Chi paga il TFR al dipendente se l’azienda fallisce?


La procedura e i documenti che servono per ottenere la liquidazione del trattamento di fine rapporto dal Fondo di garanzia Inps.
Quando il datore di lavoro fallisce a farne le spese sono anche (e forse soprattutto) i dipendenti, i quali si ritrovano all’improvviso senza poter più contare su uno stipendio mensile. Nel corso della propria vita lavorativa i dipendenti hanno però maturato il diritto anche a un altro trattamento economico, e cioè al Tfr. È proprio in questo contesto che si inserisce la seguente domanda: chi paga il Tfr al dipendente se l’azienda fallisce?
Come vedremo, la legge ha pensato anche a questa eventualità, intervenendo con un apposito Fondo di garanzia nei casi in cui il datore non possa più pagare. Vediamo di cosa si tratta e come ottenere quanto spetta.
Indice
Che cos’è il Tfr?
Il trattamento di fine rapporto (tfr) è una prestazione economica che spetta al dipendente all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, per qualsiasi motivo esso si sia verificato (licenziamento, dimissioni o raggiungimento dell’età pensionabile).
Proprio perché corrisposta al termine dell’impiego, il trf è conosciuto anche con i nomi di “liquidazione” o “buonuscita”.
Come si calcola il Tfr?
L’importo del Tfr può essere facilmente calcolato sulla base della retribuzione annua.
Per la precisione, il conteggio del trattamento di fine rapporto avviene sommando, per ciascun anno di lavoro, una quota pari all’importo annuo della retribuzione diviso per 13,5.
L’importo accumulato progressivamente viene rivalutato al 31 dicembre di ogni anno con un tasso fisso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione rilevato per l’anno precedente.
Chi paga il Tfr?
Il trattamento di fine rapporto è una somma accantonata dal datore di lavoro che viene corrisposta al lavoratore dipendente nel momento in cui il rapporto di lavoro cessa per qualsiasi motivo.
Per tale ragione, il Tfr viene elargito direttamente dal datore di lavoro il quale, durante tutto il rapporto, ha “messo da parte” una somma da corrispondere a titolo di liquidazione o di buonuscita.
Chi paga il Tfr se l’azienda fallisce?
Cosa succede se il datore di lavoro fallisce e non è in grado di corrispondere il trattamento di fine rapporto ai propri dipendenti?
In questi casi interviene il Fondo di garanzia gestito direttamente dall’Inps, il quale assicura il pagamento del tfr a tutti i lavoratori dipendenti, sia nel settore pubblico che in quello privato.
Il Fondo di garanzia è finanziato direttamente dal datore nel corso del tempo, attraverso il versamento di un contributo pari allo 0,2% della retribuzione imponibile.
In pratica, il Fondo di garanzia costituisce una sorta di accantonamento d’emergenza che entra in gioco nel momento in cui il datore non può pagare da sé il tfr.
Il meccanismo è molto simile al Fondo di garanzia per le vittime della strada, il quale risarcisce le vittime di sinistri causati da ignoti o da persone non assicurate e che si finanzia mediante un prelievo su tutti i contratti di assicurazione Rc auto stipulati da ogni automobilista.
Ad ogni modo, il Fondo di garanzia permette di assicurare l’erogazione dei pagamenti del tfr nei confronti di tutti i lavoratori che sono stati interessati dal fallimento dell’azienda presso cui lavoravano, anche nei casi in cui il loro datore non abbia versato tale contributo.
Ma non solo. Oltre al tfr, il Fondo di garanzia consente al lavoratore di recuperare anche le retribuzioni maturate negli ultimi tre mesi del rapporto, nel caso non siano state saldate.
Come chiedere il Tfr al Fondo di garanzia?
Il dipendente che ha perso il posto perché l’azienda in cui lavorava è fallita può rivolgersi all’Inps per ottenere il trattamento di fine rapporto che non gli è stato corrisposto.
Per fare ciò, è possibile accedere direttamente alla propria area personale all’interno del portale telematico dell’Inps (occorre avere lo Spid, cioè il sistema di identità digitale) oppure recarsi presso un patronato affinché inoltri l’istanza per conto del lavoratore.
La richiesta spetta anche agli eredi del lavoratore (coniuge e figli e, se viventi a carico, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo) e ai cessionari a titolo oneroso del tfr (in genere, società finanziarie con le quali è in corso la cessione del quinto dello stipendio).
Come ottenere il Tfr dal Fondo di garanzia?
Perché la domanda di liquidazione del tfr possa essere accolta dal Fondo di garanzia occorre allegare idonea documentazione che sia in grado di dimostrare:
- la cessazione del rapporto di lavoro subordinato;
- lo stato d’insolvenza del datore;
- l’apertura di una procedura di fallimento (o di altra procedura concorsuale);
- l’accertamento dell’esistenza del credito a titolo di tfr e/o delle ultime tre mensilità del lavoratore.
L’accertamento del fallimento avviene attraverso l’ammissione del credito nello stato passivo della procedura, che serve a quantificare l’importo che poi verrà erogato dal Fondo di garanzia.
L’ammissione nello stato passivo è la procedura alla quale partecipano i creditori dell’impresa che ha dichiarato fallimento e che serve per rientrare tra gli aventi diritto a essere rimborsati del proprio credito.
Se, dopo l’avvio del fallimento, il tribunale stabilisce che il datore fallito non ha un patrimonio su cui i creditori possano rivalersi, il lavoratore potrà richiedere l’intervento del Fondo di garanzia.
Fondo di garanzia: quali documenti allegare per il Tfr?
Per ottenere la liquidazione del trattamento di fine rapporto da parte del Fondo di garanzia non è quindi sufficiente una semplice istanza alla quale si allega la visura camerale dell’impresa fallita, bensì:
- copia autentica dello stato passivo esecutivo (anche per estratto), documento non necessario se il responsabile del fallimento o la cancelleria del tribunale abbiano già provveduto a trasmettere all’Inps una copia in formato digitale;
- dichiarazione sostitutiva del certificato del tribunale che attesta che il credito non è stato oggetto di opposizione o di impugnazione;
- modello SR52 debitamente compilato e firmato dal responsabile del fallimento. In caso di rifiuto di compilazione, le informazioni utili alla liquidazione dovranno essere fornite direttamente dal lavoratore attraverso opportuna documentazione, come l’istanza di ammissione al passivo completa di documentazione e il modello SR54;
- copia autentica del decreto che ha deciso l’eventuale azione di opposizione o impugnazione;
- copia della domanda di ammissione al passivo.