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Sconosciuto bacia sulla guancia una bambina: si può denunciare?

7 Marzo 2023 | Autore:
Sconosciuto bacia sulla guancia una bambina: si può denunciare?

Violenza sessuale solo quando il bacio sulla guancia viene dato in modo che la vittima non possa sottrarsi ad esso e sfuggire.  

Si può denunciare uno sconosciuto che bacia una bambina sulla guancia? La questione si è posta di recente dinanzi alla Cassazione. I pregressi della Suprema Corte hanno spesso parlato di «violenza sessuale» tutte le volte in cui un uomo bacia una donna senza che questa lo voglia, anche tramite sotterfugi e atti furtivi, volti a impedire che questa si divincoli o possa sottrarsi al gesto. E ciò vale non solo per il bacio sulle labbra, ma anche quello sul collo o su altre parti del corpo.

È chiaramente più delicata la situazione che coinvolge una minorenne vista l’incapacità dei bambini di gestire situazioni particolari come questa e di poter reagire anche fisicamente. Ecco perché, tenuto peraltro conto dei numerosi episodi di pedofilia che si registrano nelle città, è chiaro che i genitori della piccola possano chiedersi quali conseguenze rischi chi poggia le proprie labbra sul volto della presunta vittima.

Dicevamo quindi che alla Cassazione è stato chiesto: si può denunciare una persona che bacia una bambina sulla guancia senza che vi sia chiaramente una ragione affettiva a giustificare il gesto? 

Bene, nella sentenza in questione la Suprema Corte [1] ha minimizzato il gesto, tenendo conto delle circostanze concrete. E questo perché l’uomo aveva agito in maniera non repentina, semplicemente chinandosi a baciare sulla guancia la bambina, senza toccarla in altre parti del corpo e senza rivelare alcun desiderio o appagamento sessuale.

Ecco che in situazioni in cui invece il bacio sia strisciante e immediato, tale cioè da non consentire di sottrarsi ad esso, specie se le mani si posano sul corpo della minorenne (non necessariamente gli organi sessuali), potendo solo costringerla a non allontanarsi, allora sì che ricorrono gli estremi del reato di atti sessuali con minore o di violenza sessuale se si tratta di maggiorenne.

La vicenda riguarda  un uomo di oltre 40 anni che è stato processato per avere dato un bacio sulla guancia a una bambina a lui completamente estranea. Il  Tribunale ha ridimensionato l’accusa a mera molestia, escludendo il reato di violenza sessuale, e assolto l’uomo per la sua incapacità di intendere e di volere. Tuttavia, la Procura ha presentato un ricorso in Cassazione contestando la decisione del Tribunale e sostenendo che il bacio deve essere considerato una violenza sessuale, alla luce dei rapporti tra l’uomo e la bambina, della differenza di età, della repentinità del gesto e del fatto che la bambina non sia riuscita a dormire la notte dopo l’incidente. 

Il caso solleva importanti questioni sulla definizione di violenza sessuale e sulla valutazione degli elementi che la caratterizzano. In particolare, la vicenda mette in luce la necessità di prendere in considerazione non solo la tipologia del gesto, ma anche il contesto in cui si è verificato e le reazioni delle persone coinvolte. 

La Procura ha sostenuto che il bacio sulla guancia, nel caso specifico, deve essere considerato una violenza sessuale, in quanto il gesto è stato compiuto da un uomo adulto su una bambina molto più giovane di lui, a lei totalmente sconosciuta, e ha causato una forte reazione emotiva. Il Tribunale, invece, ha valutato la situazione in modo diverso, escludendo il reato e assolvendo l’uomo. 

La Cassazione ha richiamato il principio secondo cui «in tema di reati sessuali, il bacio sulla guancia, in quanto atto non direttamente indirizzato a zone chiaramente definibili come erogene, configura violenza sessuale nella forma «consumata» e non «tentata» ma solo allorquando, in base ad una valutazione complessiva della condotta che tenga conto del contesto ambientale e sociale in cui l’azione è stata realizzata, del rapporto intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato di fatto, possa ritenersi che abbia inciso sulla libertà sessuale della vittima». 

Proprio alla luce di tale principio, nel caso di specie non è stato assegnato al bacio un valore che andasse al di là di un gesto non più che molesto. E ciò, come detto, solo perché il fatto non è sembrato “subdolo” ai giudici. 

Irrilevante, chiariscono i magistrati di terzo grado, il riferimento alla «reazione delle persone presenti» e alla «reazione, postuma, della bambina», reazione spiegata in Tribunale come «conseguente alla visione del comportamento allarmato mostrato dagli adulti che le erano vicini». Impossibile, infine, ipotizzare il reato di violenza privata, poiché «è mancato in concreto il carattere di repentinità della condotta», concludono i magistrati.


note

[1] Cass. pen., sez. III, ud. 2 febbraio 2023 (dep. 3 febbraio 2023), n. 9085

Autore immagine: depositphotos

Cass. pen., sez. III, ud. 2 febbraio 2023 (dep. 3 febbraio 2023), n. 9085

Presidente Ramacci – Relatore Noviello

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza del. maggio 2020, il tribunale di Lecco assolveva A.D. dal reato di cui al capo a) inerente il reato ex art. 660 c.p., e riqualificato il fatto di cui al capo b) relativo al delitto ex art. 609 bis c.p. nel reato di cui all’art. 660 c.p. assolveva altresì l’A. da tale reato perché non imputabile per totale incapacità di intendere e di volere.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso il pubblico Ministero del tribunale di Lecco, con impugnazione depositata presso la Corte di appello di Milano, la quale dichiarava inammissibile la stessa ai sensi dell’art. 593 comma 3 c.p.p., riqualificando l’atto in ricorso per cassazione e disponendo l’invio degli atti presso questa Suprema Corte.

3. Il Procuratore della Repubblica deduce con il primo motivo l’erronea riqualificazione del fatto di cui al capo b) con conseguente cessazione della misura di sicurezza del ricovero in REMS. Con riguardo al contestato bacio sulla guancia si sostiene che diversamente da quanto sostenuto in sentenza lo stesso alla luce dei criteri giurisprudenziali di valutazione dello stesso avrebbe integrato il delitto consumato di violenza sessuale come contestato. Tanto in ragione ai rapporti tra imputato e persona offesa, riguardanti soggetti tra loro vicendevolmente sconosciuti, con differenza di età di ben 34 anni, e della repentinità del gesto oltre che per il contesto del momento che vedeva la bambina sola e prova di figure familiari di riferimento. Ed a conferma della valenza sessuale del gesto si valorizza il dato per cui la persona offesa la notte neppure sarebbe riuscita a dormire. Si sarebbe anche trascurata la precedente commissione di analogo gesto alcuni mesi prima da parte dell’imputato, già condannato per violenza sessuale, Il tribunale avrebbe anche trascurato le reazioni della zia della bambina e dell’edicolante. Reazioni che anche esse lascerebbero qualificare il gesto in termini sessuali. Da qui la necessaria corretta qualificazione originaria del fatto implicante, se del caso previa perizia, l’eventuale ripristino della misura di sicurezza del ricovero in Rems.

4. Con il secondo motivo deduce la mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 610 c.p. L’azione repentina di cui alla vicenda avrebbe dovuto, in ogni caso, condurre il tribunale a rinvenire la sussistenza di una condotta violenta tale da integrare il delitto di cui all’art. 610 c.p. Si rappresenta quindi in subordine la riqualificazione del fatto ai sensi di quest’ultimo articolo implicante, se del caso previa perizia, l’eventuale ripristino della misura di sicurezza del ricovero in Rems

5. Si richiede altresì la rinnovazione della perizia psichiatrica per valutare l’attuale pericolosità sociale.

Considerato in diritto

1. Si premette che l’impugnazione proposta come appello e riqualificata come ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 5, determina unicamente l’automatico trasferimento del procedimento dinnanzi al giudice competente in ordine alla impugnazione, secondo le norme processuali; permangono, inoltre, le regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato, con la conseguenza per cui l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini dell’impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (v., tra le tante: Sez. 1, n. 2846 del 08/04/1999 – dep. 09/07/1999, Annibaldi R, Rv. 213835). Tale è il caso in esame con particolare riferimento ai due motivi dedotti, che sollevano questioni di tipo giuridico e di corretta applicazione delle norme.

2. I due motivi, inerendo al tema della corretta qualificazione giuridica dei fatti appaiono omogenei e devono quindi essere valutati congiuntamente. Essi sono manifestamente infondati. Il tribunale ha fatto corretta applicazione del principio per cui, in tema di reati sessuali, il bacio sulla guancia, in quanto atto non direttamente indirizzato a zone chiaramente definibili come erogene, configura violenza sessuale, nella forma consumata e non tentata, allorquando, in base ad una valutazione complessiva della condotta che tenga conto del contesto ambientale e sociale in cui l’azione è stata realizzata, del rapporto intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante, possa ritenersi che abbia inciso sulla libertà sessuale della vittima (Sez. 3 -, n. 43423 del 18/09/2019 Rv. 277179 – 01). Ciò in quanto il collegio, con attenta analisi delle circostanze in concreto emerse, ha evidenziato come l’imputato abbia agito in maniera non repentina, semplicemente chinandosi a baciare sulla guancia la bambina, senza toccarla in altre parti del corpo e senza rivelare in alcun altro modo alcun desiderio o appagamento sessuale. Le censure proposte dal ricorrente, di converso, non intaccano tale analisi, che pur dà conto nel momento storico, del fatto e di come nonostante la differenza di età e l’assenza di rapporti di conoscenza non potesse, nel caso concreto, assegnarsi al bacio in questione un valore che andasse al di là di un gesto che il collegio ha motivatamente definito non più che molesto, come da riqualificazione operata dal tribunale ai sensi dell’art. 660 c.p. Le censure proposte a contestazione di tale tesi, oltre ad essere, alcune, adeguatamente respinte con la motivazione stessa, per la restante parte muovono su una personale analisi e valorizzazione della reazione di persone presenti – che appare un criterio non certo di per sé dirimente e univoco per qualificare giuridicamente un fatto, tanto più se in grado di assumere, come nel caso in esame e come rilevato dai giudici, connotazioni riprovevoli ma meno gravi di quelle contestate -, o sulla considerazione della reazione, postuma, della vittima, senza preoccuparsi, in quest’ultimo caso, di confutare la ragionevole spiegazione fornita al riguardo dai giudici, in termini di reazione della bambina conseguente alla visione del comportamento allarmato mostrato da adulti che le erano vicini. Si tratta, in altri termini, di un motivo da una parte poco specifico sul piano estrinseco, nella parte in cui non tiene adeguatamente conto delle puntuali riflessioni del tribunale, dall’altra, dal carattere meramente rivalutativo dei fatti, inammissibile, come noto, in questa sede.

Quanto alla ritenuta ricostruzione, in ogni caso, da parte del ricorrete, dei fatti accaduti, in termini di violenza privata, la censura è deficitaria sul piano estrinseco, in quanto non tiene conto e non contrasta quindi, in alcun modo, come invece doveroso, la tesi, riportata in sentenza, per cui mancherebbe in concreto quel carattere di repentinità della condotta su cui il ricorrente fonda la qualificazione del fatto in termini di fattispecie ex art. 610 c.p..

3. Nessun rilievo assume in questa sede, la richiesta di rinnovazione ex art. 603 c.p.p..

4.Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.


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