La crisi del debito globale: un allarme preoccupante per il globo


Un’escalation senza freni: il mondo continua a indebitarsi e i numeri tornano a crescere vorticosamente.
Le preoccupazioni per l’indebitamento mondiale si rinnovano, facendo segnare nuove cifre da capogiro, in un periodo in cui segnali inquietanti rischiano di destabilizzare ulteriormente l’equilibrio economico globale. Il ritorno di politiche monetarie più rigide da parte delle Banche Centrali, con tassi di interesse in aumento, ha reso più arduo l’accesso a finanziamenti. Questo, a sua volta, ha provocato un incremento dei costi di servizio del debito, facendo emergere timori relativi all’eccessivo indebitamento del sistema finanziario. E se a tutto ciò aggiungiamo l’attuale discussione sul tetto del debito USA, si può delineare un panorama in cui i rischi sono concentrati principalmente sui Paesi in via di sviluppo e sul settore delle imprese.
Indice
L’Iif solleva l’allarme
È quanto emerge dal rapporto redatto dall’Institute of International of Finance (Iif) che, nel suo Global Debt Monitor, evidenzia un aumento di 8.300 miliardi di dollari del debito globale – contratto da Stati, imprese, banche e famiglie – nel primo trimestre del 2023. Si superano così nuovamente i 300mila miliardi, avvicinandosi al record di 304.900 miliardi stabilito un anno fa. Nel 2022 l’andamento era sembrato più positivo, ma adesso i Paesi emergenti stanno trainando la crescita dell’indebitamento, superando per la prima volta nella storia il limite dei 100mila miliardi.
L’allerta e le preoccupazioni future
Nonostante la stabilità del debito rispetto al Pil globale al 335%, gli analisti dell’Iif non nascondono la loro preoccupazione. Prevedono, infatti, un’ulteriore crescita dell’indebitamento, guidata da fattori come l’invecchiamento della popolazione, l’aumento dei costi sanitari e le significative lacune nei finanziamenti per il clima, che continuano a pesare sui bilanci pubblici. Inoltre, le crescenti tensioni geopolitiche potrebbero causare un incremento della spesa per la difesa nazionale, con conseguenti ripercussioni sui profili creditizi di sovrani e aziende.
Le aree di rischio
La maggiore ansia è rivolta ai mercati emergenti, dove il debito in valuta locale risulta meno attraente per gli investitori stranieri. Questo potrebbe compromettere la capacità di alcuni Paesi di rispondere efficacemente a shock esogeni, comprese le sfide legate al cambiamento climatico. Dal punto di vista del tipo di debitore, il settore delle imprese non finanziarie sembra essere il più vulnerabile, specialmente negli Stati Uniti, dove recentemente il sistema creditizio ha subito turbolenze.
Il caso Italia: un’eccellenza?
In questo quadro complesso, l’Italia sembra riuscire a mantenere un profilo più virtuoso. L’indebitamento complessivo di Stato, imprese, banche e famiglie, in rapporto al Pil, è ulteriormente diminuito, attestandosi al 283,9% nei primi tre mesi dell’anno. Si tratta di un dato nettamente inferiore, di ben 75 punti percentuali, ai massimi post-pandemici, e che si confronta favorevolmente con i livelli registrati prima della grande crisi finanziaria.
I segni di progresso sono evidenti in tutti i settori, compreso quello del debito pubblico che, nonostante resti il più gravoso e difficile da gestire, si attesta al 134,8%. Un dato che, sebbene alto, mostra un trend positivo.
Una questione aperta
Nonostante questi segnali incoraggianti, la questione dell’indebitamento globale resta aperta e richiede attenzione. La crisi del debito rappresenta una vera e propria spada di Damocle per l’economia mondiale, in un contesto segnato da incertezze e da un crescente senso di instabilità. Con il proseguire del 2023, sarà fondamentale monitorare attentamente l’evoluzione della situazione, per cercare di prevenire ulteriori shock e per mettere in atto le strategie più adatte a gestire questa problematica di portata globale.