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Quanto tempo per opporsi alle spese condominiali?

2 Maggio 2023 | Autore:
Quanto tempo per opporsi alle spese condominiali?

Come comportarsi se l’assemblea di condominio ripartisce le spese in modo errato: termine per la contestazione. 

In materia di condominio, la legge prevede un termine entro cui opporsi alle decisioni dell’assemblea, tra cui quella sulla ripartizione delle spese. Ipotizziamo, ad esempio, una delibera assembleare che divida la bolletta dell’acqua in quote uguali tra i vari condomini anziché secondo millesimi come impone il codice civile. In questa ipotesi come deve comportarsi chi intende contestare tale decisione? Quanto tempo ha per opporsi alle spese condominiali? 

Spesso si commette l’errore di astenersi da qualsiasi iniziativa giudiziaria per poi avvalersi di un avvocato e agire in tribunale solo quando arriva la richiesta di pagamento dell’amministratore o, nella peggiore delle ipotesi, il decreto ingiuntivo. Un comportamento del genere però è assolutamente errato perché non tiene conto del fatto che, in gran parte dei casi, il giudice potrebbe rigettare la richiesta del debitore. E questo perché sono ormai decorsi i termini per qualsiasi tipo di contestazione. Vediamo allora, più nel dettaglio, quanto tempo c’è per opporsi alle spese condominiali.

Entro quanto tempo impugnare una delibera del condominio 

La legge stabilisce che il condomino che intende contestare una delibera dell’assemblea di condominio deve agire entro 30 giorni.

Questo termine decorre: 

  • per i presenti che si sono astenuti o hanno votato contro la delibera, dal giorno dell’assemblea;
  • per gli assenti, dal giorno di ricevimento del verbale dell’assemblea.

Prima che tale termine scada dunque, il condomino deve depositare la domanda di mediazione presso un organismo di mediazione competente. Difatti in materia di impugnazione delle delibere condominiali è necessario avviare la mediazione obbligatoria, che è condizione per poi procedere in giudizio. 

Se si lascia scadere il termine di decadenza, il condomino non può più contestare la delibera, neanche nel momento in cui dovesse ricevere un decreto ingiuntivo. Difatti la Cassazione ha specificato che è inammissibile l’opposizione a decreto ingiuntivo volta a sollevare vizi della delibera assembleare: tale tipo di doglianza, infatti, andava proposta impugnando la delibera ed entro il termine di 30 giorni. 

Possiamo quindi dire che, una volta decorsi 30 giorni, qualsiasi vizio della delibera si sana e quest’ultima diventa definitivamente valida, non potendo più essere oggetto di contestazioni. 

Mario non viene convocato all’assemblea condominiale, né si presenta. L’amministratore però gli inoltra il verbale con il resoconto dell’assemblea stessa. Mario lascia decorrere trenta giorni senza contestare la delibera. La delibera dunque, per quanto originariamente viziata, si sana e diventa definitiva. 

Quando si può contestare una delibera condominiale senza termini

Eccezione alla regola appena enunciata è costituita dalle delibere “nulle”, quelle cioè che presentano vizi talmente gravi da non produrre alcun effetto. 

Ciò succede, ad esempio, nel caso di una delibera che decida lavori sul balcone di uno dei condomini: non è infatti competenza dell’assemblea decidere di eseguire opere di ristrutturazione all’interno della proprietà privata (a meno che, nel caso dei balconi, si tratti degli elementi decorativi che contribuiscono a conferire decoro all’edificio nel suo complesso).

Si pensi anche al caso della delibera che decida di esonerare per sempre un condomino dal pagamento di determinate quote o di imputargli una spesa inferiore rispetto ai suoi millesimi: una modifica definitiva dei criteri di riparto delle spese, diversa dalla regola generale dei millesimi, infatti rende nulla la delibera che può pertanto essere impugnata senza limiti di tempo.

Entro quanto tempo contestare una delibera che ripartisce in modo errato le spese

Vediamo ora il caso di una delibera che, nel decidere la ripartizione di una specifica voce di spesa, opti per un criterio diverso da quello imposto dalla legge che è secondo millesimi. Si pensi al caso di una assemblea che, nel ripartire il costo di manutenzione dell’ascensore, decida di esonerare i proprietari ai primi piani.

A riguardo le Sezioni Unite della Cassazione [1] hanno stabilito il seguente principio:

  • è annullabile la delibera dell’assemblea di condominio che ripartisce, per una singola annualità, le spese in modo diverso da quanto previsto dall’articolo 1123 del codice civile ossia senza tenere conto dei millesimi: in tal caso quindi è onere del condomino che intenda opporsi alla decisione assembleare di avviare l’impugnazione entro 30 giorni. Diversamente, scaduto il termine, il vizio si sana e non è più possibile contestare qualsiasi successiva richiesta di pagamento da parte dell’amministratore;
  • è nulla la debbierà che invece modifica per sempre i criteri di ripartizione delle spese condominiali (non cioè per una singola annualità) stabilendo un criterio diverso da quello millesimale previsto dall’articolo 1123 del codice civile. In tal caso, pertanto, il condomino può contestare la delibera in qualsiasi momento, senza limiti di tempo. Pertanto potrebbe farlo anche proponendo opposizione a decreto ingiuntivo, nel caso in cui il predetto condominio agisca contro di lui.

Come si dividono le spese condominiali?

Vediamo dunque quali sono i principi che disciplinano la ripartizione delle spese condominiali. Tali regole sono fissate dall’articolo 1123 del codice civile. Esse possono essere derogate dall’assemblea, ma solo con l’unanimità. Come detto, se la modifica avviene a maggioranza, la delibera è annullabile se attiene a una singola annualità; è invece nulla se attiene anche al futuro. Quindi nel primo caso la delibera è impugnabile entro 30 giorni mentre nel secondo senza limiti di tempo.

Divisione delle spese secondo millesimi

La regola generale stabilisce che tutte le spese condominiali devono essere divise tra i condomini secondo le tabelle millesimali, che assegnano un punteggio in millesimi a ogni unità immobiliare. Questo punteggio viene calcolato considerando diversi fattori come dimensioni, esposizione, piano, stanze, vista, ecc.

Tutti i condomini, senza eccezioni, devono partecipare alla ripartizione delle spese, anche se non usufruiscono dei beni o servizi condominiali. È importante notare che ciò che conta è l’uso potenziale, non quello effettivo. Quindi se una persona non utilizza ad esempio l’ascensore deve comunque contribuire alle spese per la sua manutenzione.

Come anticipato non è possibile esonerare o ridurre la quota di spese di uno o più condomini senza il consenso unanime dell’assemblea. Anche il costruttore non può inserire una clausola che lo esonera dal pagamento delle spese per gli appartamenti invenduti.

Divisione delle spese secondo l’uso

Per alcune spese che riguardano beni o servizi utilizzati in modo diverso dai condomini, il regolamento di condominio deve prevedere ulteriori tabelle millesimali che graduano la partecipazione alle spese in base al maggior uso che alcuni condomini fatto di un determinato bene o servizio. Ad esempio, per le spese dell’ascensore si tiene conto del piano e per quelle relative al riscaldamento si può tenere conto della dimensione dell’immobile.

Divisione delle spese nei condominiali parziali

Nel caso di condomini parziali, ovvero edifici con più scale, cortili, lastrici, opere ed impianti destinati a servire solo una parte dell’edificio, le spese sono a carico solo dei condomini che ne traggono utilità.

Divisione delle spese di giardinaggio

Le spese del giardinaggio si ripartiscono tra tutti i condomini secondo i millesimi, poiché il verde aumenta il valore dell’intero condominio. Se il giardino è di proprietà esclusiva di un solo condomino, è quest’ultimo che deve provvedere alle spese di giardinaggio, ma alcuni giudici ritengono che il condominio debba contribuire a tali oneri se le piante hanno una funzione ornamentale e contribuiscono al decoro dell’intero edificio.


note

[1] Cass. civ., SS.UU., sentenza n. 9839/2021.


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