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Chi deve versare l’IMU in caso di separazione?

9 Marzo 2023 | Autore:
Chi deve versare l’IMU in caso di separazione?

Diritto di abitazione nella casa familiare all’ex coniuge: a pagare l’IMU è la moglie o il marito?

La separazione rappresenta un momento difficile per tutte le persone coinvolte, specialmente quando si tratta di questioni finanziarie e patrimoniali. Tra le questioni che possono sorgere, una delle più frequenti riguarda il pagamento dell’IMU sulla casa di proprietà della coppia. Ma chi deve pagare l’IMU dopo la separazione? La risposta dipende da diversi fattori e può variare a seconda della situazione specifica. In generale, tenuto al pagamento dell’IMU è il proprietario dell’immobile, ma ci sono alcune eccezioni a questa regola come nel caso di usufrutto o di diritto di abitazione. 

Ad esempio, in caso di separazione consensuale o di divorzio, nel caso in cui l’immobile sia stato assegnato in uso al coniuge non proprietario, la normativa prevede che sia proprio quest’ultimo a dover pagare l’IMU. 

In ogni caso, è importante fare chiarezza sulla propria situazione e sulle normative in vigore per evitare spiacevoli sorprese. In questo articolo esploreremo in dettaglio chi deve pagare l’IMU sulla casa dopo la separazione, analizzando diverse situazioni e fornendo consigli utili per gestire al meglio questa delicata questione. Lo faremo alla luce di una recente sentenza della Cassazione [1] che ha chiarito proprio tale aspetto.

La Corte ha innanzitutto ricordato che «ai soli fini dell’applicazione dell’IMU, l’assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione, sicché l’imposta deve essere versata per il suo intero ammontare dal coniuge assegnatario anche se non proprietario della ex casa coniugale». 

Facciamo un esempio. Se il giudice assegna la casa coniugale all’ex moglie o all’ex convivente perché presso di questa vengono collocati i figli, allora sarà quest’ultima – e già non il marito o il compagno – a dover versare l’IMU al Comune. Come infatti anticipato sopra, il versamento dell’IMU è dovuto dal proprietario o, in caso sussista un diritto di abitazione sull’immobile, dal titolare di tale diritto. Ebbene, la madre che vive nella casa dell’ex ha un diritto di abitazione e quindi è tenuta a versare l’IMU, benché non proprietaria della casa.

Dato per assodato quindi che l’uomo, costretto a lasciare la casa all’ex moglie, non deve versare l’IMU, potrebbero però sussistere i presupposti affinché neanche la moglie paghi l’imposta. Ciò succede quando questa possa fruire dell’esenzione sull’abitazione principale.  

In particolare l’esenzione IMU spetta solo quando l’immobile è sia luogo di residenza del contribuente (che pertanto deve aver fatto la dichiarazione all’ufficio anagrafe del Comune) che luogo di dimora abituale (pertanto, oltre al cambio di residenza, il contribuente deve materialmente vivere nell’immobile per gran parte dell’anno).

In presenza di tali requisiti neanche la moglie, benché titolare del diritto di abitazione, dovrà versare l’IMU. Sicché il Comune non incasserà l’IMU tanto dal proprietario (il marito) quanto dal titolare del diritto di abitazione (la moglie). 


note

[1] Cass. civ., sez. V, ord., 3 marzo 2023, n. 6545.

Cass. civ., sez. V, ord., 3 marzo 2023, n. 6545

Presidente Sorrentino – Relatore Penta

Rilevato che

1. L.R., P.L., P.E. e P.R., quali eredi di P.G., proponevano ricorso davanti alla Commissione tributaria provinciale di L’Aquila avverso l’avviso di accertamento concernente l’I.M.U. per l’anno 2013, sostenendo, tra l’altro, che, essendo l’immobile (ex casa coniugale) stato assegnato, in sede di separazione all’ex coniuge del de cuius, siccome affidataria dei figli, legittimata sul piano passivo fosse solo quest’ultima. 2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo per il secondo trimestre del 2013 l’imponibile del 50%, ai sensi del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 art. 13 (convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214). 3. Sull’appello dei contribuenti, la Commissione Tributaria Regionale Abruzzo rigettava il gravame, rilevando che, a seguito dell’assegnazione della casa coniugale in sede di separazione, la titolarità dell’obbligo di pagamento dell’IMU non si trasferiva sul coniuge assegnatario, ma restava a carico del terzo proprietario che aveva concesso l’immobile a titolo di comodato. 4. Avverso la sentenza della C.T.R. hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti sulla base di un unico motivo. Il Comune di (Omissis) non ha svolto difese. In prossimità dell’adunanza camerale i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

Considerato che

1. Con l’unico motivo i ricorrenti deducono la violazione degli “artt. 2 e 3 Cost., D.L. n. 16 del 2012 art. 4, comma 12-quinquies, (conv. in l. n. 44 del 2012) e D.L. n. 201 del 2011 art. 13, comma 2, lett. c), “, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c., per non aver la CTR considerato che, ai soli fini dell’applicazione dell’Imu, l’assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione, sicché l’imposta deve essere versata per il suo intero ammontare dal coniuge assegnatario anche se non proprietario della ex casa coniugale. 1.1. Il motivo è fondato. L’orientamento che sembrava essersi formato in seno a questa Corte sulla questione principale era nel senso che, in tema di ICI, il coniuge al quale era assegnata la casa di abitazione posta nell’immobile di proprietà (anche in parte) dell’altro coniuge non fosse soggetto passivo dell’imposta per la quota dell’immobile stesso sulla quale non vantava il diritto di proprietà ovvero un qualche diritto reale di godimento, come previsto dal D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 504 art. 3, poiché con il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale in sede di separazione personale o di divorzio viene riconosciuto al coniuge un diritto personale atipico di godimento e non un diritto reale, sicché si riteneva che in capo al coniuge (assegnatario) non fosse ravvisabile la titolarità di un diritto di proprietà o di uno di quei diritti reali di godimento, specificamente previsti dalla norma, costituenti il presupposto impositivo del tributo (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 7395 del 15/03/2019). Ne’ in proposito rilevava, secondo tale orientamento, il disposto dell’art. 218 c.c., secondo il quale “Il coniuge che gode dei beni dell’altro coniuge è soggetto a tutte le obbligazioni dell’usufruttuario”, in quanto la norma, dettata in tema di regime di separazione dei beni dei coniugi, andava intesa solo come previsione integrativa del precedente art. 217 (Amministrazione e godimento dei beni), di guisa che la complessiva regolamentazione recata dalle disposizioni dei due articoli era inapplicabile in tutte le ipotesi in cui il godimento del bene del coniuge da parte dell’altro coniuge fosse fondato su un rapporto diverso da quello disciplinato da dette norme, come nell’ipotesi di assegnazione (volontaria o giudiziale) al coniuge affidatario dei figli minori della casa di abitazione di proprietà dell’altro coniuge, atteso che il potere del primo non derivava né da un mandato conferito dal secondo, né dal godimento di fatto del bene (ipotizzante il necessario consenso dell’altro coniuge), di cui si occupa l’art. 218 (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6192 del 16/03/2007). Tuttavia, l’orientamento riportato si era formato con la pronuncia del 2007, poi ripresa tralaticiamente da quella del 2019, prima dell’adozione dell’art. 4, comma 12-quinquies, D.L. 2 marzo 2012, n. 16 (entrato in vigore il 2 marzo 2012), convertito, con modificazioni, dalla l. 26 aprile 2012, n. 44, applicabile ratione temporis all’annualità (2013) in esame. Occorre premettere che il presupposto per l’applicazione dell’I.M.U. è il medesimo di quello previsto dall’I.C.I.. L’art. 13, comma 2, D.L. 6 dicembre 2012, n. 201 (convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214) prevede, infatti, che “l’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all’art. 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504”. Perché sorga l’obbligo di pagare l’imposta in esame, è necessario che il rapporto che lega il soggetto all’immobile sia “qualificato”, riconducibile, quindi, alla proprietà, all’usufrutto o ad altro reale di godimento, o ad un’altra situazione giuridica specificatamente stabilita dalla legge, come nel caso di locazione finanziarie o concessione di beni demaniali. Il legislatore ha specificamente disciplinato il presupposto impositivo nell’ipotesi di scioglimento del vincolo matrimoniale, prevedendo che, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta municipale sugli immobili, è soggetto passivo del tributo, il coniuge a cui viene assegnata la casa coniugale con provvedimento giurisdizionale. Segnatamente, l’art. 4, comma 12-quinquies, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, “Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento” prevede espressamente che: “Ai soli fini dell’applicazione dell’imposta municipale propria di cui all’art. 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e successive modificazioni, nonché all’art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, l’assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione”. A seguito di tale intervento normativo, pertanto, il legislatore ha sancito la traslazione della soggettività passiva dell’I.M.U. dal proprietario all’assegnatario dell’alloggio, cosicché l’imposizione ricade in capo all’utilizzatore con liberazione dal pagamento del coniuge non assegnatario anche se quest’ultimo è proprietario dell’intero immobile. Dal tenore letterale della norma appena citata emerge che il diritto di abitazione dovrebbe prevalere in tutte le ipotesi di assegnazione della casa coniugale al coniuge disposta con i citati provvedimenti giudiziali e ciò deriva dalla considerazione che il legislatore ha esplicitamente utilizzato l’espressione “in ogni caso”. Al riguardo, si deve, però, osservare che tale locuzione deve essere circoscritta a ogni caso in cui il legislatore non abbia disciplinato espressamente la fattispecie, come è avvenuto, invece, con l’art. 6 della L. 27 luglio 1978, n. 392, il quale prevede che “in caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l’altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest’ultimo”. In questa ipotesi, infatti, il legislatore ha previsto direttamente la successione nel contratto di locazione da parte del coniuge assegnatario, il quale, pertanto, utilizza l’immobile sulla base di un titolo giuridico diverso da quello del diritto reale di abitazione previsto, invece, dall’art. 4, comma 12-quinquies del D.L. n. 16 del 2012 (cfr. Risoluzione n. 5/DF del 28 marzo 2013). Indirettamente, ha confermato l’impostazione che si è inteso privilegiare Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11416 del 30/04/2019, nel momento in cui ha statuito che, in tema di I.M.U., il convivente more uxorio, al quale a seguito della cessazione del rapporto viene assegnato l’immobile adibito a casa familiare di proprietà dell’altro convivente, è soggetto passivo di imposta ex art. 4, comma 12-quinquies, del D.L. n. 16 del 2012, che, non disciplinando un’ipotesi di agevolazione o di esenzione, può essere interpretato estensivamente includendo nel relativo ambito di applicazione, per eadem ratio, anche i rapporti di convivenza. Tale assetto normativo comporta, come chiarito con la Circolare n. 2/DF del 23 maggio 2013, che le agevolazioni inerenti all’abitazione principale e relative pertinenze sono riconosciute al coniuge assegnatario della ex casa coniugale, in quanto titolare del diritto di abitazione di cui all’art. 4, comma 12-quinquies, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16 (convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44), per il quale, quindi, è sospeso il versamento della prima rata dell’I.M.U.. Ovviamente, la sospensione opera anche a favore del coniuge non assegnatario relativamente all’immobile dallo stesso adibito ad abitazione principale. 2. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso merita accoglimento, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di accogliere l’originario ricorso dei contribuenti. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel

merito, accoglie il ricorso originario dei contribuenti;

– condanna l’intimato al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 850,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap.


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