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Cancellazione decreto ingiuntivo

14 Maggio 2023 | Autore:
Cancellazione decreto ingiuntivo

Come, quando e per quali ragioni si può ottenere l’annullamento o la revoca dell’ordine di pagamento di una somma di denaro emesso dal giudice; come fare l’opposizione.

Quando i creditori bussano alla porta con l’ufficiale giudiziario, la faccenda si fa seria: il decreto ingiuntivo è un vero e proprio ordine di pagamento di una determinata somma di denaro, emesso dal giudice su richiesta di chi vanta una pretesa certa, liquida ed esigibile. Se non si paga entro i termini intimati, le conseguenze sono inevitabili: parte l’esecuzione forzata, con il pignoramento dei beni e la vendita all’asta, con il creditore che si soddisferà sul ricavato.

Viste queste gravi conseguenze, come si può ottenere la cancellazione di un decreto ingiuntivo, cioè la sua revoca, o il suo annullamento? Oltre al modo più comune e evidente, ma non sempre concretamente praticabile, che è il pagamento integrale del debito intimato (più le spese legali e gli interessi maturati) ci sono altre strade, tutte accomunate dal fatto che richiedono di intraprendere iniziative giudiziarie, a meno che non sia il creditore stesso a rinunciare alla propria pretesa ed alle azioni intraprese, ma è un caso rarissimo.

Ti anticipiamo che il decreto ingiuntivo, per quanto sia una strumento severo nelle forme e nei modi, e venga utilizzato molto spesso per recuperare velocemente i crediti, non è definitivo e inoppugnabile: il debitore che viene colpito da questo provvedimento ha sempre la possibilità di difendersi – sia pure entro termini piuttosto ristretti – e, così, di contestare il credito per varie ragioni di forma e di sostanza.

Decreto ingiuntivo: cos’è e quando viene emesso

Il decreto ingiuntivo è un provvedimento giudiziario che ordina al debitore di pagare una somma di denaro – ed è il caso più frequente nella pratica – o di consegnare una quantità di cose fungibili o una determinata cosa mobile al creditore, come, ad esempio, un’elettrodomestico o un’autovettura acquistati a rate che non sono state non pagate.

Si tratta di una procedura rapida e semplificata rispetto alla causa civile ordinaria di cognizione, perché che consente al creditore di ottenere un titolo esecutivo senza instaurare il preventivo contraddittorio giudiziario con il debitore, che altrimenti sarebbe sempre necessario per l’accertamento del credito.

Questo risultato è possibile grazie ad una cognizione sommaria del diritto fatto valere: infatti il decreto ingiuntivo può essere richiesto ed ottenuto soltanto se il credito è certo, liquido ed esigibile e se è munito di prova scritta, come un contratto, una fattura, un assegno bancario, una cambiale, il rendiconto consuntivo condominiale con piano di riparto delle spese, o una parcella di un professionista vistata dal proprio Ordine che attesta la congruità dei compensi richiesti.

Il decreto ingiuntivo viene emesso dal giudice competente per valore (il Giudice di pace per le somme fino a 5mila euro ed il Tribunale per quelle maggiori) su ricorso del creditore, che deve allegare all’istanza i documenti che provano il suo diritto. Il giudice adito può accogliere il ricorso, rigettarlo o chiedere l’integrazione della prova.

Se il ricorso è accolto, il giudice emette il decreto ingiuntivo e lo fa notificare al debitore tramite un ufficiale giudiziario. A questo punto, il debitore ha 40 giorni di tempo dal momento della notifica per adempiere all’ordine del giudice, oppure per opporsi al decreto. Se non si muove in uno di questi due modi, cioè pagando il dovuto o opponendosi al provvedimento, subirà le azioni esecutive, con il pignoramento dei beni.

Opposizione a decreto ingiuntivo: come funziona

L’opposizione a decreto ingiuntivo è il fondamentale strumento di difesa a disposizione del debitore che per qualsiasi ragione ritiene ingiusto, invalido o infondato il provvedimento emesso nei suoi confronti: ad esempio, perché il debito era stato già saldato, oppure perché si è prescritto, o perché il contratto era viziato o radicalmente nullo.

L’opposizione deve essere proposta, con un atto di citazione (o con ricorso, per le cause di lavoro e di locazione) redatto da un avvocato, davanti allo stesso giudice che ha emesso il decreto, entro 40 giorni dalla notifica dello stesso. Il termine utile per presentare l’opposizione al decreto ingiuntivo è di 50 giorni se l’intimato risiede fuori dall’Italia ma in un Paese dell’Unione europea, e arriva a 60 giorni se ha la residenza in uno Stato non appartenente all’Ue.

Con la presentazione dell’opposizione al decreto ingiuntivo, si instaura un’ordinaria causa di cognizione civile, in cui si accerta la fondatezza o meno del credito, con la peculiarità che le parti sono ribaltate: l’attore, cioè colui che agisce, è l’opponente, quindi il debitore ingiunto, mentre il convenuto, colui che resiste alla pretesa avversaria, è il creditore che aveva ottenuto il decreto ingiuntivo ora opposto. Questo capovolgimento delle parti comporta, come gli avvocati ben sanno, l’inversione delle rispettive iniziative processuali, fermo restando che l’oggetto del decidere sarà sempre l’accertamento del credito che era stato posto alla base del decreto ingiuntivo poi opposto.

Opposizione tardiva: quando è ammissibile

L’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo, cioè proposta oltre i termini tassativi che abbiamo indicato, è, di regola, inammissibile, salvo che sussistano «gravi motivi» ai sensi dell’articolo 649 Codice di procedura civile e se il debitore dimostri di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo per irregolarità della notificazione, o per caso fortuito o forza maggiore.

In ogni caso, l’opposizione tardiva diventa inammissibile se sono trascorsi 10 giorni dal primo atto di esecuzione, che consiste nel pignoramento. Per approfondire leggi l’articolo “Opposizione tardiva a decreto ingiuntivo: come fare“.

Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo

È importante sapere che la presentazione dell’opposizione sospende l’esecutività del decreto, che, pertanto, non può fondare le azioni di espropriazione forzata dei beni del debitore, a meno che il giudice non avesse disposto la cosiddetta «provvisoria esecuzione».

La provvisoria esecuzione è una misura eccezionale, che consente al creditore di iniziare l’esecuzione forzata del decreto ingiuntivo prima che sia scaduto il termine per l’opposizione o, comunque, prima che sia definita la causa di opposizione (che, essendo un giudizio ordinario, può durare a lungo). Precisamente, se il decreto è provvisoriamente esecutivo, il creditore può notificarlo al debitore unitamente all’atto di precetto ed intraprendere l’esecuzione forzata se non ha ottenuto il pagamento del dovuto entro i successivi 10 giorni (anziché i 40 necessari per far diventare definitivo il decreto non esecutivo).

L’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo può essere disposta dal giudice solo se il credito è assistito da particolari presunzioni di fondatezza, elencate dall’articolo 642 del Codice di procedura civile: i casi più frequenti sono quelli del credito fondato su cambiale, assegno o atto ricevuto dal notaio o da un altro pubblico ufficiale autorizzato. Anche i decreti ingiuntivi emessi per il pagamento di canoni di locazione scaduti, per le spese condominiali approvate dall’assemblea e per il mantenimento dei figli sono, per legge, provvisoriamente esecutivi.

Sospensione del decreto ingiuntivo

Come abbiamo detto sopra, la sospensione del decreto ingiuntivo avviene in via automatica, con la rituale presentazione dell’opposizione da parte del debitore, che in tal modo evita di farlo diventare uno strumento efficace per intraprendere le azioni esecutive, come invece avverrebbe una volta trascorsi i 40 giorni dalla notifica senza aver pagato la cifra intimata.

Invece, il debitore che si oppone a un decreto ingiuntivo già provvisoriamente esecutivo deve appositamente chiedere la sospensione della provvisoria esecuzione, e può farlo se dimostra che il provvedimento è manifestamente infondato o che l’esecuzione gli arreca un grave pregiudizio. In tali casi, quindi, la sospensione della provvisoria esecuzione non è automatica, ma può essere disposta dal giudice dell’opposizione, se accoglie l’istanza motivata del debitore.

Revoca del decreto ingiuntivo

La sospensione del decreto ingiuntivo è un provvedimento provvisorio, destinato ad avere effetti sino al momento della decisione della causa di merito instaurata con la proposizione dell’opposizione del debitore al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti. Certo, nel frattempo il debitore che ha ottenuto la sospensione è per un po’ di tempo al riparo dalle azioni esecutive del creditore, che sono bloccate, ma finché la causa prosegue non è ancora detta l’ultima parola.

La revoca del decreto ingiuntivo, invece, è la vittoria definitiva del debitore nella causa di opposizione. Infatti, se il giudice dell’opposizione accoglie le ragioni prospettate dal debitore, e correlativamente rigetta le pretese avanzate dal creditore, il decreto ingiuntivo viene cancellato con la sentenza che decide la causa, e così e perde ogni efficacia. Da quel momento, sarà il nuovo titolo giudiziale – quindi la sentenza – a regolare i rapporti tra il debitore ed il creditore; fermo restando che la sentenza sarà soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione (ad esempio, potrà essere appellata), ma intanto il decreto ingiuntivo non vive più, in quanto è stato travolto e superato dalla decisione finale.

A questo punto, il creditore è anche obbligato a restituire al debitore quanto aveva eventualmente ottenuto in esecuzione del decreto – specialmente se, nel frattempo, esso aveva fondato le azioni di espropriazione forzata dei beni pignorati – ed anche a risarcire i danni subiti dal debitore a causa dell’esecuzione intrapresa nei suoi confronti.

Accoglimento parziale dell’opposizione

Infine, si può avere l’accoglimento parziale dell’opposizione: in tali casi, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza (e non più dal decreto ingiuntivo impugnato), e gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta, per come stabilito dal giudice. Queste ipotesi sono disciplinate dall’articolo 653 del Codice di procedura civile.



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