui il dipendente dichiara la volontà di opporsi al licenziamento. Nei successivi 180 giorni l’avvocato dell’interessato dovrà comunque depositare il ricorso in tribunale.
La Cassazione ha più volte detto che, in caso di licenziamento economico, il datore non può limitare la scelta ai soli dipendenti addetti al reparto interessato, ma deve prendere in considerazione anche gli altri. In tal caso dovrà adottare dei criteri di scelta imparziali come i carichi familiari e l’anzianità di servizio.