Quando il giudice condanna alle spese?


Se il giudice non accoglie tutta la domanda non si viene condannati al pagamento delle spese processuali.
Il rischio di perdere una causa non è solo di non veder tutelata la propria aspettativa, ma anche di dover rimborsare alla controparte i costi da questa sostenuti per il processo. È quella che si chiama «condanna alle spese processuali».
In questo articolo ci occuperemo di spiegare quando il giudice condanna alle spese. Lo faremo tenendo conto di una recente e interessante sentenza della Cassazione secondo cui l’accoglimento della domanda in misura ridotta rispetto a quella avanzata non esclude la condanna al rimborso delle spese legali. Ma procediamo con ordine.
Indice
Cos’è la condanna alle spese?
Chi perde la causa viene condannato dal giudice a rimborsare all’avversario tutte le spese legali da questi sostenute per difendersi: spese comprensive non solo del contributo unificato, dei bolli e dei diritti di cancelleria, ma anche dell’onorario dell’avvocato e di eventuali compensi dovuti al consulente tecnico d’ufficio. È la regola della cosiddetta “soccombenza”.
Solo in casi eccezionali il giudice può disporre la “compensazione delle spese legali”, ripartendo cioè gli oneri tra le due parti (sicché ciascuna di queste sosterrà i costi della propria difesa). Ciò avviene, ad esempio, quando si verifica una “soccombenza reciproca (ossia quando il giudice rigetta in tutto o in parte le domande di entrambe le parti).
Chi è la parte soccombente?
La parte soccombente è quella che non ottiene soddisfazione delle proprie richieste o vede accogliere le richieste della controparte nel corso di un processo legale. Ad esempio, in una causa per risarcimento danni, se la richiesta del danneggiato viene respinta, quest’ultimo sarà considerato soccombente.
Il giudice identifica la parte soccombente nel dispositivo della sentenza che conclude il processo. Una formula tipica potrebbe essere: “Il Giudice, disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione, accoglie la domanda dell’attore per le ragioni di cui in motivazione e, per l’effetto, dichiara il convenuto tenuto a…, e lo condanna alla rifusione in favore dell’attore delle spese legali che si liquidano in… euro a titolo di compenso e… euro per spese. Si aggiungono IVA e CPA come per legge”.
Soccombenza per motivi processuali
La soccombenza può derivare anche da questioni processuali, come il mancato accoglimento di un’eccezione procedurale o pregiudiziale di rito. Ad esempio, se un avvocato solleva un’eccezione sul vizio di forma nella presentazione di una domanda e il giudice la rigetta, la parte che ha sollevato l’eccezione sarà considerata soccombente.
Liquidazione unitaria delle spese di lite
Se più parti nel medesimo processo sono rappresentate dallo stesso avvocato e la loro domanda viene accolta, è possibile liquidare in modo unitario e globale le spese legali a carico della parte soccombente. Ad esempio, se tre persone fanno causa a un’altra persona per un danno subito e vincono il processo, il giudice può stabilire che la parte soccombente debba pagare un importo unico per le spese legali delle parti vittoriose.
Spese processuali in appello
Il giudice d’appello può rivedere le spese processuali in caso di riforma totale o parziale della sentenza impugnata. Tuttavia, se la sentenza viene confermata, la decisione sulle spese può essere modificata solo se è stata impugnata specificamente. Ad esempio, se un imputato fa appello contro una sentenza di condanna e il giudice d’appello riduce la pena, le spese processuali potrebbero essere ricalcolate in base all’esito complessivo.
Soccombente e rimborso delle spese
In generale, la parte soccombente è tenuta a rimborsare le spese legali sostenute dalla parte vittoriosa . Ciò significa che il soccombente deve coprire le spese sostenute dalla controparte dall’inizio del processo e pagare il compenso dell’avvocato della parte vittoriosa, nei limiti stabiliti dal giudice nella sentenza.
Spese non rimborsabili
Non tutte le spese sostenute dalla parte vittoriosa nel corso del processo sono rimborsabili. Ad esempio, i costi relativi alle indagini sulla situazione patrimoniale della controparte o ai rapporti tra la parte e il suo avvocato al di fuori del processo vero e proprio non sono rimborsabili. Non lo sono neanche le consulenze e tutto ciò che è avvenuto prima del processo.
Parte difesa da più avvocati
Se la parte vittoriosa è stata assistita da più avvocati, solo il compenso di un avvocato può essere calcolato a carico del soccombente.
Rimborso dell’IVA
La parte soccombente deve rimborsare alla parte vittoriosa anche l’IVA dovuta all’avvocato, indipendentemente dalla possibilità che la parte vittoriosa possa detrarre tale importo (Cass. 23 febbraio 2017 n. 4674).
Soccombenza reciproca
Quando al termine del processo le parti risultano parzialmente soccombenti la soccombenza è reciproca. Questo significa che il giudice compensa le spese processuali. La compensazione implica che ciascuna parte non può chiedere all’altra il rimborso dei costi sostenuti per il processo; dovrà pertanto sostenere da sé l’onorario per l’avvocato.
Dunque, se al termine del processo entrambe le parti hanno perso in parte le loro richieste, si parla di soccombenza reciproca. Tuttavia, se una singola richiesta viene accolta solo parzialmente, non si verifica la soccombenza reciproca, che si verifica solo quando ci sono più richieste contrapposte o un’unica richiesta con più parti [1].
La compensazione può essere:
- totale: ogni parte copre le proprie spese sostenute durante il processo.
- parziale: le spese vengono divise proporzionalmente alla soccombenza reciproca (ad esempio, metà delle spese vengono compensate e l’altra metà è a carico della parte soccombente).
La decisione del giudice di compensare le spese è discrezionale e deve essere adeguatamente motivata. Non è sufficiente giustificare la compensazione solo perché il giudice ha ridotto la richiesta di una parte: la controparte soccombente deve comunque essere condannata al pagamento delle spese [2]. La Cassazione ha ribadito che, in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza.
Eccezioni alla regola della soccombenza
In alcune situazioni, il giudice può decidere che entrambe le parti, anche quella vittoriosa, paghino le loro spese legali (compensazione). Questo può avvenire a causa del comportamento negativo di una parte o se le spese sostenute sono arbitrarie. Tuttavia, non è possibile far pagare tutte le spese alla parte completamente vittoriosa, tranne in caso di violazione dei doveri di lealtà e probità.
In caso di questioni nuove o cambiamenti nella giurisprudenza, il giudice può decidere di compensare parzialmente o totalmente le spese tra le parti.
Se una parte rifiuta ingiustificatamente una proposta di conciliazione e il giudice accoglie la domanda in misura non superiore a tale proposta, può condannare la parte al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, a meno che non ci sia soccombenza reciproca.
Spese eccessive e superflue
Il giudice può decidere di non far pagare alla parte soccombente le spese eccessive o superflue sostenute arbitrariamente dalla parte vittoriosa nel processo.
Violazione dei doveri di lealtà e probità
Se la parte vittoriosa ha violato i doveri di lealtà e probità, il giudice può derogare al principio della soccombenza e condannare la parte vittoriosa a rimborsare le spese sostenute dal soccombente a causa del suo comportamento scorretto e sleale.
note
[1] Cass. SU 31 ottobre 2022 n. 32061
[2] Cass. ord. n. 8175/2023. Cass. 11 febbraio 2016 n. 2709