Riconoscimento dell’affido condiviso


Il principio di bigenitorialità comporta che nei giudizi di separazione i figli minori vengano affidati ad entrambi i genitori, a meno che tale situazione non rechi loro un pregiudizio.
Nell’ordinamento giuridico italiano la disciplina del diritto di famiglia è stata innovata in maniera piuttosto rilevante con l’entrata in vigore della legge n. 54/2006. In particolare tale normativa ha introdotto il principio di bigenitorialità alla luce del quale i figli sono titolari di un diritto naturale ad avere rapporti equilibrati e continuativi con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti ed i parenti di ciascun ramo genitoriale [1]. Ciò si collega all’articolo 30 della Costituzione, il quale prevede che: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”. Ne consegue che nei giudizi di separazione il giudice quando decide sull’affidamento dei figli minori, dispone, di solito, l’affidamento condiviso al padre e alla madre, a meno che dallo stesso derivi un pregiudizio per la prole. Il riconoscimento dell’affido condiviso, quindi, rappresenta la regola mentre l’affidamento esclusivo, cioè ad uno solo dei genitori, costituisce l’eccezione. Quest’ultimo, infatti, può essere disposto dal giudice qualora ritenga con un provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse dei figli [2].
Il riconoscimento dell’affido condiviso è possibile pure nei riguardi dei figli nati all’interno di una coppia di fatto, da genitori non uniti in matrimonio tra loro, che sono stati equiparati ai figli nati in costanza di matrimonio dalla riforma sulla filiazione del 2012 [3]. Pertanto, quando i genitori non sposati decidono di separarsi possono chiedere al giudice di regolamentare il regime di affidamento dei figli minori. Anche in questo caso la soluzione dell’affidamento condiviso costituisce la regola da prediligere, salvo il consueto limite del pregiudizio per i minori.
Indice
Affido condiviso: in cosa consiste?
In caso di separazione il giudice deve privilegiare, nella propria decisione, la soluzione di affidare i figli ad entrambi i genitori [4].
L’affido condiviso comporta che la responsabilità genitoriale sia esercitata da entrambi i genitori i quali assumono, di comune accordo, le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione (vedi la scelta della scuola alla quale iscrivere i figli), all’educazione, anche religiosa, ed alla salute (si pensi alla scelta di una specifica terapia da seguire oppure di un medico, pediatra di base o specialista, al quale rivolgersi), tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.
Le decisioni di maggiore interesse per i figli possono anche riguardare l’ambito sociale o lo svolgimento di attività extra e parascolastiche, come la partecipazione a gite, a corsi o a viaggi all’estero oppure lo svolgimento di attività sportive.
Per tutte le altre decisioni, ossia quelle di ordinaria amministrazione (ad esempio relative all’abbigliamento, ai libri scolastici, ecc.), il giudice può stabilire che vengano adottate separatamente da ciascun genitore senza prima consultarsi con l’altro. Nel caso in cui un genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento, disponendo l’eventuale affido esclusivo[5].
L’affido condiviso presuppone quindi la ripartizione di compiti e di responsabilità tra padre e madre nella gestione dei figli, tale da realizzare un bilanciamento nelle sfere di competenza di ciascun genitore. In sostanza ai fini della operatività dell’istituto è necessario un accordo sugli obiettivi educativi, una buona alleanza genitoriale e un profondo rispetto dei rispettivi ruoli [6].
Affido condiviso: cos’è il collocamento dei figli?
Nel provvedimento che dispone l’affido condiviso il giudice individua il genitore presso il quale i minori devono fissare la loro residenza abituale: questo è il cosiddettocollocamento.
Individua altresì le modalità con cui l’altro genitore (genitore non collocatario) deve esercitare il diritto di visita. Di solito succede che i figli rimangano a vivere nell’abitazione materna, poiché la madre viene considerata più adatta ad accudire la prole quotidianamente; il padre ha comunque la possibilità di vedere i figli alcuni giorni alla settimana e ad orari ben precisi e i minori possono rimanere presso di lui alcuni fine settimana al mese (in genere due weekend).
In tema di affido condiviso la regolamentazione dei rapporti con il genitore non collocatarionon può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori. Il giudice infatti può discostarsi da tale principio, regolando diversamente tali tempi partendo dall’esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenendo conto del suo diritto a una significativa e piena relazione anche con il genitore non convivente e del diritto di entrambi i genitori a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo [7].
Affido condiviso: chi mantiene i figli?
In regime di affido condiviso sia il padre sia la madre devono provvedere al mantenimento dei figli, ciascuno in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, se necessario, la corresponsione di un assegno periodico (assegno di mantenimento) che il genitore non collocatario deve corrispondere all’altro mensilmente, calcolato in base alle attuali esigenze dei figli, al tenore di vita goduto dai figli in costanza di convivenza con entrambi i genitori, ai tempi di permanenza presso ciascun genitore, alle risorse economiche di entrambi i genitori e alla valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore [8].
Conflitto tra genitori: si applica l’affido condiviso?
L’esistenza di un conflitto tra i genitori di per sé non rappresenta un motivo per escludere in maniera automatica, l’affido condiviso dei figli. Se in ogni ipotesi di conflitto i giudici dovessero decidere di affidare i figli in via esclusiva al genitore collocatario, l’affido condiviso si applicherebbe solo in modo residuale, anche perché ogni genitore potrebbe utilizzare il conflitto in modo strumentale per orientare il giudice verso un affidamento esclusivo [9].
Di conseguenza, l’affido condiviso non è impedito dall’esistenza di una conflittualità pur se aspra tra i coniugi, salvo che cioè abbia in concreto effetti pregiudizievoli sui figli, alterando e ponendo in serio pericolo il loro equilibrio e sviluppo psicofisico [10].
note
[1] Art. 337- ter, co. 1, cod. civ.
[2] Art. 337- quater, co. 1, cod. civ.
[3] L. n. 219/2012.
[4] Art. 337- ter, co. 2. cod. civ.
[5] Art. 337- ter, co. 3, cod. civ.
[6] Trib. Rieti, sent. n. 785/2019.
[7] Cass. Civ., sez. I, sent. n. 4790/2022; Cass. Civ., sez. I, sent. n. 17221/2021; Cass. Civ., sez. I, sent. n. 3652/2020.
[8] Art. 337-ter, co. 4, cod. civ.
[9] Corte App. Catania, 4.02.2009; Trib. Catania, 01.06.2006; Trib. Messina, 13.12.2006; Trib. Genova, sez. IV, 29.04.2022.
[10] Trib. Reggio Emilia, sez. I, sent. n. 2/2023; Tribunale Palmi, sez. I, sent. n. 6/2021.