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Tutto ciò che devi sapere sui titoli di Stato

3 Marzo 2023 | Autore:
Tutto ciò che devi sapere sui titoli di Stato

Quali tipi esistono, a che cosa servono, chi se ne beneficia e dove possono essere acquistati. Il decalogo ministeriale per la trasparenza.

I titoli di Stato sono delle obbligazioni emesse dal Governo per finanziare i servizi da erogare al Paese e le attività istituzionali. Vengono emessi dal ministero dell’Economia e delle Finanze attraverso il Dipartimento del Tesoro. In sostanza, si tratta di un prestito che i sottoscrittori fanno allo Stato e, pertanto, sono soldi che vanno restituiti con gli interessi. Una definizione, però, non basta: di seguito troverai tutto ciò che devi sapere sui titoli di Stato.

Come detto, stiamo parlando delle cosiddette obbligazioni, cioè di titoli che mettono il sottoscrittone nella posizione di creditore nei confronti dello Stato. Il quale è, appunto, obbligato a restituire il capitale entro una certa scadenza con i dovuti interessi.

Le obbligazioni ordinarie (quelle più comuni) possono essere:

  • a tasso fisso, e quindi rendere gli interessi pattuiti alla sottoscrizione;
  • a tasso variabile e, pertanto, rendere gli interessi prodotti a seconda dei tassi di mercato.

I titoli di Stato prevedono la liquidazione periodica degli interessi in date prestabilite attraverso delle cedole.

L’investimento ha una durata variabile, a seconda del reddito che il sottoscrittore si aspetta di ricevere entro un determinato termine. Ad ogni modo, possono essere rivenduti prima della scadenza sui mercati regolamentati (come, ad esempio, la Borsa) alle condizioni stabilite dal mercato.

Tipologie e rendimento dei titoli di Stato

I titoli di Stato emessi in Italia dal ministero dell’Economia e delle Finanze sono:

  • i Bot, Buoni ordinari del Tesoro: sono titoli di durata non superiore a un anno e privi di cedole. Il rendimento è dato dalla differenza tra il prezzo di rimborso e quello di acquisto. È il cosiddetto «scarto d’emissione»;
  • i Ctz, Certificati del Tesoro zero coupon: sono titoli a 24 mesi, anche in questo caso privi di cedole. Il rendimento è del tutto simile a quello dei Bot, cioè la differenza tra il prezzo di rimborso e quello di emissione;
  • i Btp, Buoni del Tesoro poliennali: sono titoli con cedole fisse semestrali e offrono la possibilità di scegliere tra le seguenti durate all’emissione: 3, 5, 7, 10, 15, 20, 30 e 50 anni. È previsto il pagamento di cedole fisse, il che consente di avere un reddito costante. In questo modo, il prezzo sul mercato secondario, e quindi il valore capitale che è possibile ottenere da un’eventuale vendita prima della scadenza, può discostarsi sia dal capitale inizialmente investito sia dal rimborso a scadenza, variando in funzione del livello corrente dei tassi di interesse sul debito pubblico italiano;
  • i BTP€i, Buoni del Tesoro poliennali indicizzati all’inflazione europea: sono titoli con durata di 5, 10, 15 e 30 anni che garantiscono un reddito costante in termini reali, ossia prevedono una protezione contro l’aumento del livello dei prezzi europei. Il capitale viene rimborsato a scadenza e le cedole semestrali sono rivalutate in base all’andamento dell’inflazione europea, misurato dall’Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo nell’area dell’euro (IAPC) con esclusione dei tabacchi. In pratica, i soldi investiti non subiranno alcun calo a causa dell’inflazione;
  • i CCTeu, Certificati di credito del Tesoro indicizzati all’Euribor: sono titoli con cedola variabile. In pratica, adeguano il valore del loro reddito periodico ad un parametro di mercato;
  • i Btp Italia, Buoni del Tesoro poliennali Italia: sono titoli con cedole semestrali e durata stabilita di volta in volta mediamente pari a sei anni. Possono essere acquistati anche online all’emissione, oltre che allo sportello bancario o presso un ufficio postale. Le cedole, pagate semestralmente, e il capitale, la cui rivalutazione viene anch’essa corrisposta semestralmente, si adeguano in base all’andamento dell’inflazione italiana, misurato dall’Indice nazionale dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati (FOI) con esclusione dei tabacchi.

Ci sono, quindi, dei titoli a rendimento fisso, per i quali le cedole a scadenza e il prezzo di rimborso sono predeterminati. Il rendimento può derivare:

  • dallo «scarto di emissione», ossia la differenza tra il prezzo sottoscritto (emesso un valore inferiore a quello nominale) e quello di rimborso a scadenza (valore nominale);
  • dall’incasso dell’interesse fisso nel tasso e nella periodicità (la cosiddetta cedola).

E ci sono anche dei titoli a rendimento variabile, indicati nella denominazione con la sigla TV. Prevedono che la cedola e/o il valore di rimborso siano calcolati a una determinata data sulla base di un parametro esterno. Parametro e meccanismo di calcolo determinano l’indicizzazione del titolo, che può essere di natura:

  • finanziaria, legata ad esempio al tasso bancario Euribor;
  • valutaria, legata a un determinato tasso di cambio in un dato istante;
  • reale, legata al tasso di inflazione di una determinata area (ad esempio l’Italia o l’eurozona); garantendo quindi una protezione contro l’aumento del livello dei prezzi.

Dove si acquistano i titoli di Stato?

È possibile acquistare i titoli di Stato:

  • al momento dell’emissione (di norma, tramite asta);
  • sul mercato secondario, dove vengono quotidianamente scambiati.

In entrambi i casi è necessario rivolgersi alla banca o all’intermediario finanziario abilitato presso cui il risparmiatore ha un conto aperto.

Acquistando all’asta non si è tenuti a pagare commissioni per tutti i titoli di Stato tranne che per i Bot, per i quali sono comunque previste delle integrazioni massime fissate con decreto ministeriale. Le commissioni, invece, sono libere quando si acquistano i titoli sul mercato secondario, cioè quando si comprano dei titoli già in circolazione.

L’investitore deve prenotare il quantitativo desiderato, per un importo minimo di 1.000 euro, con almeno un giorno di anticipo rispetto alla data dell’asta. Il calendario delle aste e i comunicati che riportano tutte le informazioni utili sui titoli in emissione e i risultati delle aste, sono pubblicati sul sito del ministero dell’Economia e delle Finanze.

In alternativa, è possibile comprare titoli di Stato:

  • sul Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato (il Mot): si tratta del mercato secondario regolamentato gestito dalla Borsa Italiana S.p.A;
  • sui mercati regolamentati, dove i titoli di Stato italiani sono quotati di diritto.

I rischi di investire in titoli di Stato

Tra le cose che devi sapere sui titoli di Stato ci sono, ovviamente, anche i rischi che comporta questo tipo di investimento.

In caso di negoziazione prima della scadenza sul mercato secondario, il prezzo, e di conseguenza il controvalore incassato, può essere diverso rispetto al valore di rimborso previsto alla scadenza. In altre parole, i titoli di Stato, come tutti i titoli negoziabili, sono soggetti ad oscillazione di prezzo e quindi al rischio di mercato.

Quest’ultimo è legato all’andamento dei tassi di interesse. Anche nel caso del titolo a tasso fisso già emesso da Ministero, si possono presentare due situazioni:

  • una diminuzione dei tassi di interesse sul debito pubblico italiano che corrisponde ad un aumento di prezzo;
  • un aumento dei tassi di interesse sul debito pubblico che corrisponde ad una diminuzione di prezzo, cioè l’esatto contrario del caso precedente.

In entrambi i casi, un titolo di Stato prima della scadenza è soggetto ad oscillazioni di prezzo, mentre alla scadenza viene rimborsato al suo valore nominale. Altro non è che un invito a portare l’investimento alla scadenza naturale in modo da evitare sorprese. Il titolo non venduto anticipatamente comporta che lo Stato possa disporre di quei soldi fino alla fine dell’investimento.

Chi si beneficia dei titoli di Stato?

Va da sé che, trattandosi di un prestito che lo Stato riceve dagli investitori, il primo beneficiario dell’emissione dei titoli è proprio lo Stato: grazie a questa operazione, infatti, può garantire ai cittadini l’erogazione dei servizi necessari e di quelli promessi.

Ne beneficiano anche i piccoli risparmiatori, perché hanno la possibilità di impiegare i propri risparmi in uno strumento tutto sommato poco rischioso:

  • in grado di garantire un flusso di reddito certo e, se legato a parametri di indicizzazione, permette anche forme di protezione (ad esempio, del potere di acquisto attraverso il legame con il tasso d’inflazione);
  • agevolmente liquidabile, permettendo di fronteggiare eventuali esigenze finanziarie improvvise e immediate.

Titoli di Stato: le regole di trasparenza del Mef

Un decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze [1] ha elencato dieci regole di trasparenza per il collocamento dei titoli di Stato. Il decreto prevede quanto segue:

  • spese di gestione: le spese che il cliente paga per la gestione ed amministrazione del deposito bancario in cui detiene i titoli di Stato non possono superare i 10 euro a semestre. Si tratta dunque di un tetto massimo, non di una cifra fissa, e nulla quindi vieta all’intermediario di proporre al cliente spese più basse. Il limite è valido a prescindere dalla quantità, data di scadenza e dalla tipologia dei titoli di Stato posseduti, ma non se il deposito contiene titoli diversi dai titoli di Stato. L’indicazione del livello di spese semestrali applicato deve essere inoltre pubblicizzato adeguatamente nei locali della banca o dell’intermediario finanziario e deve comparire nelle comunicazioni periodiche che la clientela riceve via posta;
  • titoli in scadenza: l’intermediario deve informare l’investitore con largo anticipo della imminente scadenza del titolo e del termine entro il quale occorre prenotare per reinvestire in titoli di Stato;
  • informazioni sulle aste: la banca deve esporre in modo ben visibile le date in cui si svolgono le aste delle diverse tipologie di titoli di Stato e, soprattutto, le date entro le quali è possibile prenotarsi per sottoscriverli;
  • giorni di valuta: per i titoli di Stato che staccano cedola, gli accrediti delle somme relative devono essere effettuati con la stessa valuta riportata dal decreto di emissione per i relativi pagamenti, secondo il sistema dei pagamenti vigente a livello europeo. Lo stesso vale per il rimborso del capitale di un titolo scaduto;
  • il prezzo dei Bot: il prezzo a cui sottoscrivete il Bot è quello «medio ponderato» risultante dall’asta. Questo prezzo deve essere pubblicizzato dagli intermediari nei locali aperti al pubblico; gli avvisi devono essere costantemente aggiornati e contenere anche indicazione del tasso di rendimento lordo a scadenza;
  • commissioni sui Bot: non esistono commissioni fisse per la sottoscrizione. Il Ministero si è anche qui limitato a fissare i tetti massimi. L’intermediario potrà far pagare per ogni 100 euro di capitale sottoscritto fino a 5, 10, 20 e 30 centesimi a seconda della scadenza del Bot;
  • comunicazioni sui Bot: la comunicazione di avvenuto acquisto deve indicare, oltre al capitale nominale dei titoli sottoscritti, anche il prezzo medio ponderato dell’asta, la ritenuta fiscale pagata sugli interessi (sia in percentuale, sia in valore assoluto), a commissione eventualmente applicata (sia in percentuale, sia in valore assoluto), il prezzo totale di vendita (comprensivo di ritenuta ed eventuale commissione) ed il corrispondente tasso di rendimento annuo;
  • commissioni per gli altri titoli: chi sottoscrive gli altri titoli di Stato diversi dai Bot non deve pagare alcuna commissione. Infatti, a pagare le commissioni alle banche collocatrici ci ha già pensato l’emittente, cioè il Ministero.
  • prezzi dei titoli diversi dai Bot: come per i Buoni ordinari del Tesoro, il prezzo di aggiudicazione deve essere pubblicizzato adeguatamente dagli intermediari nei locali aperti al pubblico e la comunicazione dell’avvenuta assegnazione deve indicare ogni dettaglio dei titoli sottoscritti;
  • tassazione dei titoli: il rendimento dei titoli di Stato è soggetto all’aliquota fiscale del 12,5%. La ritenuta è applicata al momento dell’acquisto per i Bot e al rimborso per gli altri titoli. Qualunque tipo di tassa o imposta applicata al deposito o conto corrente bancario deve indicare esplicitamente l’articolo di legge a cui si riferisce. Le operazioni di sottoscrizione in asta dei titoli di Stato non sono soggette ad alcuna imposta o commissione, al di fuori di quelle per i Bot.

note

[1] DM del 17.01.2015.


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