Cosa fare se il processo dura molto a lungo e nel frattempo l’avversario vende o dona i suoi beni rendendosi nullatenente?
I tempi del processo civile sono notoriamente lunghi. Così, chi si rivolge al giudice per ottenere la tutela di un credito (credito derivante da un contratto o da un atto illecito che abbia determinato un danno) potrebbe restare fortemente pregiudicato dai tempi tecnici necessari alla definizione della causa e alla pubblicazione sentenza. In questo frangente, il debitore potrebbe compiere atti volti a svuotare il proprio patrimonio: la vendita o la donazione della casa, la chiusura del conto corrente, l’intestazione dell’auto al coniuge e così via.
Quale strada deve percorrere il creditore per evitare di restare intrappolato dalla lentezza della giustizia? In altri termini, come si tutela un credito?
Ci sono diversi modi per farlo o quantomeno per limitare i danni. Di tanto ne parleremo qui di seguito alla luce di una recente sentenza della Cassazione che illustra uno di questi strumenti. Ma procediamo con ordine.
La tutela d’urgenza
La prima forma di tutela di un credito è la giusta scelta della procedura da azionare per il processo. Difatti, la legge garantisce una corsia preferenziale a chi ha fretta ossia a chi è titolare di un diritto che potrebbe essere pregiudicato dalle lungaggini processuali.
In particolare tutte le volte in cui si dà prova della parvenza del proprio diritto (ossia del fatto che questo può essere accertato sommariamente già dalla lettura dei documenti prodotti o delle informazioni fornite nel corso di una udienza) e del pericolo di subire un danno irreparabile in caso di ritardo, si può agire con una procedura speciale. Questa procedura viene chiamata «procedimento cautelare» e si risolve, il più delle volte, in una o due udienze al massimo. Un esempio classico è costituito dal ricorso al cosiddetto articolo 700 del codice di procedura civile.
Ciò dovrebbe consentire di ottenere una sentenza in tempi rapidi.
Anche la recente riforma Cartabia ha introdotto un nuovo procedimento semplificato all’articolo 281-decies del codice di procedura civile: anche quest’ultimo promette tempi molto più brevi di un normale processo.
In sintesi, la scelta della procedura spetta all’avvocato ed è bene che questi sappia ben motivare le ragioni di urgenza del proprio cliente, illustrando al giudice le prove che rendono evidente le ragioni di quest’ultimo, senza bisogno di un’analisi approfondita.
La revocatoria
Vediamo ora come tutelarsi dagli atti fraudolenti del “futuro” debitore. Lo strumento tipico contro donazioni e false vendite è la cosiddetta azione revocatoria. Questa azione si sostanzia in un processo che viene intrapreso nei confronti del debitore o di colui che potrebbe diventare tale a seguito di un giudizio che è ancora in corso. In altri termini, per intraprendere l’azione revocatoria non è necessario avere già in mano la sentenza che condanna la controparte, potendosi agire già quando il processo di accertamento del credito è ancora in corso.
Scopo dell’azione revocatoria è di rendere inefficace la cessione della proprietà di un bene. Si pensi, ad esempio, al caso di un uomo che, temendo di essere condannato a un sonoro risarcimento nei confronti di un’altro, in corso di causa intesti la propria abitazione alla sorella oppure finga una separazione con la moglie e doni a quest’ultima la casa familiare. In ipotesi del genere, la legge consente di “attaccare” l’atto di donazione e renderlo inopponibile al creditore. Che pertanto, una volta accertato il proprio diritto, potrà pignorare il bene se il debitore non pagherà regolarmente la somma indicata nella sentenza di condanna.
Proprio di recente la Cassazione [1] ha spiegato che la legge ammette la revocatoria anche per un credito futuro ossia ancora in corso di accertamento da parte del giudice.
Per esercitare però la revocatoria ci sono delle condizioni da rispettare. Innanzitutto bisogna agire entro 5 anni da quando l’atto da revocare è stato compiuto.
In secondo luogo, se l’atto in contestazione è una donazione bisogna dimostrare che il debitore è rimasto privo di altri beni da poter pignorare.
Se invece l’atto in contestazione è una vendita, bisogna dimostrare (in aggiunta a quanto appena detto per la donazione) che il terzo acquirente era consapevole del depauperamento del patrimonio del debitore e quindi del danno arrecato al creditore.
Così, ad esempio, è ben possibile revocare la cessione di una casa a seguito di una finta separazione tra due coniugi realizzata al solo scopo di frodare il creditore. O la vendita di un immobile a un soggetto connivente.
La trascrizione della domanda giudiziale
Tutte le volte in cui una causa ha ad oggetto un diritto su un bene immobile è possibile altresì trascrivere la domanda giudiziale. Si pensi al caso di un contenzioso tra due eredi che abbia ad oggetto la titolarità di un immobile. Uno dei due ha già accatastato a proprio nome il bene. L’altro, nel momento in cui gli fa causa, può recarsi ai pubblici registri e far trascrivere la sua pretesa nei pubblici registri. Così facendo, se anche la controparte dovesse vendere l’immobile, la sentenza sarà opponibile all’acquirente. Il quale quindi sarà tenuto a restituire il bene a chi, secondo la sentenza, verrà ritenuto essere il proprietario.
L’ipoteca
Quando si ha un credito già accertato da una sentenza, da un assegno o una cambiale è possibile iscrivere l’ipoteca sull’immobile del debitore. L’ipoteca consente di poter pignorare il bene anche se questo dovesse essere ceduto a terzi.
Ma è anche possibile che l’ipoteca venga concessa volontariamente dal debitore a garanzia del proprio esatto pagamento, così come succede a chi chiede un finanziamento in banca.
Si pensi al caso di Mario che chieda a Giovanni un prestito. Giovanni glielo concede a patto però che Mario gli lasci iscrivere l’ipoteca sulla sua casa. In tal modo, semmai Mario non dovesse restituire i soldi che gli sono stati prestati, Giovanni potrà aggredire la casa di Mario con un pignoramento immobiliare, e potrà farlo anche se Mario dovesse nel frattempo vendere o donare l’immobile a terzi.
note
[1] Cass. sent. n. 1414/2023: «In tema di garanzie patrimoniali, è ammessa la revocatoria ordinaria anche per un credito futuro. Non rileva, infatti, l’esigibilità immediata della somma bensì il momento in cui sorge l’obbligazione connessa». La Suprema corte, nell’accogliere la domanda, ha affermato che l’articolo 2901 del codice civile accoglie una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità. Non rileva pertanto il momento di esigibilità del credito, bensì il momento in cui sorge “l’obbligazione connessa all’apertura di credito”, esattamente come per la revocabilità degli atti dispositivi effettuati da un fideiussore. L’anteriorità del credito va dunque stabilita riguardo alla nascita dell’obbligazione e non alla sua esigibilità. Va quindi tutelato non solo il credito litigioso ma anche un credito che ancora non esiste. Ai fini dell’esercizio di questo strumento di tutela ontologicamente radicalmente preventiva, infatti, l’articolo 2901. c.c. fornisce “una nozione lata di credito comprensiva della ragione o aspettativa”. La tutela, ha concluso il collegio, “è preventiva tanto quanto eventuale è il credito che ne è l’oggetto”.