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Si può confiscare il conto corrente di un familiare dell’indagato?

10 Maggio 2023 | Autore:
Si può confiscare il conto corrente di un familiare dell’indagato?

Analizziamo il tema della confisca del conto corrente del figlio dell’indagato, esaminando le recenti sentenze della Cassazione per capire la posizione della giustizia italiana.

La confisca del conto corrente del familiare dell’indagato è un argomento che solleva dubbi e incertezze in ambito giuridico. Esistono diversi orientamenti giurisprudenziali sulla questione, e la recente sentenza n. 19081 della Cassazione offre spunti interessanti per comprendere la posizione della giustizia italiana. Ma cosa prevede esattamente questa sentenza? E quali sono gli elementi necessari per dimostrare la disponibilità del denaro? Approfondiamo questi aspetti in modo chiaro e semplice, attraverso esempi pratici e analisi delle sentenze rilevanti.

Cosa dice la giurisprudenza sul sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente?

Nella giurisprudenza della Cassazione sono riscontrabili due distinti orientamenti in merito al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 648-quater, comma 2, c.p.p. 

Il primo sostiene che la delega a operare rilasciata dal titolare di un conto corrente all’indagato, in assenza di limitazioni, sia sufficiente a dimostrare la disponibilità delle somme depositate. 

Il secondo orientamento, invece, ritiene che tale delega, anche senza limitazioni, non sia di per sé sufficiente a dimostrare la piena disponibilità delle somme, richiedendo ulteriori elementi di fatto per fondare il giudizio di ragionevole probabilità in ordine alla libera utilizzabilità delle somme da parte del delegato.

Qual è la posizione della Cassazione riguardo la delega a operare sul conto corrente?

La sentenza n. 19081 della Cassazione, emanata il 5 maggio 2023, sposa il secondo orientamento, sostenendo che la nozione di “disponibilità” debba essere intesa come relazione effettuale del condannato con il bene, connotata dall’esercizio di poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà. In altre parole, la delega a operare su un conto corrente non è di per sé sufficiente a dimostrare la disponibilità delle somme, ma richiede ulteriori elementi di fatto. Sicché non è possibile, solo per l’esistenza della suddetta delega, procedere alla confisca del conto corrente del figlio dell’indagato (o quello del padre o di altro familiare).

Come dimostrare la disponibilità del denaro in caso di delega a operare su un conto corrente?

Per dimostrare la disponibilità del denaro in caso di delega a operare su un conto corrente, è necessario valutare il contenuto specifico della delega, che diventa un metro imprescindibile per stabilire in quale misura l’atto negoziale sia in grado di attribuire la disponibilità delle somme depositate. Se la delega presenta limiti fissati dal delegante, bisogogna valutare se tali limiti costituiscano un ostacolo all’esercizio dei poteri del delegante. Tuttavia, anche in assenza di limiti, è necessario considerare ulteriori elementi di fatto che possano fondare il giudizio sulla disponibilità delle somme su cui il delegato può operare.

Qual è l’esito della sentenza n. 19081 della Cassazione e quali conseguenze ha sul caso analizzato?

La sentenza n. 19081 della Cassazione ha accolto il ricorso presentato nel caso in questione, cassando il provvedimento impugnato e rinviando il caso al Tribunale per un nuovo giudizio. Il giudice di merito non aveva osservato i principi stabiliti dalla Cassazione riguardo alla necessità di ulteriori elementi di fatto per dimostrare la disponibilità delle somme depositate sul conto corrente del figlio dell’indagato.

Poniamo il caso di Tizio, indagato per il reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74/2002, e del figlio Caio, titolare di un conto corrente su cui Tizio ha una delega a operare senza limitazioni. In base alla sentenza n. 19081 della Cassazione, la mera esistenza della delega a operare rilasciata da Caio a Tizio non è sufficiente a dimostrare la disponibilità delle somme depositate sul conto corrente di Caio. È necessario valutare anche altri elementi di fatto, come ad esempio l’effettiva partecipazione di Tizio alle decisioni relative alla gestione del conto corrente, la presenza di movimenti bancari riconducibili a Tizio e altri aspetti che possano indicare un effettivo esercizio dei poteri di fatto da parte di Tizio sulle somme depositate.


note

[1] Cass. pen., sez. I, ud. 30 novembre 2022 (dep. 5 maggio 2023), n. 19081

Cass. pen., sez. I, ud. 30 novembre 2022 (dep. 5 maggio 2023), n. 19081

Presidente Mogini – Relatore Toscani

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza emessa il 10 agosto 2021 il Tribunale di Ascoli Piceno, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva rigettato l’istanza avanzata da G.V. di revoca del provvedimento con il quale il Procuratore della Repubblica presso quel Tribunale aveva disposto la confisca per equivalente sul saldo attivo del rapporto bancario n. […] acceso presso la Ubi Banca allo stesso intestato, ma ritento nella disponibilità del padre, G.D., condannato per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2002, art. 5.

2. Adito da G.V. con l’opposizione di cui agli artt. 676,667, comma 4, c.p.p., lo stesso Tribunale di Ascoli Piceno, con ordinanza emessa il 10 aprile 2022, ha confermato la propria precedente decisione di segno negativo.

A ragione della decisione il Tribunale ha in primo luogo richiamato i due orientamenti della giurisprudenza di legittimità sul tema ritenuto centrale per la decisione, ovverosia quello della delega a operare rilasciata dal titolare di un conto corrente a soggetto indagato, imputato o condannato per reato fiscale.

Il primo orientamento, secondo cui la delega a operare rilasciata dal titolare di un conto corrente all’indagato, ove non caratterizzata da limitazioni, è sufficiente a dimostrare la disponibilità da parte di quest’ultimo delle somme depositate; il secondo che, a fronte di siffatta delega a operare, anche ove non caratterizzata da limitazioni, richiede, per la dimostrazione della piena disponibilità delle somme depositate, ulteriori elementi di fatto sui quali fondare il giudizio di ragionevole probabilità in ordine alla libera utilizzabilità delle somme da parte del delegato.

Quindi, sulla scorta delle risultanze in atti, non contrastate dall’istante, ha ritenuto che, sia accedendo alla tesi della c.d. disponibilità in astratto da parte del delegato delle somme esistenti sul conto corrente, sia accedendo alla tesi della c.d. disponibilità in concreto delle stesse somme, vi fossero plurimi indizi per ritenere che sulla giacenza del conto corrente n. […] fosse esercitata “una signoria piena del condannato G.D., che su di essa può confidare per esigenze sue proprie”. Indici che ha indicato, in linea con quelli enucleati dalla giurisprudenza di legittimità, nel rapporto di parentela tra delegante e delegato, nella mancata confluenza sul conto di competenze stipendiali ovvero di altre somme di pertinenza del titolare del conto stesso, infine la presenza di reiterati addebiti diretti SDD da Telepass Spa, relativi a spese di trasporto che, stante l’acclarata residenza di G.V. all’estero, sin dal 2016, sono state plausibilmente ritenute fruite dal delegato.

3. G.V. ricorre per cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, affidandolo a un unico, articolato, motivo con il quale deduce violazione della Cost., artt. 27 e 125 c.p.p. e vizio di motivazione.

Il provvedimento ablativo subito da G.V. è stato adottato in spregio al fondamentale principio di personalità della responsabilità penale, costituzionalmente garantito, siccome patito a mero titolo di responsabilità oggettiva, su somme di denaro di cui egli è titolare esclusivo, trattandosi di giacenze derivanti da trattamenti stipendiali pregressi, ivi lasciati sull’unico conto corrente di cui egli è titolare in Italia, di cui fruisce quando rientra nel territorio nazionale e con riferimento al quale egli ha conferito, nell’anno 2019, delega al padre G.D. 

Del tutto insoddisfacenti gli elementi ritenuti significativi di una ragionevole probabilità circa la disponibilità delle somme da parte del titolare della delega sul conto corrente, a fronte delle produzioni difensive.

E, infatti, sin dall’incidente di esecuzione la difesa aveva depositato gli estratti conto dal 2012 al 2022 i quali cristallizzavano l’assenza di qualsiasi movimentazione (prelievo ovvero versamento) riconducibile al condannato G., peraltro titolare di delega solo a far data dal 2019 e, dunque, dopo ben sei anni dalla data di commissione del reato. Del pari illogica la deduzione del Tribunale secondo la quale gli addebiti diretti da Telepass Spa sarebbero riconducibili al condannato, posto che la documentazione bancaria rende ragione dell’esistenza di analoghi addebiti anche negli anni 2017 e 2018, in epoca antecedente al rilascio di delega in favore del genitore.

4. Il Sostituto Procuratore generale, Luigi Birritteri, con conclusioni scritte depositate in data 3 novembre 2022, ha prospettato la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.

2. Il ricorrente, che rivendica la qualità di terzo estraneo rispetto al fatto di reato contestato al padre G., ha dedotto il vizio di violazione di legge e quello di mancanza di motivazione correlati all’errata individuazione del presupposto del sequestro per equivalente finalizzato alla confisca, lamentando che il provvedimento aveva fondato la dimostrazione della disponibilità diretta del ricorrente delle somme depositate sul conto corrente di G.V. sul solo dato dell’esistenza di una delega a operare rilasciata all’indagato.

Il Collegio, che non ignora l’esistenza in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ai sensi dell’art. 648-quater, comma 2, di due distinti orientamenti ermeneutici di legittimità – il primo secondo cui la delega a operare rilasciata dal titolare di un conto corrente all’indagato, ove non caratterizzata da limitazioni, è sufficiente a dimostrare la disponibilità da parte di quest’ultimo delle somme depositate (Sez. 3, n. 23046 del 09/07/2020, Cavinato, Rv. 279821; Sez. 3, n. 13130 del 19/11/2019, dep. 2020, Cattaneo, Rv. 279377), e il secondo alla stregua del quale, invece, a delega ad operare rilasciata dal titolare di un conto corrente all’imputato, anche ove non caratterizzata da limitazioni, non è di per sé sufficiente a dimostrare la piena disponibilità da parte di quest’ultimo delle somme depositate, occorrendo ulteriori elementi di fatto sui quali fondare il giudizio di ragionevole probabilità in ordine alla libera utilizzabilità delle somme da parte del delegato (Sez. 2, n. 29692 del 28/05/2019, Tognola, Rv. 277021) – ritiene di dover dare continuità a quest’ultimo, più rigoroso.

In particolare, in tale ultima sentenza si è ribadita la nozione di “disponibilità”, con essa dovendosi intendersi la relazione effettuale del condannato con il bene, connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà: “La disponibilità coincide, pertanto, con la signoria di fatto sulla res indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato, riguardo al quale il richiamo più appropriato sembra essere quello riferito al possesso nelle definizioni che ne dà l’art. 1140 c.c. Non è necessario, quindi, che i beni siano nella titolarità del soggetto indagato o condannato, essendo necessario e sufficiente che egli abbia un potere di fatto sui beni medesimi e quindi la disponibilità degli stessi” (così nella motivazione, Sez. 3, n. 14605 del 24/03/2015, Zaza, Rv. 263118, che richiamava Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012, Costagliola, Rv. 252378; Sez. 1, n. 11732 del 09/03/2005, De Masi, Rv. 231390).

Si è poi chiarito, con motivazione che il Collegio condivide e ribadisce, che, ove la disponibilità dei beni da sottoporre a sequestro sia desunta dalla titolarità di una delega a operare su conti correnti o altri rapporti bancari, lo specifico contenuto della delega diviene metro imprescindibile per valutare in quale misura l’atto negoziale sia in grado di attribuire la disponibilità delle somme depositate sui conti correnti, o utilizzabili mediante i rapporti bancari. È evidente, infatti, che la delega non può da sé ritenersi elemento dimostrativo del potere di esercitare autonomamente le facoltà del proprietario o del possessore delle somme, non foss’altro per l’esistenza di un negozio – riferibile alla struttura del mandato – che implica un dovere di rendere conto, al titolare delle somme, dell’attività svolta dal delegato.

Pertanto, ove la delega sia caratterizzata da limiti fissati dal delegante, dovrà essere valutato se quei limiti costituiscano già ostacolo nell’ipotizzare che mediante quello strumento negoziale il delegato possa di fatto esercitare i poteri delegante. Ma – si è ulteriormente chiarito – anche ove la delega non sia caratterizzata da limiti, avuto riguardo all’autonomia del concetto penalistico di disponibilità di cui si è detto in precedenza, risulta chiaro che al dato documentale dell’esistenza di un negozio di delega rilasciata all’indagato, devono affiancarsi ulteriori elementi di fatto che possano fondare il giudizio circa la disponibilità delle somme su cui il delegato possa operare.

3. Il provvedimento impugnato non si è attenuto a tale principio.

Segnatamente, a fronte dell’indicazione da parte del Tribunale, quali elementi dai quali inferire la riconducibilità del saldo attivo sul conto del ricorrente da parte dell’indagato, del rapporto di parentela, della residenza all’estero del titolare del conto, sull’assenza di addebiti su detto conto di spese riconducibili al suo formale titolare e sulla presenza di addebiti diretti da Telepass spa per spese che sono state “ragionevolmente ricondotte” all’indagato, invece residente sul territorio nazionale, la difesa aveva documentato come detti addebiti Telepass risultassero anche in epoca antecedente al rilascio (nel 2019) della delega in favore di G.D., siccome riconducibili a spese dello stesso titolare del conto corrente nel periodo di residenza in Italia.

E, d’altro canto, la difesa aveva valorizzato il dato, risultante per tabulas, che l’indagato, pur titolare di delega, non avesse mai operato su detto conto.

Il Tribunale ha completamente omesso l’esame delle suindicate deduzioni difensive ed ha confermato il provvedimento senza dare conto di quali elementi obiettivi potessero sorreggere il convincimento che, attraverso la delega, l’indagato avesse, di fatto, esercitato poteri corrispondenti a quelli riservati al titolare del rapporto bancario.

4. Il provvedimento deve pertanto essere annullato, con rinvio al Tribunale di Ascoli Piceno, per nuovo giudizio affinché il Tribunale verifichi, sulla scorta degli elementi a disposizione e dei principi di diritto su enunciati, se le somme depositate sul conto corrente del ricorrente siano da ritenere nella disponibilità dell’indagato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Ascoli Piceno.


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