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Promessa di lavoro non mantenuta: spetta un risarcimento?

20 Maggio 2023 | Autore:
Promessa di lavoro non mantenuta: spetta un risarcimento?

Con una ditta erano in corso avviatissime trattative per la mia assunzione (mi avevano addirittura fatto affiancare per più giorni come se fossi in prova, preso i documenti per i dati necessari al contratto e inserita in un gruppo whatsapp di dipendenti). Fidandomi ho pure rinunciato ad un’altra proposta lavorativa. Posso pretendere un risarcimento?

La legge (cioè l’articolo 1337 del Codice civile) impone alle parti che siano impegnate nelle trattative precontrattuali (quindi anche alle parti tra le quali siano in corso trattative relative ad un contratto di lavoro) di comportarsi secondo buona fede.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 1.051 del 25 gennaio 2012, con riferimento proprio all’obbligo di comportamento secondo buona fede durante lo svolgimento delle trattative precontrattuali, ha stabilito che affinché ci sia la responsabilità per violazione dell’articolo 1337 del Codice civile occorre:

  • che tra le parti fossero in corso trattative per la conclusione del contratto giunte ad una fase talmente avanzata da giustificare oggettivamente l’affidamento nella conclusione stessa;
  • che una delle due parti abbia interrotto le trattative ed in questo modo abbia tradito le aspettative dell’altra parte la quale, avendo ormai legittimamente confidato nella conclusione positiva delle trattative, aveva già sostenuto spese o rinunciato ad altre occasioni di lavoro;
  • che il comportamento della parte che ha rotto le trattative sia stato determinato o da mala fede oppure almeno da colpa e non sia perciò un comportamento sorretto da un giustificato motivo.

Nel suo caso, sulla base degli elementi da lei descritti, possiamo affermare che le trattative per la conclusione di un contratto di lavoro c’erano ed erano arrivate ad una fase molto avanzata, tanto è vero che lei aveva già cominciato a svolgere attività di “affiancamento” su richiesta della controparte.

Appare perciò giustificato il suo affidamento nella imminente stipula del contratto di lavoro.

Non risulta, dalle notizie contenute nel quesito da lei inviato, che la sua controparte abbia indicato, in modo preciso e puntuale, un giusto motivo per l’interruzione delle trattative.

Si potrebbe anche ipotizzare che il suo contratto sia stato addirittura concluso per fatti concludenti; ciò vuol dire che l’affiancamento che le è stato chiesto di effettuare, e che lei ha svolto, potrebbe anche essere valutato da un giudice come fatto che determina la già avvenuta stipula del contratto di lavoro.

Su queste basi lei può valutare, assieme ad un avvocato lavorista, la possibilità di chiamare in causa la controparte con la quale sono intercorse le trattative per chiedere un risarcimento per i danni subiti a causa della violazione dell’articolo 1337 del Codice civile.

In casi simili il danno equivale al cosiddetto interesse negativo e cioè alle occasioni di lavoro nel frattempo perse ed ai danni emergenti (ad esempio le spese sostenute confidando nella conclusione del contratto).

Assolutamente essenziale per poter sperare di ottenere un esito positivo di un’eventuale causa è:

  • non solo valutare attentamente se sussistono gli elementi sopra descritti ed evidenziati dalla sentenza citata dalla Corte di Cassazione;
  • ma anche verificare se lei dispone delle prove sufficienti per poter dimostrare al giudice l’esistenza delle trattative, lo stato avanzato in cui esse erano arrivate, l’interruzione ingiustificata di esse, le occasioni di lavoro perse e quindi, in base alle stesse prove, convincere il giudice che lei aveva maturato delle fondate aspettative sulla conclusione del contratto giustificate dalla fase avanzata delle trattative e dal comportamento della controparte.

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Angelo Forte



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