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Cosa contiene l’erba legale?

12 Marzo 2023 | Autore:
Cosa contiene l’erba legale?

Quali sono le proprietà della cannabis che può essere coltivata a fini terapeutici, alimentari o per altri usi industriali.

Non tutta la canapa è uguale: esiste quella consentita dalla legge [1], usata soprattutto a scopo terapeutico, e quella che può costare una condanna. La normativa pone dei limiti sia sul principio attivo sia sul tipo di cannabis da coltivare, che deve provenire da sementi coltivate nel territorio dell’Unione europea [2]. In «sostanza» – è il caso di dirlo – cosa contiene l’erba legale a differenza di quella non consentita?

Il contenuto della cannabis non deve superare lo 0,6% di tetraidrocannabinolo (Thc), uno dei maggiori princìpi attivi, con proprietà psicoattive.

Oltre al Thc, l’erba legale contiene anche Cbd, cioè il cannabidiolo, che possiede degli effetti benefici per il sistema immunitario e per l’organismo, con proprietà antinfiammatorie, analgesiche, antipsicotiche e ansiolitiche.

La cannabis con queste caratteristiche, dunque, possono essere coltivate in Italia senza comportare acun problema. Eventuali controlli devono essere fatti in presenza del coltivatore. Se la soglia di Thc è superiore allo 0,6%, l’erba non è legale e l’autorità giudiziaria dispone il sequestro o la distruzione delle piante. Tuttavia, viene esclusa la responsabilità del coltivatore.

Erba legale: quando è ammessa la coltivazione?

La legge dice che è possibile coltivare la canapa finalizzata a:

  • la coltivazione e la trasformazione;
  • l’incentivazione dell’impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali;
  • lo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l’integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale;
  • la produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori;
  • la realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attività didattiche e di ricerca.

Dalla canapa coltivata è possibile ottenere:

  • alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori;
  • semilavorati quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico;
  • materiale destinato alla pratica del sovescio;
  • materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia;
  • materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;
  • coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati;
  • coltivazioni destinate al florovivaismo.

Secondo una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione [3], è anche possibile coltivare cannabis in casa per uso personale qualora l’esiguità del numero di piantine e prodotto e i mezzi usati consentano di escludere lo spaccio.

Non occorre alcuna autorizzazione per la semina di varietà di canapa certificate con contenuto di Thc inferiore al limite di 0,6%. Vuol dire che non bisogna inviare una comunicazione alle forze dell’ordine né richiedere particolari permessi.

Il coltivatore, però, dovrà conservare:

  • i cartellini della semente comprata per almeno dodici mesi;
  • le fatture di acquisto per il periodo previsto dalla normativa vigente [4].

L’obbligo di comunicazione, dunque, non c’è. Tuttavia, il ministero delle Politiche agricole suggerisce di farlo, indicando all’autorità più vicina (Polizia, Carabinieri, ecc.) il tipo di coltivazione che si intende fare.

Dato che il coltivatore non è costretto a farla per legge, la comunicazione può essere redatta in carta semplice, riportando:

  • la tipologia di coltivazione;
  • la quantità di semente acquistata, allegando eventualmente copia del cartellino della semente e della relativa fattura.

note

[1] Legge n. 242 del 02.12.2016.

[2] Art. 17 direttiva 2002/53/CE del 13.06.2002.

[3] Cass. SS.UU. sent. n. 12348/2020.

[4] Art. 3 legge n. 242/2016.


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