Testimoni di Geova e privacy: il campanello infrange il GDPR?


Il suonare al campanello per evangelizzazione viola il GDPR e la privacy. La CEDU difende il diritto all’autodeterminazione informativa degli interessati.
Un’epoca in cui si parla tanto della privacy, in cui per navigare su un sito viene richiesto sempre di cliccare sul banner di accettazione dei cookie, dove prima di firmare un contratto bisogna firmare almeno una volta per il trattamento dei dati, come mai nessuno aveva ancora pensato ai Testimoni di Geova? Come mai gli evangelizzatori porta a porta non sono mai stati interessati da un provvedimento del Garante della Privacy benché, nel suonare ai vari citofoni, non solo disturbano la serenità delle famiglie ma anche raccolgono i dati di chi apre la porta e di chi invece non è interessato? Ebbene ci siamo. La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha appena emesso una sentenza con cui ha ritenuto che l’attività dei predicatori porta a porta è contraria al GDPR il regolamento europeo sulla privacy. Da oggi in poi poi quindi i Testimoni di Geova, se vorranno svolgere la loro evangelizzazione al di fuori degli edifici di culto, dovranno avere il consenso informato degli interessati. Infatti il solo suonare il campanello viola e il raccogliere i dati presso i domicili per archivi personali costituisce un illecito trattamento dei dati.
Ma procediamo con ordine e vediamo in che modo questa decisione influisce sulla libertà religiosa dei predicatori? Scopriamo insieme quali sono le implicazioni di questa sentenza e come essa tutela i diritti dei cittadini.
Indice
Qual è la vicenda alla base della sentenza della CEDU?
La CEDU ha deciso il caso “Testimoni di Geova c. Finlandia” (ric. 31172/19) in cui si stabilisce che l’attività di predicazione porta a porta, senza il consenso informato delle persone interessate, comporta la creazione di un archivio di dati personali e viola il GDPR e il diritto alla privacy. La decisione è stata presa il 9 maggio.
La CEDU ha analizzato il GDPR in due piani distinti: da un lato, l’attività di predicazione comporta la creazione di un database privato, utilizzato dalla comunità religiosa senza il consenso delle persone interessate; dall’altro, viene violato il diritto delle persone a non subire predicazioni indesiderate e a mantenere la serenità della propria famiglia.
Qual è il concetto di “diritto all’autodeterminazione informativa”?
Il diritto all’autodeterminazione informativa è un concetto che permette alle persone di esercitare il loro diritto alla vita privata riguardo ai dati raccolti, trattati e diffusi collettivamente. La CEDU ha stabilito che le prediche a domicilio senza il consenso delle persone interessate possono violare questo diritto.
Poniamo il caso di Tizio, che riceve una visita dai Testimoni di Geova senza aver dato il suo consenso. Durante la visita, i predicatori raccolgono informazioni su Tizio, come il suo nome, indirizzo e altre informazioni personali. Questi dati vengono poi utilizzati dalla comunità religiosa senza il consenso di Tizio, violando così il suo diritto all’autodeterminazione informativa.
La sentenza viola la libertà religiosa dei predicatori?
La CEDU ha stabilito che il divieto di fare proselitismo porta a porta senza il consenso informato degli interessati è lecito e non viola la libertà religiosa dei predicatori. La tutela del diritto alla privacy e all’autodeterminazione informativa delle persone è ritenuta necessaria in una società democratica.
Quali sono le conseguenze di questa sentenza?
La sentenza della CEDU stabilisce un precedente importante nella tutela del diritto alla privacy e all’autododeterminazione informativa delle persone. D’ora in avanti, i Testimoni di Geova e altri predicatori che intendono svolgere la loro attività evangelica porta a porta dovranno ottenere il consenso informato delle persone interessate prima di procedere.
In ottemperanza al diritto di replica, riportiamo di seguito il comunicato inviato alla nostra redazione dalla Congregazione dei Testimoni di Geova in data 16.05.2023.
«Teniamo a precisare che la recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha confermato che l’attività di predicazione porta a porta dei Testimoni di Geova è un diritto fondamentale “protetto dall’articolo 9” della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La sentenza ha altresì confermato che la raccolta di dati personali nel corso di un’opera di
evangelizzazione è del tutto lecita purché vi sia il consenso espresso delle persone interessate e che tali
limitazioni a tutela della privacy si applicano a tutte le confessioni religiose. Inoltre, la sentenza della
CEDU è rivolta al nostro ente giuridico che rappresenta la confessione, non ai singoli Testimoni di Geova,
e il caso considerato dalla Corte è relativo all’anno 2000. Possiamo confermare che il nostro ente di culto
ormai da diversi anni non riceve, raccoglie o elabora dati personali relativi all’attività di predicazione
porta a porta dei singoli Testimoni di Geova. L’informativa sulla privacy nel pieno rispetto del GDPR è
disponibile sul nostro sito JW.ORG».