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Linguaggio offensivo sul lavoro: come tutelarsi

21 Maggio 2023 | Autore:
Linguaggio offensivo sul lavoro: come tutelarsi

Si può denunciare un’ingiuria? Quando scatta la diffamazione? Che succede se ad avere un atteggiamento aggressivo è il datore?

Capita spesso di trovare un collega di lavoro con cui non si va particolarmente d’accordo. Caratteri incompatibili, reciproca antipatia o, comunque, modi diversi di vedere le cose possono portare ad avere dei contrasti. C’è chi decide di «evitarsi», chi invece opta per le «frecciatine» e non perde l’occasione per entrare «a gamba tesa», utilizzando nei confronti degli altri un linguaggio offensivo sul lavoro: come tutelarsi? Quando commette reato chi manifesta questo tipo di comportamento?

Il linguaggio offensivo, cioè quello che contiene delle offese anche pesanti, non è più reato dal 2016, da quando, cioè, è stata depenalizzata l’ingiuria. Significa che non è più possibile presentare una denuncia affinché venga avviato un processo penale ma è sempre possibile tutelarsi in sede civile, purché ci siano delle prove delle offese ricevute.

Se, però, chi utilizza un linguaggio offensivo al lavoro parla con diverse persone e lede la reputazione di un collega in quel momento assente, allora scatta il reato di diffamazione e si può presentare denuncia alle forze dell’ordine.

Affinché si possa procedere per diffamazione, è necessario che ci siano tutti questi elementi:

  • una frase offensiva in grado di comportare un danno alla reputazione della vittima;
  • pronunciare quella frase o quelle frasi davanti ad almeno due persone;
  • l’individuazione del destinatario dell’offesa;
  • l’assenza di quest’ultimo nel momento in cui viene pronunciata la frase offensiva che lede la sua reputazione.

In ogni caso, è sempre opportuno, prima di arrivare in tribunale, informare il datore di lavoro dell’atteggiamento offensivo del collega, affinché intervenga per riportare un clima di serenità in cui svolgere le proprie mansioni nel modo più sereno possibile.

Al datore va riferito non solo il linguaggio offensivo espresso in maniera orale ma anche eventuali e-mail denigratorie piuttosto che dei messaggi ingiuriosi inviati sul cellulare personale.

Non bisogna dimenticare che spetta proprio al datore garantire la salute psicofisica dei dipendenti. Ciò significa che, se non interviene, può essere accusato di inadempimento.

Linguaggio offensivo al lavoro: cosa si rischia?

Chi adotta un linguaggio offensivo al lavoro rischia, a seconda della gravità del caso, una delle seguenti sanzioni disciplinari:

  • il rimprovero verbale, di cui non rimane alcuna traccia;
  • l’ammonizione scritta;
  • la multa;
  • la sospensione;
  • il trasferimento;
  • il licenziamento.

Linguaggio offensivo al lavoro: c’è risarcimento?

Chi decide di rivolgersi ad un tribunale civile perché vittima di ingiuria, può chiedere il risarcimento solo se riesce a provare il danno provocato dal linguaggio offensivo al lavoro.

Raramente si gira in ufficio con un registratore acceso e non è nemmeno abituale per chi vuole offendere qualcuno mandare dei messaggi che, rimanendo nero su bianco, potrebbero rivelarsi un boomerang. Per provare l’atteggiamento del collega e l’eventuale danno, quindi, non resta che affidarsi a dei testimoni, cioè alla volontà dei colleghi di raccontare a un giudice quello che hanno visto e sentito. Non sarà semplice trovarli.

Linguaggio offensivo al lavoro da parte del datore

Se chi utilizza un linguaggio offensivo al lavoro non è un semplice collega ma il datore in persona, si possono ipotizzare i reati di maltrattamenti o di mobbing, a seconda che si tratti di singoli episodi o di comportamenti sistematici, cioè ripetuti nel tempo, in grado di umiliare il dipendente.

Anche in questi casi, comunque, è necessario presentarsi in tribunale con delle prove.



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