Su quante case spetta il diritto di abitazione del coniuge superstite?


Il diritto di abitazione riservato al coniuge superstite vale per un immobile e non per più residenze.
Il diritto di abitazione del coniuge superstite, garantito dalla legge alla morte del proprietario dell’immobile e che può essere esercitato a discapito anche degli altri coeredi, si riferisce esclusivamente ad un singolo immobile, non a più residenze. Pertanto, non ha importanza se la coppia ha utilizzato diverse case in maniera temporanea, perché ciò che conta è individuare il luogo principale ove si è svolta la vita matrimoniale, cioè il centro di aggregazione prevalente della famiglia.
La Corte di Cassazione ha ribadito questo principio in una recente sentenza [1] sottolineando che il diritto di abitazione spetta solo alla “casa adibita a residenza familiare“, ovvero l’immobile in cui i coniugi hanno vissuto insieme stabilmente prima della morte del coniuge defunto, organizzandovi la vita domestica del nucleo familiare.
Il diritto non può essere esteso ad altre abitazioni o immobili, anche se di proprietà della coppia, che vengono usati in modo temporaneo o saltuario. È importante, quindi, che i coniugi prestino attenzione all’immobile che intendono designare come residenza familiare, in modo da evitare eventuali dispute o malintesi futuri.
Ma procediamo con ordine e cerchiamo di comprendere, più da vicino, il contenuto di tale interessante pronuncia.
Il diritto di abitazione riservato al coniuge superstite, disciplinato dall’articolo 540, comma 2, del Codice Civile, rappresenta un tema delicato e di grande importanza per le famiglie italiane. La recente pronuncia della Corte di Cassazione ha stabilito che tale diritto vale soltanto per un unico immobile, ovvero quello che costituisce la residenza familiare. Non è possibile estendere il diritto di abitazione ad altre residenze temporanee o saltuarie utilizzate dalla coppia durante la vita matrimoniale.
La sentenza è stata emessa in seguito al ricorso dei figli di un uomo che aveva richiesto il riconoscimento del proprio diritto di abitazione sulla villa di campagna della moglie defunta. Il tribunale e la corte d’appello avevano ritenuto che la coppia avesse vissuto dividendo la propria vita su due abitazioni, e quindi la villa di campagna doveva essere considerata dimora abituale soggetta al diritto di abitazione del coniuge superstite.
Tuttavia, la Cassazione ha sostenuto che il diritto di abitazione spetta soltanto per l’immobile che costituisce la residenza familiare, ovvero l’immobile in cui i coniugi dimoravano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare. Il diritto di abitazione non può essere esteso a un ulteriore e diverso appartamento o a una villa di campagna utilizzata in via temporanea o saltuaria.
Questa sentenza rappresenta un importante chiarimento in materia di diritto di abitazione del coniuge superstite, sottolineando la necessità di una valutazione caso per caso per individuare l’immobile che costituisce la residenza familiare. La scelta del centro di aggregazione prevalente della famiglia risulterà determinante nella definizione del diritto di abitazione e nella tutela degli interessi del coniuge superstite.
note
[1] Cas. sent. n. 7128/2023.