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Assegno sociale: ne ha diritto chi intesta la casa ai figli?

15 Marzo 2023 | Autore:
Assegno sociale: ne ha diritto chi intesta la casa ai figli?

Chi si rende volutamente nullatenente perché dona i propri immobili a terzi può ottenere l’assegno dell’Inps per i poveri?

Ipotizziamo il caso di un uomo privo di consistenti redditi salvo una casa al centro città. Tale proprietà, innalzando il suo Isee, fa sì che la domanda per l’assegno sociale gli venga rigettata dall’Inps. Così decide di intestare l’immobile al figlio. In un’ipotesi del genere – che potremmo definire di “povertà auto indotta” – è possibile comunque ottenere il sostegno assistenziale? 

La quesitone è stata di recente risolta dalla Cassazione. Più in particolare, alla Corte è stato chiesto se ha diritto all’assegno sociale chi intesta la casa ai figli. Si tratta di una quesitone di estremo interesse: difatti, dinanzi a una tale possibilità, potrebbero essere numerosi i papà, specie quelli anziani, che anticipando la divisione del proprio patrimonio rispetto alla successione ereditaria, potrebbero così godere del sussidio dell’Inps. 

Prima però di affrontare il tema principale, ricordiamo quali sono i requisiti per avere l’assegno sociale.

Per richiedere l’assegno sociale dall’Inps sono necessari alcuni requisiti fondamentali. 

Innanzitutto, il richiedente deve aver compiuto almeno 67 anni di età. 

In secondo luogo, è necessario avere una residenza effettiva e continuativa in Italia per almeno 10 anni. 

Infine, per poter beneficiare dell’assegno sociale, il reddito personale annuo non deve superare i 6.085,30 euro, mentre il reddito complessivo annuo coniugale non deve superare i 12.170,60 euro. 

Si tratta di un limite molto stringente, volto a garantire che solo le persone effettivamente in stato di bisogno possano accedere all’assegno sociale. Questi requisiti sono stati stabiliti per garantire una corretta distribuzione delle risorse pubbliche, destinando i fondi a coloro che ne hanno effettivamente bisogno. 

Veniamo ora alla domanda che abbiamo lasciato in sospeso: può avere l’assegno sociale chi fa una donazione al figlio della propria casa?

Ebbene, secondo la Suprema Corte, la risposta è affermativa: ha diritto all’assegno sociale anche chi intesta i propri beni immobili a terzi (ad esempio ai parenti). E ciò perché  – è questa la sostanza del principio affermato dalla giurisprudenza –  «il diritto alla corresponsione dell’assegno sociale (così come previsto dall’articolo 3, comma 6, della legge n. 335/1995) prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dalla assenza di redditi o dell’insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge: non importa quindi che lo stato di bisogno sia anche incolpevole». 

L’unica cosa che potrebbe evitare la percezione dell’assegno sociale è la condotta fraudolenta tenuta dal richiedente, cosa però che, nell’esempio che abbiamo appena fatto, non ricorre.

Lo Stato è quindi tenuto a pagare l’assegno sociale al cittadino in stato di bisogno anche se questi – come nel caso di specie – ha donato due immobili, potenziale fonte di reddito, alla figlia. Un diritto che non può essere negato solo perché la precaria condizione economica è frutto di una scelta. La legge richiede solo lo stato di bisogno e non un’indigenza incolpevole. Tranne, ovviamente il caso della frode. 

Il principio non è nuovo. Già nel 2021 la stessa Cassazione aveva affermato la stessa regola [2]. Sempre la Cassazione, l’anno scorso [3] aveva stabilito che se il cittadino si separa dal coniuge in via consensuale e, in quella sede, rinuncia all’assegno di mantenimento pur avendone diritto, l’Inps non può comunque negargli l’assegno sociale.  

Anche in quella occasione i giudici avevano sottolineato come non vi è alcuna indicazione nella legge circa il fatto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole: al contrario, la condizione legittimante per l’accesso alla prestazione assistenziale rileva nella sua oggettività.


note

[1] Cass. sent. n. 7235/2023.

[2] Cass. n. 24954/2021.

[3] Cass. civ., sez. VI – L, ord., 26 luglio 2022, n. 23305

Cass civ., sez. lav., sent., 13 marzo 2023, n. 7235

Presidente Berrino – Relatore Cavallaro

Fatti di causa

Con sentenza depositata il 10.2.2021, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di B.R. volta alla corresponsione dell’assegno sociale di cui alla l. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6.

La Corte, in particolare, ha ritenuto che l’istante, avendo in precedenza donato alla figlia i due immobili di cui era titolare, riservandosi su uno di essi il diritto di abitazione, avesse creato un nesso di causalità diretta e immediata rispetto alla sopravvenuta situazione di bisogno, di talché, oltre a non essere stato provato che la beneficiaria della donazione non fosse in grado di garantirgli alcun sussidio, la condizione di impossidenza doveva considerarsi frutto di una sua scelta volontaria, come tale preclusiva dell’accesso alla provvidenza.

Avverso tale pronuncia B.R. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria. L’INPS ha resistito con controricorso.

Ragioni della decisione

Con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della l. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, e della l. n. 153 del 1969, art. 26, per avere la Corte di merito rigettato la sua domanda sul presupposto che lo stato di bisogno fosse conseguenza immediata e diretta della sua scelta di donare alla figlia entrambi gli immobili di cui egli era proprietario e che non fosse stata data prova dell’impossibilità per la figlia di garantirgli alcun sostentamento.

Il motivo è fondato.

Va premesso che i giudici territoriali hanno ritenuto che, sebbene in generale siano irrilevanti le ragioni per le quali il richiedente versi in stato bisogno, assumerebbe invece rilievo decisivo, ai fini del diritto all’assegno, che lo stato di bisogno non sia conseguenza immediata e diretta dell’ingiustificata rinuncia ad un diritto e, nel ravvisare per contro un nesso di consequenzialità immediata e diretta tra lo stato di bisogno dell’odierno ricorrente e la precedente donazione immobiliare da lui eseguita a beneficio della figlia, hanno altresì ritenuto che, essendo costei tenuta all’obbligazione alimentare ex artt. 433 ss. c.c., non era stata data alcuna prova della sua impossibilità di farvi fronte, per modo che, risultando lo stato di bisogno dalla rinuncia volontaria alla percezione di un reddito, la prestazione oggetto di domanda non potesse essere riconosciuta.

Così ricostruiti i fatti e il dictum dell’impugnata sentenza, giova ricordare che questa Corte ha ormai chiarito che il diritto alla corresponsione dell’assegno sociale ex l. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dalla condizione oggettiva dell’assenza di redditi o dell’insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, senza che assuma rilevanza che lo stato di bisogno debba essere anche incolpevole (così Cass. n. 24954 del 2021).

A sostegno di tale conclusione, si è rilevato che non vi è, nè nella lettera nè nella ratio della l. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, alcuna indicazione circa il fatto che lo stato di bisogno debba essere anche incolpevole, rilevando al contrario nella sua mera oggettività di impossidenza di redditi al di sotto della soglia prevista dalla legge (così già Cass. n. 14513 del 2020), e che, non consentendo il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione di ritenere in via generale che l’intervento pubblico a favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario, ossia che possa aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi, il rapporto tra prestazioni pubbliche di assistenza e obbligazioni familiari a contenuto latamente alimentare va costruito sempre in relazione alla speciale disciplina che istituisce e regola la prestazione che si considera, alla quale sola bisogna riferirsi per comprendere in che modo sulla sua corresponsione possa incidere la sussistenza di eventuali obbligati al mantenimento e/o agli alimenti, salvo ovviamente l’eventuale accertamento in concreto di condotte fraudolente che, simulando artificiosamente situazioni di bisogno, siano volte a profittare della pubblica assistenza (così Cass. n. 24954 del 2021, cit., in motivazione).

Tali principi vanno qui ribaditi anche con riferimento al caso di specie, in cui la condizione di impossidenza, invece di essere conseguenza di una rinuncia all’esercizio di un diritto come nel caso deciso da Cass. n. 24954 del 2021, cit., derivi da una scelta volontaria avente ad oggetto la donazione di proprietà immobiliari che, astrattamente, avrebbero potuto essere fonte di reddito. Di talché, non essendo nemmeno in discussione che la condotta dell’odierno ricorrente abbia avuto quei connotati fraudolenti che soli potrebbero rilevare ai fini dell’esclusione del diritto all’assegno, il ricorso va accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.


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