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Nuovi criteri di calcolo dell’assegno di mantenimento

5 Marzo 2023 | Autore:
Nuovi criteri di calcolo dell’assegno di mantenimento

L’assegno di divorzio scatta solo quando l’incapacità economica di uno dei due coniugi è incolpevole. 

Se stai affrontando una separazione o un divorzio, l’assegno di mantenimento sarà uno dei principali problemi su cui si concentreranno le dispute con il tuo ex coniuge, sia questi tuo marito o tua moglie. Devi però sapere che esistono ormai nuovi criteri di calcolo dell’assegno di mantenimento che prevedono un approccio più equo e preciso nel calcolo dell’importo dell’assegno stesso. 

In particolare con le sentenze della Cassazione rese nel 2017 e nel 2018 [1] è stata completamente riformata la materia dell’assegno divorzile, quello cioè che scatta dopo lo scioglimento definitivo del matrimonio. Queste due pronunce, la seconda delle quali resa a Sezioni Unite, hanno di fatto scardinato le vecchie concezioni secondo cui gli alimenti dovessero essere assegnati sempre al coniuge più povero, indipendentemente dalle ragioni del divario economico, e dovessero peraltro tendere a garantirgli lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio.

Dal 2018 ad oggi la Cassazione ha fatto ulteriori passi in avanti, arrivando ad estendere gradualmente tali principi anche all’assegno di mantenimento, quello cioè che scatta dopo la separazione. Possiamo pertanto parlare di nuovi criteri di calcolo dell’assegno di mantenimento e dell’assegno divorzile recepiti peraltro anche dagli altri tribunali. 

In questo articolo esploreremo i dettagli di questi nuovi criteri e come influenzeranno il calcolo degli alimenti che, il più delle volte, il marito deve versare alla moglie.

Quando non spetta l’assegno di divorzio

Non basta più solo il divario economico per ottenere l’assegno divorzile. Non è cioè sufficiente che la moglie sia disoccupata o abbia uno stipendio più basso di quello del marito. È necessario un altro e fondamentale presupposto: che tale divario non sia da attribuire alla colpa del coniuge che richiede il mantenimento. Vedremo a breve cosa si intende, nello specifico, per “colpa”. Per ora possiamo però già tracciare due conseguenze.

La prima: se la moglie ha uno stipendio più basso del marito che però le consente di mantenersi da sola, non ha diritto al mantenimento. Si pensi alla moglie di un ricco imprenditore con uno stipendio di insegnante. Quest’ultima non potrà chiedere gli alimenti.

La seconda: se la moglie, che dopo il divorzio ha ottenuto l’assegno divorzile, non si cura di cercare occasioni lavorative, pur potendolo fare, e rimane in panciolle in casa per farsi mantenere dall’ex marito, perde gli alimenti. Il marito potrebbe infatti proporre un giudizio di revisione delle condizioni di divorzio e, fornendo la prova del comportamento colpevole della moglie, potrebbe ottenere una riduzione o addirittura una cancellazione del proprio obbligo. 

Quando spetta l’assegno di divorzio

L’assegno di divorzio spetta, dicevamo, a chi non ha “colpe” per il proprio stato di indigenza. E questo già esclude dalla percezione del contributo, tutte le mogli ancora molto giovani e con una formazione che hanno capacità reddituale e possono rendersi autonome. 

Una situazione di disagio economico incolpevole può essere allora già ravvisata nell’età avanzata che non consente di impiegarsi nel mondo del lavoro. E può altresì essere ravvisata nella condizione della moglie che abbia una inabilità al lavoro o comunque una patologia che non le consente di ottenere uno stipendio sufficiente a mantenersi. 

Un’ultima e assai frequente ipotesi – forse la più importante di tutte – è quella della moglie che ha sacrificato la propria carriera per dedicarsi alla casa, alla famiglia e ai figli, con l’accordo del marito. Deve cioè trattarsi di una scelta condivisa all’interno della coppia. 

Non è solo il caso della casalinga “a tempo pieno”, ma anche della donna lavoratrice che ha optato per un contratto di lavoro part time in modo da poter, nella residua parte della giornata, occuparsi del menage domestico.

È assai interessante una recente sentenza del tribunale di Busto Arsizio che ha Ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, il giudice deve comparare, anche d’ufficio, le condizioni economico – patrimoniali delle parti e, qualora risulti che il richiedente è privo di mezzi adeguati o è oggettivamente impossibilitato a procurarseli, dovrà accertare rigorosamente le cause di questa sperequazione. 

In particolare, il giudice dovrà valutare se ciò dipenda dal contributo che il richiedente ha apportato al nucleo familiare e alla creazione del patrimonio comune, sacrificando le proprie aspettative personali e professionali in relazione alla sua età e alla durata del matrimonio. All’esito di tali valutazioni dovrà infine quantificare l’assegno divorzile, rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare né all’autosufficienza economica del richiedente, ma assicurando all’avente diritto un livello reddituale adeguato al contributo fornito.

Criteri di calcolo dell’assegno di divorzio

Sinora abbiamo visto i presupposti per il riconoscimento dell’assegno di divorzio, ossia quando spetta e quando non spetta. Ed abbiamo detto che l’assegno è dovuto sia nel caso in cui l’ex coniuge non sia economicamente autosufficiente sia nel caso in cui il matrimonio ha causato uno spostamento patrimoniale dall’uno all’altro coniuge divenuto ingiustificato ex post: in tal caso, viene riconosciuto un assegno, in funzione compensativo-perequativa. 

Vediamo ora, una volta accertato il diritto a ottenere gli alimenti, come questi devono essere quantificati dal giudice. Secondo la Cassazione l’assegno di divorzio deve essere riconosciuto, non in rapporto al pregresso tenore di vita familiare, ma in misura adeguata anzitutto a garantire, l’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge. E, a tal fine, bisogna tenere conto dei seguenti parametri: 

  • la durata del matrimonio
  • l’età del richiedente.

avuto riguardo alla concreta situazione del coniuge richiedente nel contesto in cui egli vive. 

Inoltre, l’assegno divorzile deve essere adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali (che il coniuge richiedente ha l’onere di dimostrare nel giudizio), al fine di contribuire ai bisogni della famiglia [3].

Più in particolare il giudice deve quantificare l’assegno rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare, ma in misura adeguata a garantire, in funzione assistenziale, l’indipendenza economica del coniuge non autosufficiente. E per «autosufficienza» non si deve intendere solo la pura sopravvivenza [4].

In ogni caso, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge, deve essere esclusa la rilevanza dell’entità dei patrimoni delle famiglie di appartenenza ovvero del loro apporto economico ai coniugi in quanto trattasi di criterio ulteriore non previsto dalla legge [5].


note

[1] Cass. sent. n. 11504/17 e Cass. S.U. sent. n. 18287/18.

[2] Trib. Busto Arsizio, sent. n. 9/23 del 10.01.2023.

[3] Cass. civ., sez. I, ord. 8 settembre 2021, n. 24250

[4] Cass. civ., sez. I, ord. 5 agosto 2020, n. 16705. 

[5] Cass. civ., sez. VI-1, ord. 24 febbraio 2022, n. 6105.

TRIBUNALE ORDINARIO di BUSTO ARSIZIO PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:

dott. Francesco Paganini – Presidente

dott. Massimiliano Radici – Giudice

dott. Maria Eugenia Pupa – Giudice Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. …/2021 posta in decisione all’udienza del 04/10/2022 e promossa

da

P.A., elettivamente domiciliato in …presso lo studio degli avv.ti…, che lo rappresentano e difendono giusta procura allegata al ricorso;

-RICORRENTE

contro

B.G., ammessa al patrocinio a spese dello Stato, elettivamente domiciliata in …presso lo studio dell’avv…., che la rappresenta e difende giusta procura allegata alla comparsa di costituzione;

-RESISTENTE

CON L’INTERVENTO OBBLIGATORIO DEL PUBBLICO MINISTERO

OGGETTO: dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La domanda di dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dalle parti il 21/07/1984 in …è fondata e meritevole di accoglimento.

Da quanto risulta, le parti vivono in stato di separazione fin dalla loro comparizione avanti il Presidente del Tribunale di Milano, avvenuta nel corso del giudizio di separazione (conclusosi con sentenza n. … del 2014) e tra loro non vi è più stata riunione.

Lo stato di separazione protrattosi per vari anni, l’esistenza del presente ricorso e l’inutilità dell’esperimento del tentativo di conciliazione dimostrano che l’unione materiale e spirituale tra i coniugi non può essere ricostituita.

Premesso che nelle more processuali la figlia S. è divenuta economicamente autonoma e ha cessato dal luglio 2021 la convivenza con la madre presso la casa coniugale, a sua volta alienata con suddivisione tra le parti del ricavato, deve precisarsi che la controversia resta confinata alla disamina della domanda della resistente avente ad oggetto la determinazione di un assegno divorzile in suo favore.

A tale proposito si osserva che deve accogliersi la domanda della resistente diretta a conseguire il riconoscimento di un assegno divorzile in suo favore, seppure in un importo inferiore a quello richiesto.

Com’è noto, la recente sentenza n. 18287 dell’11/07/2018 ha adottato una linea interpretativa di totale rottura rispetto ai pregressi orientamenti:

a) definitivo abbandono di entrambi i criteri (tenore di vita ed autosufficienza economica del richiedente) posti alla base dei contrapposti orientamenti del passato;

b) superamento della struttura necessariamente bifasica del procedimento di determinazione dell’assegno divorzile, abbandonando così la distinzione fondata sulla natura attributiva o determinativa dei criteri richiamati dall’art. 5, comma 6, della legge sul divorzio;

c) disconoscimento di una funzione meramente assistenziale all’assegno divorzile, a favore di una natura composita dello stesso, che alla funzione assistenziale unisce quella perequativa e compensativa;

d) pariteticità dei criteri previsti all’art. 5, sesto comma, della L. n. 898 del 1970;

e) abbandono di una concezione astratta del criterio di “adeguatezza/inadeguatezza dei mezzi”, a favore di una visione concreta, relativa allo specifico contesto coniugale;

f) valutazione necessariamente complessiva dell’intera storia coniugale e prognosi futura, determinando l’assegno in base all’età e allo stato di salute dell’avente diritto, nonché alla durata del vincolo coniugale;

g) valorizzazione del profilo perequativo – compensativo dell’assegno, accertando in maniera rigorosa il nesso causale esistente tra scelte endo-familiari e situazione del richiedente al momento di scioglimento del vincolo coniugale.

Con tale pronuncia le Sezioni Unite hanno dunque abbandonato la prospettiva individualista fatta propria dalla Corte nella pronuncia n. 11504 del 2017, valorizzando il principio di solidarietà post coniugale nel pieno rispetto degli artt. 2 e 29 della Costituzione.

Diretta conseguenza di tale impostazione è che, al fine di stabilire se ed eventualmente in che misura spetti l’assegno divorzile, il Giudice dovrà procedere secondo l’iter logico sopra delineato.

In primo luogo, il Giudicante dovrà comparare, anche d’ufficio, le condizioni economico – patrimoniali delle parti e, qualora risulti che il richiedente è privo di mezzi adeguati o è oggettivamente impossibilitato a procurarseli, dovrà accertare rigorosamente le cause di questa sperequazione alla luce dei parametri indicati all’art. 5 sesto comma della Legge sul divorzio.

In particolare, il Decidente dovrà valutare se ciò dipenda dal contributo che il richiedente ha apportato al nucleo familiare e alla creazione del patrimonio comune, sacrificando le proprie aspettative personali e professionali in relazione alla sua età e alla durata del matrimonio.

All’esito di tali valutazioni dovrà infine quantificare l’assegno divorzile, rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare né all’autosufficienza economica del richiedente, ma assicurando all’avente diritto un livello reddituale adeguato al contributo fornito come sopra indicato.

A sostegno della sua opposizione, il ricorrente adduceva sia il miglioramento della condizione patrimoniale della B. derivante dall’incasso della somma di Euro 120.000 dalla vendita della casa coniugale, sia la piena capacità lavorativa della controparte, da anni impegnata in attività di lavoro non regolarizzate in qualità di colf idonee ad assicurarle il sostentamento; al contrario, la convenuta ha lamentato la riduzione della sua attività lavorativa con sostanziale dimezzamento delle sue entrate dalla somma mensile di Euro 800 dell’epoca della separazione a quello di Euro 400- 500 al mese e fatto presente come la sua parte del corrispettivo per la vendita della immobile non fo sse neppure sufficiente all’acquisto di una nuova abitazione, mentre la controparte poteva contare sulla casa della convivente.

Nel caso concreto, oltre a doversi considerare la lunga durata del rapporto matrimoniale, da cui sono nate due figlie, cui la convenuta ha prestato le sue cure genitoriali rinunziando alla sua attività professionale di gestione di un bar per dedicarsi a meno redditizie attività non stabilizzate (circostanza dedotta sin dal primo atto costitutivo e non contestata dal P.), deve osser varsi che, previa valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti basata sulle allegazioni documentali, persiste tra i due coniugi un rilevante divario tra le rispettive capacità reddituali; in effetti, se è vero che il P. ha subito il licenziamento per il superamento del periodo di comporto, percependo l’indennità Naspi di Euro 1.000, è pure vero che egli non si trova più costretto a fare fronte al mutuo della casa ed al finanziamento su di lui gravanti all’epoca della separazione e che egli può, comunque, contare sia sulla somma ricavata dalla vendita dell’abitazione coniugale, sia sul T.F.R., mentre la B. dovrà comunque utilizzare la sua parte del prezzo dell’alienazione immobiliare per l’acquisto di un appartamento o per sostenere un canone locativo potendo fare affidamento solo su introiti da lavori non regolarizzati, destinati fatalmente a ridursi con l’avanzare dell’età.

Allo stesso tempo, tuttavia, non può neppure trascurarsi la circostanza dell’introito ad opera della convenuta di una somma superiore a Euro 41.000 derivante dall’acquisito di un biglietto del Superenalotto nel 2021; in effetti, pur avendo la resistente dichiarato come l’acquisto del biglietto sia stato effettuato dalle figlie (circostanza non provata), deve, altresì, rilevarsi come l’accredito sia stato eseguito sul conto della madre nonostante la figlia sia titolare di un proprio conto e come una parte della somma sia stata utilizzata per un investimento in favore non solo delle figlie ma della stessa madre.

All’accoglimento della domanda relativa al riconoscimento di un assegno divorzile in favore della convenuta consegue la declaratoria dell’obbligo del P. di versare la quota del 40% del Trattamento di Fine Rapporto maturato nel periodo dal 21/07/1984 (data di celebrazione del matrimonio) sino alla data di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Alla stregua di tali considerazioni appare equo porre a carico del P. un assegno divorzile pari all’importo dell’assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione, ossia Euro 150 come maggiorato dall’intervenuta rivalutazione, oltre l’ulteriore rivalutazione annua ISTAT dal gennaio 2024, da versarsi entro il giorno 10 di ogni mese.

Alla stregua dell’accoglimento della domanda della convenuta diretta a conseguire la determinazione di un assegno divorzile, deve condannarsi il ricorrente a rifondere le spese di lite sostenute dalla resistente con il versamento diretto in favore dell’E., a condizione della definitiva ammissione della B. al beneficio del patrocinio a spese dello Stato ma senza la dimidiazione del 50% alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui “In tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio , il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato ex art. 133 del D.P.R. n. 115 del 2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo D.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art. 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidatealsingolodifensore,dicompensarelesituazionidimancatorecuperodiquantocorrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità” (Cass. sez. II, sentenza n. 19 del 3 gennaio 2020).

P.Q.M.

Il Tribunale di Busto Arsizio, così deliberando in via definitiva:

1) Dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dalle parti il 21/07/1984 in Rescaldina, ordinando l’annotazione della presente sentenza a margine dell’atto di matrimonio n. 34, parte II, serie A, anno 1984;

2) Pone a carico del ricorrente l’obbligo di corrispondere alla convenuta un assegno divorzile di Euro 150 così come incrementato dalla rivalutazione maturata fino alla presente sentenza, oltre la rivalutazione annua dal gennaio 2024, da versarsi entro il giorno 10 di ogni mese;

3) Dichiara il P. tenuto al versamento in favore dellacontroparte dellaquota del 40% del Trattamento di Fine Rapporto maturato nel periodo dal 21/07/1984 (data di celebrazione del matrimonio) sino alla data di cessazione degli effetti civili del matrimonio;

4) Condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite sostenute dalla resistente nell’importo di Euro 4.040 per compensi, oltre il rimborso spese forfetario al 15%, l’IVA ed il CPA, con il versamento in favore dell’E., a condizione della definitiva ammissione della resistente al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

Conclusione

Così deciso in Busto Arsizio nella camera di consiglio del 4 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2023.


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