Questo sito contribuisce alla audience di
Diritto e Fisco | Articoli

Quando viene meno il diritto all’assegnazione della casa coniugale?

14 Marzo 2023 | Autore:
Quando viene meno il diritto all’assegnazione della casa coniugale?

Quando l’ex marito può riprendersi la casa assegnata all’ex moglie?

È noto che, nel caso di separazione di una coppia – sposata o convivente – con figli minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti, il giudice assegna il diritto di abitare nell’ex dimora familiare al genitore con cui i figli vanno materialmente a vivere (il cosiddetto genitore collocatario). La proprietà resta invece immutata. Si tratterà chiaramente di una “nuda proprietà” fintantoché permane l’uso del bene in capo all’ex. 

Di qui la consueta domanda: quando viene meno il diritto all’assegnazione della casa coniugale? In altri termini, nella frequente ipotesi in cui l’immobile sia di proprietà del marito e il giudice lo abbia assegnato alla moglie, quando il primo potrà ottenere nuovamente la disponibilità del proprio alloggio? 

La questione è stata di frequente analizzata dalla giurisprudenza e, da ultimo, da una recente pronuncia del Tribunale di Como [1].

Di tanto parleremo nel seguente articolo in modo da comprendere quali siano i diritti del padre e della madre: quando l’ex marito può riprendersi la casa assegnata all’ex moglie? In altri termini: quando scade il diritto di abitazione? Ma procediamo con ordine. 

A chi spetta il diritto di abitazione?

Il diritto di abitazione spetta unicamente al genitore con cui vanno a vivere i figli se minorenni o se maggiorenni ma non autosufficienti dal punto di vista reddituale.

Questa regola, come anticipato sopra, vale sia per le coppie sposate che per quelle di fatto. È quindi irragionevole non sposarsi solo per tutelare la casa.

Secondo la tesi più diffusa in giurisprudenza, nel caso di separazione coniugale, se non ci sono figli minori o se questi sono maggiorenni e in grado di sostentarsi autonomamente, il coniuge non proprietario non ha il diritto di richiedere l’assegnazione della casa familiare.

In tale ipotesi, il coniuge proprietario potrebbe avere la possibilità di mantenere l’abitazione come propria residenza, mentre il coniuge non proprietario dovrà trovare una nuova sistemazione. Naturalmente, se il coniuge non proprietario può dimostrare di aver contribuito in maniera significativa all’acquisto o alla ristrutturazione dell’immobile, potrebbe ottenere un rimborso pro quota della spesa sostenuta.

Quando non spetta il diritto di abitazione nella casa familiare?

Se non ci sono figli coinvolti, la legge stabilisce che il giudice non può assegnare la casa familiare al coniuge non proprietario come forma di contributo al mantenimento o di assistenza. Questo perché solo l’interesse dei figli può giustificare la limitazione dei diritti del proprietario o del titolare di altri diritti sulla casa che determina la decisione di assegnazione. In altre parole, la casa può essere assegnata solo se è necessario per la tutela degli interessi dei figli.

Quando si perde il diritto di abitazione

È facile intuire quando si perde il diritto di abitazione se si considera la finalità per cui lo stesso viene riconosciuto. Il diritto di abitazione ha solo la funzione di consentire ai figli, non ancora capaci di sostenersi da soli, di continuare a vivere nello stesso ambiente domestico in cui sono cresciuti e non invece a sopperire ad eventuali difficoltà economiche del coniuge più debole, al quale è destinato solo l’assegno di mantenimento. 

Pertanto, quando non è più necessario far fronte alla necessità di garantire ai figli un tetto, cessa anche il diritto di abitazione, indipendentemente dalle esigenze abitative del genitore collocatario dei figli.

Ecco dunque quando cessa il diritto di abitazione:

  • se i figli adulti vivono altrove;
  • se i figli diventano economicamente indipendenti;
  • se i figli perdono il diritto al mantenimento;
  • se il coniuge collocatario si risposta o cambia residenza.

In ogni caso, ci vuole sempre un provvedimento di revoca del giudice per disporre l’allontanamento del genitore collocatario dalla casa.

Dobbiamo analizzare singolarmente queste ipotesi.

Trasferimento dei figli

Quando i figli non convivono più con uno dei genitori, l’altro genitore ha la possibilità di richiedere al giudice la revoca dell’assegnazione della casa familiare.

Secondo la giurisprudenza, la nozione di convivenza implica la stabile dimora del figlio presso l’abitazione di uno dei genitori, con eventuali allontanamenti solo per brevi periodi. Se il figlio vive altrove in maniera prolungata, ad esempio per motivi di studio o lavoro, l’altro genitore può richiedere la revoca dell’assegnazione della casa familiare.

Tuttavia, la giurisprudenza ammette la continuazione della coabitazione con il genitore assegnatario della casa familiare anche quando il figlio maggiorenne si allontana per studiare fuori sede, purché vi torni abitualmente se gli impegni glielo consentono. In pratica, se il figlio maggiorenne mantiene uno stabile collegamento con la casa familiare, il vincolo di coabitazione non viene meno.

Indipendenza economica del figli

Quando al raggiungimento dell’indipendenza economica, la legge non richiede necessariamente un contratto di lavoro full time e con un apprezzabile stipendio, potendo ben trattarsi di un contratto part-time o addirittura a tempo determinato (salvo nel caso di lavoro stagionale). 

L’acquisto dell’indipendenza economica fa cessare anche il diritto al mantenimento. 

L’eventuale perdita successiva del lavoro per licenziamento o dimissioni, anche se dopo poco tempo, non fa rivivere né il diritto al mantenimento né alla casa familiare.

Figli perdono il diritto al mantenimento 

I figli perdono il mantenimento non solo quando diventano autonomi ma anche quando non intendono proseguire il percorso di studi e, nello stesso tempo, non si danno da fare per cercare un lavoro. 

Il raggiungimento di 30/35 anni di età è considerato la soglia limite oltre la quale il mantenimento cessa sempre e definitivamente. Ecco perché, in tali ipotesi, cessa anche il diritto all’assegnazione della casa familiare. 

Assegnatario non abita o cessa di abitare la casa 

Quando il coniuge assegnatario non abita più o cessa di abitare stabilmente nella casa familiare, il coniuge non assegnatario può chiedere un provvedimento di revoca dell’assegnazione. Si pensi all’ex moglie che vada a vivere dai propri genitori.

Cosa succede quando cessa il diritto di abitazione?

Con la cessazione del diritto di abitazione, il coniuge collocatario dovrà fare le valige e andare al più presto via, nel termine indicato dal giudice. Qualora ancora conviventi con questi, lo dovranno chiaramente fare anche i figli. 


note

[1] Trib. Como, sent. n. 902/22 del 13.09.2022.


Sostieni laleggepertutti.it

Non dare per scontata la nostra esistenza. Se puoi accedere gratuitamente a queste informazioni è perché ci sono uomini, non macchine, che lavorano per te ogni giorno. Le recenti crisi hanno tuttavia affossato l’editoria online. Anche noi, con grossi sacrifici, portiamo avanti questo progetto per garantire a tutti un’informazione giuridica indipendente e trasparente. Ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di andare avanti e non chiudere come stanno facendo già numerosi siti. Se ci troverai domani online sarà anche merito tuo.Diventa sostenitore clicca qui

Lascia un commento

Usa il form per discutere sul tema (max 1000 caratteri). Per richiedere una consulenza vai all’apposito modulo.

 


NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA

Canale video Questa è La Legge

Segui il nostro direttore su Youtube