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Figlio universitario con stipendio: ha diritto al mantenimento?

9 Marzo 2023 | Autore:
Figlio universitario con stipendio: ha diritto al mantenimento?

La Cassazione dice no agli alimenti per la figlia trentenne universitaria che ha il minimo necessario per vivere.

Rigettata la richiesta della ragazza trentenne che chiedeva la corresponsione degli alimenti da parte del padre e il 50% delle spese straordinarie. Ed invero come ribadisce la Corte con riferimento all’art. 433 c.c., gli alimenti presuppongono uno stato di necessità e una impossibilità a esercitare attività lavorativa, ma la ragazza oltre a studiare, in una costosa Università in Spagna, non aveva dato prova né dello stato di necessità (presupposto fondante la richiesta degli alimenti) né dell’impossibilità di trovare un lavoro confacente ai propri studi universitari.

Cosa s’intende per stato di necessità (o stato di bisogno)? Il soggetto che richiede gli alimenti deve trovarsi nell’impossibilità di procurarsi da solo i mezzi sufficienti per poter vivere o che li abbia ma siano inadeguati, il tutto sorretto da ragioni oggettive e comprovate. Dunque è necessario che si prospetti un vero e proprio stato di bisogno ossia che il richiedente non possa svolgere un’attività lavorativa che gli consenta di acquistare beni di prima necessità (es. la spesa di generi alimentari) né di sostenere le spese dell’alloggio (es. contratto di locazione).

Si comprende molto chiaramente che il soggetto che chiede gli alimenti deve trovarsi effettivamente una situazione eccezionale di difficoltà.

Che differenza c’è tra alimenti e assegno di mantenimento?  A differenza di quanto abbiamo detto per gli alimenti per cui è necessario che si provi la totale assenza dei mezzi di sostentamento, l’assegno di mantenimento invece ha presupposti totalmente differenti e si giustifica invece sulla base del principio di “solidarietà familiare” dunque il contribuire alle spese ordinarie che riguardano le esigenze della famiglia comprese quelle dei figli e dell’ex partner. Si garantisce così il fisiologico svolgimento dei rapporti familiari.

Viene solitamente corrisposto dal genitore che non vive con i figli e che deve comunque sostenere le spese ordinarie congiuntamente al genitore che con loro vive.

Tornando alla sentenza n. 113/2023 del 15 Febbraio.  Nel caso trattato dalla Corte di Cassazione la ragazza citava in giudizio il padre, chiedendo la corresponsione dell’assegno di euro 400,00 mensili a titolo di alimenti, oltre al 50% delle spese straordinarie, che erano state revocate in sede di giudizio di divorzio nonché di reclamo in Corte d’Appello.

In particolare a sostegno delle sue richieste, la ragazza diceva di essere in “grave stato di bisogno” e incapace di provvedere ai propri bisogni di vita a causa del fallimento dei tentativi volti al rinvenimento di una occupazione lavorativa”, in parole povere non trovava lavoro, ma chi ci dice che lo stava cercando?

Ed infatti non avendo fornito alcuna prova a sostegno delle sue ragioni, come ad esempio la circostanza di non riuscire a trovare un lavoro che fosse vicino alle sue aspettative di vita e di formazione, i giudici hanno rigettato la sua richiesta. Anche perché dalla testimonianza resa dalla madre in giudizio addirittura era emerso che la ragazza, trasferitasi in Spagna, fosse ospite di una famiglia che le assicurava vitto e alloggio, oltre che una remunerazione per l’attività svolta in favore del nucleo familiare per 450,00 euro mensili, oltre alla circostanza che occasionalmente svolgeva piccoli lavori.

Di più, la figlia chiedeva la corresponsione della quota relativa alle spese straordinarie, anche questa rigettata (già precedentemente revocata), in quanto la figlia lasciava definitivamente la casa del padre a febbraio 2018 per non farvi più rientro, trasferendosi in Spagna (ove studiava e lavorava). Essendo che le spese straordinarie concorrono con l’assegno di mantenimento ordinario ed hanno i medesimi presupposti, non v’era ragione di riconoscerle successivamente alla disgregazione del nucleo familiare (comunque già escluse in sede di divorzio).



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