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Guida ai diritti dei genitori in caso di separazione

9 Marzo 2023 | Autore:
Guida ai diritti dei genitori in caso di separazione

La legge prevede uguali diritti per i genitori che si separano. In concreto come si realizza tale parità?

Il padre e la madre sono uguali nei rapporti con i figli. Essi hanno, nei loro confronti, stessi diritti (e doveri) anche in caso di separazione. Se infatti la responsabilità genitoriale non cessa a causa della rottura dell’unione coniugale per cui i figli hanno diritto ad essere istruiti, mantenuti ed educati da entrambi i genitori, dal canto loro questi ultimi hanno diritto a poter stare con la prole anche dopo la separazione. Proprio per tali motivi il giudice nel decidere sull’affidamento dei figli, deve privilegiare quello condiviso ad entrambi i genitori, tranne se da tale situazione possa derivare un pregiudizio per l’interesse dei minori. Ma procediamo con ordine e vediamo quali sono i diritti dei genitori in caso di separazione, tracciandone una guida.

Peraltro, tale guida è valida anche per le coppie di fatto che si separano. La legge ha equiparato i figli nati fuori dal matrimonio a quelli nati in costanza di matrimonio. Di conseguenza i diritti che spettano agli ex conviventi nei confronti dei figli sono uguali a quelli di cui sono titolari gli ex coniugi.

Prima di addentraci nell’esame dell’argomento è opportuno fare una premessa: la prassi giudiziaria favorisce le madri che spesso rimangono a vivere nella casa coniugale insieme ai figli, trascorrendo con essi la maggior parte del tempo. I padri invece si trovano ad affrontare una serie di problematiche organizzative, economiche ed affettive. Ad esempio devono trovare un nuovo alloggio, devono far fronte ad eventuali aggravi di spese ed organizzare gli incontri con i figli, cercando a volte anche di superare le ostilità delle ex-coniugi. Pertanto, nella maggior parte dei casi i diritti dei genitori in caso di separazione sono in realtà i diritti dei padri separati.

L’affido condiviso impone uguali diritti tra i genitori: perché?

Al fine di assicurare uguali diritti ad entrambi i genitori anche dopo la disgregazione del nucleo familiare, il legislatore italiano ha previsto che nei giudizi di separazione il giudice debba valutare prioritariamente la possibilità che i figli restino affidati ad entrambi i genitori (cosiddetto affido condiviso). [1]. Con l’affido condiviso sia il padre sia la madre esercitano la responsabilità genitoriale sulla prole, adottando di comune accordo tutte le scelte più importanti per la crescita dei minori.

In pratica, nei periodi trascorsi con i figli, ciascun genitore può prendere le decisioni di ordinaria amministrazione in maniera autonoma. Invece, le decisioni di maggior interesse per i figli devono essere assunte sempre con il consenso dell’altro coniuge. Solo quando il padre o la madre si dimostri inidoneo a ricoprire il ruolo genitoriale il giudice può disporre l’affidamento esclusivo all’altro genitore [2].

Nelle separazioni consensuali, di solito, sono gli stessi genitori ad accordarsi per il regime dell’affido condiviso.

Diritto di mantenere, istruire, educare i figli: come si realizza?

L’articolo 30 della Costituzione prevede che è diritto – ma anche dovere – dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli. Tale diritto non viene meno a causa della separazione. Quindi, sia il padre sia la madre, seppur separati, possono e devono occuparsi del mantenimento, dell’istruzione e dell’educazione della prole.

Sotto il primo punto di vista ciascuno dei genitori provvede alle spese necessarie per la crescita della prole in misura proporzionale al proprio reddito. Il giudice stabilisce, se necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità delle spese, il cui importo va determinato considerando le esigenze dei figli, il tenore di vita goduto prima della separazione dai figli, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, le risorse economiche di entrambi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura presi in carico da ciascun genitore. La mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento da parte del genitore che vi è tenuto, integra gli estremi del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare [3].

Per quanto attiene all’indirizzo educativo dei figli, lo stesso va concordato da entrambi i genitori i quali devono continuare a confrontarsi e ad interagire, anche dopo la separazione, con sollecitudine e lealtà sulle questioni che riguardano la prole.

Pertanto, se i figli abitano con la madre, il padre ha il diritto ad essere informato sulle vicende che li riguardano e deve essere consultato su tutte le scelte relative alla loro istruzione ed educazione (vedi ad esempio quelle in merito alla scuola dove iscrivere i figli, al catechismo da frequentare o all’attività sportiva da praticare). Qualora i genitori dovessero trovarsi in disaccordo, potranno rivolgersi al giudice, il quale, dopo aver ascoltato entrambi, adotterà la scelta migliore per i figli.

Diritto di visita del genitore: in cosa consiste?

Nel pronunciarsi sulla separazione il giudice stabilisce anche con quale dei due genitori i figli minori devono continuare a vivere abitualmente, cosiddetto genitore collocatario, e disciplina il diritto di visita dell’altro genitore. Poiché la legge non fornisce indicazioni precise su come tale diritto deve essere esercitato dal genitore non collocatario, spetta al giudice valutare, alla luce delle circostanze del caso concreto, le modalità che si possono considerare conformi all’interesse dei minori, stabilendo a tal fine i giorni, le ore e i periodi di permanenza presso il coniuge non affidatario.

Nell’affido condiviso il diritto di visita garantisce al genitore non collocatario di trascorrere molto tempo con i figli e persino di portarli con sé per il pernottamento in casa propria, secondo il calendario stabilito dal giudice.

L’affido esclusivo, invece, garantisce solo il diritto di visita e, di conseguenza, una frequentazione inferiore a favore del genitore non affidatario, il quale potrà fare visita ai figli solamente nei periodi stabiliti dal giudice (ad esempio nelle feste natalizie, durante le vacanze estive, ecc.).

La condotta del genitore che impedisce all’altro genitore, contitolare della responsabilità genitoriale, l’esercizio del diritto di visita nei confronti dei figli, integra gli estremi del reato di sottrazione di persone incapaci, di cui all’articolo 574 del Codice penale. La possibile condotta di sottrazione coincide, infatti, con la negazione del diritto di visita, ovvero come allontanamento del minore dall’ambiente di abituale dimora, ovvero di trattenimento del minore contro la volontà del contitolare della potestà genitoriale [4]. In pratica affinché si configuri il reato occorre che il minore sia sottratto totalmente alla vigilanza dell’altro genitore così da rendere a quest’ultimo impossibile l’esercizio della potestà genitoriale.

In sede civile il genitore al quale è stato negato il diritto di visita può rivolgersi al giudice al fine di ottenere la condanna dell’altro genitore al risarcimento del danno. Se tale condotta dovesse reiterarsi nel tempo, è possibile chiedere una modifica delle condizioni di affido.

Diritto al godimento della casa familiare: a chi spetta?

Nel provvedimento con il quale dispone la separazione il giudice decide pure sull’assegnazione della casa familiare. La prassi giudiziaria vuole che nell’affidamento esclusivo la casa familiare venga assegnata al coniuge affidatario. Nel caso in cui l’affidamento dei figli sia congiunto il giudice deve avere riguardo al titolo di proprietà od ai diritti di ciascun coniuge in capo all’immobile. Di solito nell’affido condiviso la casa viene assegnata al genitore collocatario.

Il coniuge al quale è assegnata la casa familiare diviene titolare del diritto di godimento della casa coniugale ovvero del diritto di continuare ad abitare nell’immobile.

Lo scopo dell’assegnazione della casa familiare è quello di tutelare l’interesse dei figli a vivere e crescere nell’ambiente in cui sono stati abituati a vivere. La separazione è infatti ritenuta un trauma per la prole, e il giudice ha il compito di mitigarne gli effetti con un sapiente utilizzo dello strumento in questione.

L’articolo 337-sexies del Codice civile stabilisce che il provvedimento di assegnazione della casa familiare sia trascrivibile ed opponibile a terzi. Ciò vuol dire che se un terzo acquista un diritto sull’immobile dopo che il giudice abbia pronunciato il provvedimento di assegnazione, ad esempio compra l’abitazione oppure ne diventa usufruttuario, non potrà pretendere il rilascio dell’immobile il quale continuerà ad essere abitato dal coniuge assegnatario e dai figli.

Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiareconviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Un’altra ipotesi in cui può essere chiesta la revoca dell’assegnazione è la cessazione della convivenza da parte della prole con il genitore assegnatario. Si deve però trattare di una cessazione della convivenza definitiva e “irreversibile” [5].


note

[1] Art. 337-ter, co. 2, cod. civ.

[2] Art. 337-quarter, co. 1, cod. civ.

[3] Cass. Civ. sent. n. 11195/2021.

[4] Cass. Civ., sent. n. 51960/2018; Corte appello di Roma, sez. III, sent. n. 10238/2019.

[5] Cass. Civ., sent. n. 14348/2012.


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