Cos’è il fondo di solidarietà per il coniuge?


Quando l’ex non provvede ai versamenti dovuti, l’assegno di mantenimento viene pagato dallo Stato a chi è in stato di bisogno: per comprovarlo vale l’Isee.
Se il tuo ex non ti versa l’assegno di mantenimento al quale sarebbe obbligato, oltre ai vari rimedi legali per costringerlo ad adempiere (te li spieghiamo tutti nell’articolo “Mantenimento: che fare se l’obbligato non paga?”), esiste anche un fondo di solidarietà per il coniuge che si trova in una condizione di grave bisogno economico, comprovato da un valore Isee molto basso, notevolmente inferiore alla soglia richiesta per accedere ad altre forme assistenziali, che, solitamente, è di 10mila o 15mila euro (puoi consultarle per filo e per segno leggendo “Quali agevolazioni si possono avere con l’Isee basso“).
In questi casi, il mantenimento dovrebbe essere pagato dallo Stato: usiamo il condizionale perché si tratta di una misura sperimentale, che era stata introdotta nel 2017 e in seguito non è stata rifinanziata, ma si attendono nuovi provvedimenti del Governo e del Parlamento al riguardo. Lo stop attuale è un vero peccato, perché i riscontri erano stati positivi, soprattutto da parte delle donne svantaggiate e prive di mezzi che avevano usufruito di questo importante e necessario sostegno finanziario.
Indice
Fondo di solidarietà per il coniuge: chi può accedere
Il fondo di solidarietà per il coniuge è stato introdotto in Italia con la legge di Stabilità del 2016 e riguarda i coniugi separati per i quali l’omesso versamento dell’assegno periodico da parte del coniuge obbligato si è verificato dal 1° gennaio 2016 in poi.
Per accedere al fondo di solidarietà occorre dimostrare, da parte del coniuge richiedente, un effettivo stato di bisogno economico: è tale quello comprovato dall’assenza di redditi e da un Isee inferiore a 3.000 euro (una soglia che, come detto, era stata introdotta anni fa, nel 2017, e non è stata più riparametrata ai valori attuali, che risentono dell’inflazione).
Inoltre il sostegno del fondo viene erogato solo ai coniugi separati con figli minori, o maggiorenni se disabili: sono, pertanto, esclusi, a prescindere dal valore Isee e dall’entità dei redditi:
- i coniugi separati senza figli;
- i coniugi separati con figli maggiorenni non disabili;
- i coniugi divorziati (la misura, infatti, è prevista solo nell’ambito della fase della separazione coniugale, e non in quella successiva del divorzio, per la quale comunque il mantenimento è ancora dovuto, sia pure sulla base di diversi presupposti, nella forma dell’assegno divorzile).
Fondo di solidarietà per il coniuge: come funziona
I beneficiari del fondo di solidarietà per il coniuge ottengono l’importo dell’assegno di mantenimento loro spettante (è quello determinato con il provvedimento emesso dal giudice della separazione) direttamente dallo Stato, tramite il Ministero della Giustizia, che, in seguito, può rivalersi sul coniuge obbligato ai pagamenti.
In sostanza, lo Stato eroga le somme al coniuge bisognoso in via di anticipazione, salva la successiva rivalsa nei confronti dell’inadempiente, con le opportune azioni di recupero del dovuto.
Fondo di solidarietà per il coniuge: quanto spetta?
La somma corrisposta dal fondo di solidarietà per il coniuge in via sostitutiva non può superare l’importo dell’assegno di mantenimento determinato dal giudice nella sentenza di separazione giudiziale o nel provvedimento di omologa della separazione consensuale, e, in ogni caso, non può eccedere la misura massima mensile dell’assegno sociale (che, per l’anno 2023, è pari a 503,27 euro al mese, per 13 mensilità).
Il fondo di solidarietà per il coniuge può essere attivato, da parte degli aventi diritto in possesso dei requisiti richiesti, anche nei casi di inadempimento parziale all’obbligo di versamento periodico: ad esempio, se un marito tenuto a pagare 150 euro al mese di mantenimento ne ha versati solo 50, la moglie potrà ottenere i 100 rimanenti dallo Stato.
Fondo di solidarietà per il coniuge: la domanda
La domanda per ottenere il fondo di solidarietà per il coniuge si propone con ricorso al tribunale competente, cioè quello che ha pronunciato la separazione coniugale. Va detto, però, che non tutti i tribunali italiani sono operativi in tal senso, ma soltanto quelli che nel biennio 2016-2017 avevano avviato la sperimentazione: precisamente, si trattava dei tribunali di Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L’Aquila, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Sassari, Taranto, Torino, Trento, Trieste, Venezia.
Il modello (form) da utilizzare si trova sul sito del Ministero della Giustizia (www.giustizia.it), nella pagina denominata: «Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno».
Nell’istanza – che è esente da qualsiasi imposta, bollo e contributo unificato – è necessario:
- produrre una copia del titolo giudiziale che fonda il diritto a percepire l’assegno di mantenimento;
- specificare di non aver ricevuto l’assegno di mantenimento periodico da parte del coniuge obbligato;
- allegare l’Isee valevole per l’annualità di riferimento alla data di presentazione;
- dichiarare di aver tentato le procedure di recupero del credito nei confronti del coniuge obbligato a pagare il mantenimento, ma con esito infruttuoso (ad esempio, perché il coniuge tenuto al versamento risulta nullatenente e privo di redditi o altri beni mobili ed immobili pignorabili).
Una volta depositato il modulo in cancelleria, il presidente del tribunale, o un giudice da lui delegato, nei 30 giorni successivi valuta l’ammissibilità dell’istanza e la trasmette al Dag (Dipartimento per gli affari di giustizia) del Ministero della Giustizia, anche ove la ritenga inammissibile (in tal caso esponendo le ragioni). Il fondo provvede, poi, ogni trimestre alla liquidazione delle istanze accolte, nei limiti delle risorse in dotazione.
Come ti abbiamo anticipato all’inizio, attualmente il fondo di solidarietà per il coniuge non è operativo: era stato finanziato, inizialmente, con una dotazione di 250mila euro per il 2016 e di 500mila per il 2017, ma successivamente non è stato rifinanziato per le annualità dal 2018 in poi. Di conseguenza le domande sono bloccate in attesa di nuovi stanziamenti.