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Si può chiedere un mutuo con contratto a tempo determinato?

14 Marzo 2023 | Autore:
Si può chiedere un mutuo con contratto a tempo determinato?

Quando e come anche i lavoratori precari o atipici possono ottenere il finanziamento dalla banca per comprare la prima casa.

Anche i lavoratori precari hanno il legittimo desiderio di sposarsi, o intraprendere una convivenza stabile, comprare casa, mettere su famiglia, avere dei figli ed acquistare beni durevoli. Per far fronte alle esigenze finanziarie, a meno che non si provenga da una famiglia ricca o si abbia già una buona solidità patrimoniale, è quasi sempre necessario chiedere un mutuo, destinato all’acquisto dell’abitazione principale; ma le banche lo concedono quasi sempre soltanto a chi ha un lavoro stabile, con l’assunzione a tempo indeterminato, che oggi per molti giovani è soltanto un sogno.

E allora, con il precariato attualmente dilagante, che riguarda soprattutto gli under 30 ma talvolta anche i quarantenni e oltre, chi rientra in queste categorie svantaggiate ha bisogno di sapere se si può chiedere un mutuo anche con contratto di lavoro a tempo determinato, oppure se, giocoforza, bisogna ricorrere ad altre soluzioni. Come vedrai, la risposta è tendenzialmente positiva, ma ci sono vari ostacoli da superare, e spesso le condizioni del finanziamento sono meno favorevoli rispetto a quelle che riesce ad ottenere chi ha già il “posto fisso”.

Mutuo con contratto di lavoro a tempo determinato: è possibile?

La legge non condiziona la concessione di un mutuo al tipo di lavoro, o altra occupazione, svolta del richiedente, quindi in linea generale è possibile chiedere un mutuo se si ha un contratto di lavoro a tempo determinato.

Tuttavia le banche preferiscono erogare i mutui ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, perché dispongono di un reddito stabile e tendenzialmente duraturo nel tempo: si guarda alla durata complessiva del piano di ammortamento, che può arrivare a 20 o a 30 anni, mentre i contratti di lavoro a termine, come vedremo adesso, scadono molto prima.

Contratto di lavoro a tempo determinato: durata e termine

La normativa sul Jobs Act [1], che nel 2015 ha interamente riformulato la precedente disciplina del lavoro precario o atipico, dispone che il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato che si caratterizza per la durata predeterminata, mediante l’apposizione di un termine, che è valida soltanto se risulta da atto scritto (ad eccezione dei rapporti di lavoro aventi durata non superiore a 12 giorni).

La durata massima del contratto di lavoro a tempo determinato è pari a 24 mesi (12 mesi iniziali più 12 di estensione), ma solo se si verifica almeno una delle seguenti condizioni stabilite dalla legge [2]:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività d’impresa;
  • esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  • esigenze connesse a «incrementi temporanei, significativi e non programmabili» dell’attività ordinaria.

Inoltre le aziende possono assumere lavoratori a termine in misura non superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, salve diverse previsioni dei contratti collettivi. I datori di lavoro che impiegano fino a 5 dipendenti, le startup e le attività stagionali non soggiacciono a tale limite percentuale, e pertanto possono sempre assumere dipendenti con contratti di lavoro a tempo determinato. Sono compresi in questa deroga anche i contratti conclusi con lavoratori over 50 e quelli sottoscritti con Enti per svolgere in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica.

Lavoro a tempo determinato: quando c’è la proroga

I contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative, possono, eccezionalmente, prevedere proroghe o successione di più contratti di lavoro a tempo determinato anche oltre il limite complessivo di 24 mesi.

C’è, inoltre, la possibilità – chiamata «deroga assistita» – di concludere tra l’azienda e il lavoratore, sempre con l’assistenza dei sindacati, un ulteriore contratto a tempo determinato della durata massima di 12 mesi, ma la sottoscrizione deve avvenire presso la sede territoriale dell’Ispettorato del lavoro.

Quando il contratto a termine si trasforma in rapporto a tempo indeterminato

Il superamento del limite di durata di 24 mesi comporta l’automatica trasformazione del rapporto di lavoro in contratto a tempo indeterminato, con decorrenza dalla data di superamento del termine. Anche un numero eccessivo di proroghe – ne sono consentite al massimo quattro nell’arco dei 24 mesi, e sempre con il consenso del lavoratore – comporta la conversione in contratto a tempo indeterminato, a decorrere dalla data della quinta proroga.

Il rinnovo del contratto a tempo determinato di durata breve e rientrante nel limite legale soggiace comunque a un preciso intervallo temporale tra la data di sottoscrizione del precedente e di quello ulteriore, e precisamente il periodo “libero” deve essere di almeno:

  • 10 giorni per i contratti fino a 6 mesi;
  • 20 giorni per i contratti di durata superiore a 6 mesi.

Il rinnovo del contratto a termine deve avvenire per iscritto e indicare le esigenze che lo hanno determinato; se le suddette disposizioni vengono violate, il contratto si trasforma in tempo indeterminato.

Va evidenziato che il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato per almeno 6 mesi può far valere il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato eseguite dal datore di lavoro, entro i successivi 12 mesi, con riferimento alle mansioni svolte [3].

Quando il lavoro a tempo determinato è vietato

Esiste, poi, un preciso divieto dell’utilizzo di contratto di lavoro subordinato a termine [4] nei seguenti casi:

  • per la sostituzione di lavoratori in sciopero;
  • presso unità produttive in cui sono stati fatti, nei 6 mesi precedenti, licenziamenti collettivi riguardanti le medesime assunzioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato, a meno che la durata non sia superiore a 3 mesi o riguardi la sostituzione di lavoratori assenti o l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità;
  • presso aziende che hanno adottato la cassa integrazione, sia per la sospensione del lavoro sia per la riduzione dell’orario, riguardo a lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato;
  • da parte di datori di lavoro che non hanno eseguito la valutazione dei rischi in applicazione della normativa a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Anche in questo caso, se vengono violati i suddetti divieti, il contratto a termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

Come si impugna un contratto a tempo determinato?

L’impugnazione del contratto a tempo determinato che non ha rispettato le condizioni sopra indicate deve avvenire, con ricorso da presentare al Giudice del lavoro territorialmente competente, entro 180 giorni dalla data di cessazione del contratto [5].

Il giudice, se accerta l’illegittimità del contratto a termine, ordina in sentenza la trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato, e condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore, mediante la corresponsione di un’indennità onnicomprensiva calcolata tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr.

Mutuo con contratto a tempo determinato: requisiti e condizioni

La banca non è un giudice del lavoro e perciò compie le proprie valutazioni sulla situazione attuale, senza considerare le possibili evoluzioni future che il rapporto potrebbe avere, con la sua trasformazione a tempo indeterminato (salvi casi isolati, come quelli che interessano un’ampia platea di lavoratori precari che hanno instaurato un contenzioso giudiziario ottenendo per tale via l’assunzione stabile e definitiva, come è avvenuto nel recente passato per i trimestrali di Poste Italiane e per i dipendenti a termine di alcune Università ed altre Pubbliche Amministrazioni centrali o locali).

L’unica cosa che alla banca interessa, nel momento in cui deve decidere se concedere il mutuo richiesto, è la durata predeterminata del contratto di lavoro a termine: siccome essa non può superare, salvi casi eccezionali, i 24 mesi, la decisione sarà tendenzialmente negativa, oppure il periodo di restituzione del finanziamento concesso sarà circoscritto ad un periodo molto più breve rispetto a quello dei mutui ordinari (ad esempio: 5 o 10 anni al massimo, anziché 20 o 30), con conseguente innalzamento dell’importo della rata periodica, oppure di riduzione della somma mutuata.

Inoltre, per evitare le richieste di mutuo provenienti da lavoratori atipici, precari, stagionali e avventizi, alcuni istituti di credito richiedono la dimostrazione di aver lavorato, sia pure con contratti a tempo determinato, almeno 18 mesi nell’ultimo biennio.

In ogni caso, valgono anche per i mutui in favore dei lavoratori a tempo determinato i requisiti generali previsti per la concessione dei finanziamenti di lunga durata (da 5 a 30 anni), e cioè:

  • la costituzione di un’ipoteca sull’immobile, in modo che la banca possa soddisfarsi su tale bene in caso di inadempimento del mutuatario nel pagamento delle rate di restituzione;
  • il rapporto tra rata e reddito non superiore ad un terzo, altrimenti verrebbe intaccata la capacità di rimborso (ad esempio, se lo stipendio mensile è di 1.500 euro, la rata non potrà superare i 500 euro);
  • il merito creditizio, con assenza di protesti bancari o cambiari e di segnalazioni in Crif come cattivo pagatore;
  • la percentuale di finanziamento del mutuo fondiario che, di regola, non deve superare l’80% del valore dell’immobile per cui è concesso, e può arrivare al 100% solo con la prestazione di ulteriori garanzie.

Mutuo con contratto a tempo determinato: quali garanzie occorrono?

Molte banche pongono, come ulteriore condizione necessaria per l’erogazione del mutuo ai lavoratori a termine, la prestazione di una idonea garanzia: potrà trattarsi, a seconda dei casi, dello stipendio del partner che è lavoratore a tempo indeterminato, o della fideiussione rilasciata da un genitore o da un altro familiare, o di un pegno di titoli di Stato e obbligazionari depositati presso il medesimo istituto di credito.

Talvolta le banche richiedono anche la stipula di una polizza assicurativa a copertura del rischio di perdita del lavoro per scadenza del contratto a termine o mancato rinnovo: il costo è a carico del richiedente. Questo aumenta la possibilità di ottenere il mutuo, anche se l’importo concesso di solito non arriverà a coprire l’80% del valore dell’immobile, ma almeno la metà.

Come ottenere il mutuo con il Fondo di garanzia statale

Infine, è possibile ottenere un mutuo anche con contratto di lavoro a tempo determinato mediante il Fondo di garanzia dello Stato, destinato alle giovani coppie (sono tali quelle in cui almeno uno dei membri è under 36) e alle persone in difficoltà, come i nuclei familiari monogenitoriali con figli minori: la maggior parte delle banche aderisce, tramite l’Abi, alla apposita convenzione stipulata con il Mef (Ministero dell’Economia e Finanze). L’elenco delle banche aderenti si trova sul sito internet della Consap, che gestisce il Fondo.

Il Fondo – che è stato istituito con la Legge di Stabilità [6] del 2014 e viene periodicamente rifinanziato, anche se per importi esigui e che non bastano a soddisfare tutte le richieste – copre il 50% dell’importo capitale del mutuo (che deve riguardare esclusivamente la prima casa e non può superare i 250mila euro), garantendo così la banca almeno per la metà, e per il resto c’è la consueta ipoteca sull’immobile.


note

[1] D.Lgs. n. 81/2015.

[2] Art. 19 D.L. n. 87/2018, conv. con modif. in L. n. 96/2018.

[3] Art. 24 D.L. n. 87/2018, conv. con modif. in L. n. 96/2018.

[4] Art. 20 D.L. n. 87/2018, conv. con modif. in L. n. 96/2018.

[5] Art. 28 D.L. n. 87/2018, conv. con modif. in L. n. 96/2018.

[6] Art. 1, co. 48, L. n. 147/2013.


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