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Diritto e Fisco | Articoli

Entro quanto tempo arriva la revoca della patente?

10 Maggio 2023 | Autore:
Entro quanto tempo arriva la revoca della patente?

La Cassazione chiarisce che alla sospensione o alla revoca della patente non si applica il termine di decadenza dei 90 giorni previsto invece per la notifica del verbale con la multa stradale.  

Hai mai ricevuto una sanzione per violazione del Codice della Strada e ti sei chiesto entro quanto tempo può avvenire la revoca della patente? Ti sarai infatti accorto che tra l’uno e l’altro provvedimento può passare molto tempo, a volte anni. In un caso del genere, la decisione della Prefettura si può contestare?

In questo articolo, analizzeremo le tempistiche e le condizioni per la revoca della patente in seguito a violazioni del Codice della Strada. Vedremo inoltre come i termini di prescrizione influiscono sulla revoca e quale sia il ruolo della Prefettura in questo processo.

Quali sono le condizioni per la revoca della patente?

La revoca della patente può essere disposta come sanzione accessoria in seguito a violazioni gravi del Codice della Strada, come ad esempio una inversione ad “U” su strade extraurbane o autostrade oppure la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze psicofisiche. La sanzione pecuniaria prevista per queste violazioni è accompagnata dalla sanzione accessoria della revoca della patente di guida.

Entro quanto tempo arriva la multa?

La multa deve essere spedita dall’organo accertatore entro 90 giorni a pena di decadenza. Conta dunque la data di consegna del plico all’ufficio postale.

La sanzione accessoria della revoca della patente invece non segue questo stesso iter. Per essa non è previsto il termine di decadenza, ma solo l’ordinario termine di prescrizione di 5 anni che la legge dispone per tutte le sanzioni amministrative. 

Quali sono i termini di prescrizione per la revoca della patente?

Il procedimento per l’adozione della misura accessoria della revoca della patente è disciplinato dal Codice della Strada. L’organo, l’ufficio o comando che accerta la violazione deve comunicare entro cinque giorni successivi al Prefetto del luogo in cui è stata commessa la violazione. Il Prefetto, previo accertamento delle condizioni di legge, emette l’ordinanza di revoca e consegna immediata della patente alla Prefettura.

Secondo il Codice della Strada, la revoca della patente può essere adottata nel termine di cinque anni dalla commessa violazione, nel rispetto del termine di prescrizione. Non sono previsti termini di decadenza per la revoca, a differenza di quanto previsto per l’applicazione della sanzione principale.

La revoca della patente può avvenire anche in caso di contestazione differita o mancato ritiro immediato del documento di guida?

Sì, la revoca della patente può avvenire anche in caso di contestazione differita o mancato ritiro immediato del documento di guida da parte degli organi accertatori. La tempistica della revoca non è influenzata da questi fattori, purché avvenga entro il termine di prescrizione di cinque anni dalla commessa violazione.

Poniamo il caso di Tizio che, nel novembre del 2017, ha commesso una violazione del Codice della Strada circolando in senso vietato su una strada extraurbana. La revoca della patente è stata disposta nel settembre del 2019, quasi due anni dopo la violazione. Pur avendo superato i novanta giorni dalla contestazione, la revoca è stata ritenuta legittima poiché avvenuta entro il termine di prescrizione di cinque anni dalla commessa violazione.

Cosa succede se un automobilista propone un ricorso in Cassazione contro la revoca della patente?

Se un automobilista ritiene che la revoca della patente sia ingiusta, può proporre al giudice di pace entro 60 giorni da quando riceve il primo verbale. Non è quindi corretto attendere il provvedimento di revoca della patente.

 


Cass. civ, sez. II, ord., 5 maggio 2023, n. 11792

Presidente Manna – Relatore Fortunato

Ragioni in fatto e in diritto della decisione

1. La Prefettura di […] ha proposto appello avverso la sentenza del Giudice di pace che, in accoglimento dell’opposizione di R.Q., aveva annullato la revoca della patente di guida disposta a carico dell’opponente quale sanzione accessoria della violazione degli artt. 176 CDS, sostenendo che la misura era stata tardivamente disposta solo all’esito della definizione del ricorso sulla sanzione principale.

Il Tribunale, riformando integralmente la prima decisione, ha premesso che l’opponente, sanzionato in data 26.11.2017 per aver circolato su strada extraurbana in senso di marcia vietato, aveva impugnato sia la successiva l’ordinanza ingiunzione, confermata dal Giudice di Pace di Perugia, sia la sanzione accessoria della revoca della patente, adottata il 15.11.2019, dolendosi unicamente del fatto che tale revoca era stata adottata ben oltre il termine fissato dalla L. n. 241 del 1990, art. 2, pari a gg. 90 dalla contestazione.

Ha poi dato atto che il provvedimento di revoca era stato regolarmente notificato e che non era in discussione la legittimità della sanzione principale, ha ricordato che l’art. 219, comma 2, CDS non prescrive alcun termine per la notifica del provvedimento di revoca della patente e che, pertanto, l’amministrazione non era decaduta dall’esercizio del potere sanzionatorio.

La cassazione della sentenza è chiesta da R.Q. sulla base di due motivi di ricorso.

La Prefettura di […] ha depositato memoria ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.

2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 2.

Si assume che la violazione principale era stata commessa in data (omissis), mentre la revoca era stata disposta solo due anni dopo, in data 11.9.2019, ben oltre un termine ragionevole, non potendosi rimettere alla discrezionalità dell’amministrazione la scelta dei tempi di applicazione delle sanzioni, siano esse principali o anche solo accessorie.

Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c.

L’art. 176, comma 1, lettera a), CDS dispone che sulle carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli delle strade di cui all’art. 175, comma 1, è vietato invertire il senso di marcia e attraversare lo spartitraffico, anche all’altezza dei varchi, nonché percorrere la carreggiata o parte di essa nel senso di marcia opposto a quello consentito.

La violazione è punita con la sanzione pecuniaria compresa tra Euro 2046 ed Euro 8186 e con la sanzione accessoria della revoca della patente di guida e del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di tre mesi.

Il procedimento per l’adozione della misura accessoria è autonomamente disciplinato dal successivo art. 219 CDS, prevedendo che l’organo, l’ufficio o comando, che accerta l’esistenza di una delle condizioni per le quali la legge prevede la revoca, entro i cinque giorni successivi, ne dà comunicazione al prefetto del luogo della commessa violazione. Questi, previo accertamento delle condizioni di legge, emette l’ordinanza di revoca e consegna immediata della patente alla prefettura, anche tramite l’organo di Polizia incaricato dell’esecuzione. Dell’ordinanza si dà comunicazione al competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri.

Secondo il costante orientamento di questa Corte la revoca può essere autonomamente adottata nel termine di cinque anni dalla commessa violazione – ossia nel rispetto del termine di prescrizione – non essendo imposti termini di decadenza (previsti invece per l’applicazione della sanzione principale) e ciò anche in caso di contestazione differita o di mancato ritiro immediato del documento di guida da parte degli organi accertatori (Cass. 15694/2020; Cass. 7026/2019; Cass. 8185/2003; Cass. 10373/2006; Cass. 3832/2001), essendosi ripetutamente esclusa l’applicazione del diverso termine di conclusione dei procedimenti amministrativi di cui alla L. n. 241 del 1990, sull’assunto che la disciplina delle sanzioni amministrative è integralmente contenuta nella L. n. 689 del 1981 (Cass. 31239/2021; Cass. 21706/2018; Cass. 4363/2015; Cass. 8763/2010).

3. Il secondo motivo denuncia la violazione della Cost., artt. 24, 2907, comma 1, c.c. e 99 c.p.c., sostenendo che l’amministrazione non aveva contestato la tardività dell’applicazione della sanzione accessoria, per cui la questione non era più esaminabile in appello.

Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c.

La questione devoluta in appello non investiva la sussistenza della responsabilità del sanzionato per la violazione principale, né circostanze di fatto discusse in giudizio, ma esclusivamente l’individuazione della disciplina applicabile riguardo all’eventuale sussistenza di un termine di decadenza per l’adozione della revoca. Su tali profili non poteva incidere l’atteggiamento difensivo dell’amministrazione, né era invocabile il principio di non contestazione, che – per la specifica finalità cui esso assolve – ha riguardo a fatti storici sottesi a domande ed eccezioni” da intendersi in senso sostanziale, “imponendo al convenuto l’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte” (o, per converso, all’attore di prendere posizione sui fatti modificativi o estintivi allegati dal convenuto), determinando “effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente (Cass. 21403/2022; Cass. 5172/2020; Cass. 15658/2013).

Tale effetto non si produce riguardo alle norme applicabili alla fattispecie concreta, che è compito cui è tenuto esclusivamente il giudice e che questi è tenuto ad individuare senza essere vincolato alle richieste, alle deduzioni difensive o alle contestazioni delle parti.

Il ricorso è – in conclusione – inammissibile.

Nulla sulle spese, non avendo la Prefettura svolto difese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.


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