Esterovestizione di una società: quando il fisco può contestarla


La Corte di Giustizia della Liguria ha stabilito nuove linee guida per la questione dell’esterovestizione, sottolineando il bisogno di prove rigorose da parte del Fisco. Questa decisione può avere un impatto significativo sulla gestione delle società e sugli obblighi fiscali.
Cosa significa “esterovestizione” nel contesto fiscale? quando il Fisco può contestare l’esterovestizione di una società e come deve provarla? Quali sono le implicazioni per l’imprenditore coinvolto? Queste domande sono fondamentali per chiunque sia coinvolto nel mondo degli affari e della finanza. Recentemente, la Corte di Giustizia della Liguria ha affrontato queste questioni in una sentenza che ha attirato l’attenzione degli esperti del settore.
Indice
Che cosa è l’Esterovestizione?
L’esterovestizione è un termine legale che si riferisce alla pratica di trasferire all’estero, solo formalmente, la sede legale della propria azienda per sfuggire alla tassazione italiana e subire invece quella di Paese a regime fiscale più conveniente. In questo modo, l’imprenditore – che di fatto continua a svolgere la propria attività all’interno del nostro Paese – ottiene un vantaggio fiscale non spettategli. Questo comportamento, che per il nostro ordinamento è illegale, viene anche definito «abuso del diritto» (ciò che un tempo si chiamava «elusione fiscale»).
La legge infatti stabilisce che le tasse debbano essere pagare nel Paese ove si svolge prevalentemente l’attività imprenditoriale, indipendentemente da dove sia fissata la sede legale del soggetto giuridico in questione.
Nessuna legge vieta a un imprenditore di trasferirsi all’estero, ma questi dovrà comunque pagare le tasse in Italia se, di fatto, è qui che ha la sede principale dei propri interessi.
L’aspetto più delicato e complicato dell’esterovestizione è la prova: come fare a stabilire se davvero l’attività dell’imprenditore continua a svolgersi in Italia o meno?
La questione diventa complicata quando si tratta di determinare se tale pratica sia legittima o se rientri nell’abuso del diritto.
Cosa dice la sentenza della Corte di Giustizia della Liguria?
La Corte ha stabilito che la prova dell’esterovestizione deve essere fornita comunque dal Fisco e deve essere rigorosa e precisa. Non si può cioè procedere per presunzioni rilasciando sul contribuente la prova contraria.
Ad esempio, nel caso di una società che noleggia aeromobili a terzi, i giudici hanno ritenuto che non fosse stata adeguatamente provata l’esterovestizione. La società, infatti, aveva dimostrato di essere pienamente attiva e operativa all’estero, come evidenziato da vari documenti, tra cui il contratto di affitto, le bollette delle utenze e gli estratti conto bancari.
Quali Sono i diversi orientamenti della giurisprudenza sull’esterovestizione?
La questione dell’esterovestizione è stata affrontata più volte dalla Cassazione, che ha espresso due orientamenti distinti. Secondo il primo orientamento, l’esterovestizione rientra nell’abuso di diritto e spetta all’Agenzia delle Entrate dimostrare l’artificiosità della localizzazione della società all’estero per ottenere il beneficio fiscale [2].
Tuttavia, un secondo orientamento più recente [3] sostiene che la residenza fiscale deve essere determinata sulla base dell’articolo 73 del Tuir, poiché si tratta di un caso di evasione fiscale, non di abuso del diritto. E, secondo tale impostazione, spetta al contribuente fornire la prova contraria alla presunzione del fisco e dimostrare la regolarità del proprio operato.
La scelta tra uno o l’altro orientamento ha dunque importanti conseguenze per la distribuzione dell’onere della prova e per le garanzie offerte al contribuente durante i controlli, l’accertamento e la fase contenziosa.
In questo caso, i giudici della Corte di Giustizia Tributaria della Liguria sembrano seguire il primo orientamento, sostenendo l’applicazione del nuovo articolo 7, comma 5-bis, Dlgs 546/1992: dunque la prova della simulazione del trasferimento di sede spetta all’Agenzia delle Entrate.
Poniamo il caso di una società, chiamiamola “Aerorent”, che noleggia aerei a terzi. Aerorent è stata accusata di esterovestizione dal Fisco. Tuttavia, Aerorent ha dimostrato di essere pienamente attiva all’estero, fornendo prove quali il contratto di affitto, le bollette delle utenze, gli estratti conto bancari e la documentazione relativa alle assemblee sociali svolte all’estero. In questo caso, secondo la sentenza della Corte di Giustizia della Liguria, il Fisco non ha fornito prove sufficienti per dimostrare l’esterovestizione.
note
[1] Cgt Liguria sent. n. 56/1/2023 del 25.01.2023.
[2] Cass. sent. n. 2869/2013 e 33234/2018, 7454/2022; 8297/2022; 5075/2023
[3] Cass. sent. n. 11709 e 1710/2022; 23150 e 23225/2022; 1753/2023.